Così non si può andare avanti

La bocciatura politica di Bruxelles del governo italiano, prima che della sua manovra economica, modesta e sgangherata, è l’unica ragione che ci trattiene dal criticare il governo. Gli eurarchi attaccano il governo perché non è allineato, “parla troppo” – come dicono con linguaggio mafioso i suoi Moscovici – è nato fuori dai loro parametri, nel segno del populismo e del sovranismo. Però il problema vero non sono gli attacchi esterni ma l’abissale divario tra leghisti e grillini. Non dunque l’attacco esterno ma la debolezza interna.

Non avevamo mai pensato che il governo gialloverde fosse il migliore dei governi possibili. Ma è duro ancora sperare che sia il minore dei mali possibili. Abbiamo a lungo trattenuto, sospeso ogni giudizio, nella speranza che qualcosa accadesse, che davvero Salvini riuscisse non dico ad addomesticarli ma almeno a far prevalere il buon senso in alcune scelte. E non basta più a trattenerci nemmeno lo spauracchio dei potentati europei che riprenderebbero il sopravvento, la rivincita di una sinistra presuntuosa e intollerante, col suo politically correct asfissiante. Non basta nemmeno il timore di rianimare Berlusconi, da tempo fuori gioco, fuori tempo. E non basta la seria minaccia che Mattarella dopo il flop gialloverde non restituisca lo scettro ai cittadini ma – forte di questo fallimento – formi un governo a Ue piacendo e alla sinistra pure. Ma si sa, sono i Monti coi loro sacrifici a portarci nella valle dei grillini e sono i grillini coi loro fallimenti a restituirci alle grinfie dei Monti. È l’alternanza disastrosa tra tecnici e incapaci. Ambedue nocivi.

La presenza dei grillini al governo, con tutta la buona volontà, è un oltraggio quotidiano al buon senso, alla realtà, alle necessità del Paese. Un’utopia delirante, che ci conduce sul piano dell’economia e del lavoro, dell’ambiente e dell’energia, dello sviluppo e degli assetti urbani, per non dire della cultura e dell’istruzione, verso un punto di non ritorno. Con l’aggravante che ricicciano a cavallo della loro ignoranza tutti i peggiori luoghi comuni ideologici della vecchia sinistra, rispetto a cui i grillini sono ignari conformisti: sul politicamente corretto e sugli ultimi residui o rigurgiti di sessantotto, sull’antifascismo e l’accoglienza, sul pacifismo antimilitarista, sulle tradizioni nazionali e religiose, sui diritti civili e sugli assetti familiari. I grillini non sono certo l’anticamera della dittatura, come dice Berlusconi (preoccupato sul piano personale) e se rischiano di esserlo, lo sono perché i loro disastri rischiano di legittimare l’arrivo di una dittatura, o almeno di una sospensione democratica.

Ai danni reali e presenti, i grillini al governo aggiungono poi due danni venturi: rischiano di testimoniare ai cittadini, all’Europa e al mondo che i populisti al governo sono un pessimo esperimento, così bruciando ogni altra esperienza e ogni altra prospettiva di cambiamento, inclusa quella sovranista. E rischiano di rimettere in pista la peggior sinistra e rianimare le mummie circostanti. Rivalutano il male perché riescono a far peggio.

Insomma, con tutta la pazienza di Giobbe, con tutto il realismo politico, tutta l’avversione agli eurarchi e ai radical progressisti, la voglia di sovranità e di svolta, non è più sopportabile un governo coi grillini, col loro linguaggio da setta e da invasati, il loro appellarsi biblico al Contratto, come se fosse la Tavola dei Comandamenti, il loro rifiuto della realtà e la loro realtà del rifiuto. Qualcuno si accontenta dell’aspetto punitivo dei grillini, perché tagliano i vitalizi o i soldi ai giornali, perché aggrediscono i privilegi e gli stipendi alti, indipendentemente se siano meritati o meno, perché insomma fanno del male a chi detestano. Ma questo rancoroso pauperismo, questa livella senza criteri e senza meritocrazia, fa più danni che giustizia. Può far piacere che a questo o a quello, parlamentare o ex, giornale o benestante, sia tolto qualche soldo: ma il criterio usato, la finalità, sono indecenti ed è ridicolo pensare che se togli a uno – grazie alla redistribuzione – riesci a giovare a mille. Era bello pensare a una fresca ventata di novità, pur con tutti gli errori di gioventù e perfino le intemperanze, era bello sperare in un cambiamento, in una rivoluzione, nell’arrivo dei ragazzi con la loro frizzante utopia al posto delle cariatidi e dei potentati. Ci era simpatico Di Maio, simpatico Di Battista, ci è simpatico Grillo, Conte è una personcina garbata, molta gente che grilleggia è in buona fede. Ma qui siamo al peggior dilettantismo, siamo alla pretesa che le poche regioni funzionanti debbano adeguarsi a quelle più sfasciate; che ogni opera o impresa pubblica da realizzare sia un male perché se ne avvantaggerebbe la criminalità. Un paese malconcio come il nostro rischia il colpo di grazia. Vorremmo stringere i denti, tacere e resistere, ma a volte ci scappa, non ci riusciamo.

MV, Il Tempo 23 novembre 2018

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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