Overdose di guerra e di menzogne
C’è una diserzione di massa dopo cento giorni di video-guerra. Mai guerra fu narrata e vista più ossessivamente, nei minimi particolari, e discussa all’infinito nei parlatori vanesi chiamati talk show. E mai reazione popolare fu più massiccia. Appena sentono parlare di guerra le persone cambiano canale, cambiano tavolo, cambiano argomento. Non ne possono più. I tg sono in calo per monomania bellicosa. Anch’io vedo sempre meno tv, e sempre meno tele-guerra, e ne scrivo poco. Le parole dei media sono finite per descrivere quanto è cattivo Putin e quanto è bravo Zelensky. Ma le parole, per noi, sono finite anche per descrivere quanto è idiota e masochista l’Unione Europea, che continua a farsi del male scientificamente, e azzanna chiunque voglia limitare i danni e riportarla alla realtà, come fa Orban, e più di nascosto Scholz e Macron.
Però tre cose vorrei dirle per riassumere il senso del conflitto e fare qualche aggiornamento in margine. La prima è elementare, vistosa, ma a dirla è un’eresia. Parto dalla letteratura. Se parli di Nikolaj Gogol, tutti lo definiscono il drammaturgo russo, e invece è ucraino. Se parli di Nikita Kruscev, tutti lo definiscono l’esuberante presidente russo dell’Unione sovietica, e invece è ucraino. Se metti a fianco le immagini del patriarca russo e del patriarca ucraino, hai difficoltà a trovare le differenze, sono uguali nelle vesti, nei paramenti e nella religione. Se studi poi la storia l’Ucraina si chiamava un tempo rus, e per secoli l’Ucraina è stata parte della Russia. Sono tante le coppie russo-ucraine, gli intrecci matrimoniali tra loro. Cosa voglio dire, che sono la stessa cosa, o che l’Ucraina deve perciò sottomettersi a Mosca, come ai tempi dell’Urss e degli Zar? No. L’Ucraina, sin dal nome è terra di confine, è linea d’argine tra la Russia e l’Europa, tra l’Asia e l’Occidente, e tale dovrebbe restare, neutrale. Ma storia, lingua, cultura, vita ucraina s’intrecciano profondamente con la Russia. L’Europa è oltre, l’Occidente è fuori.
La follia che ha distorto ai nostri occhi l’invasione dell’Ucraina è nel dichiarare l’attacco di Putin un’aggressione all’Europa. E’ stato un modo per considerarci in guerra, per procura, e agire di conseguenza. Una cosa del genere conviene dirla a Biden, agli Usa, alla Nato, per coinvolgerci nel conflitto in funzione antirussa. Ma è una menzogna e ci fa enormi danni. Questa guerra è tra due popoli affini, intrecciati dalla storia e dal destino, dalla politica e dalle vite di molti, è un conflitto dentro la Russia, o tra la Russia e il suo confine. L’Europa non c’entra.
Qui entra in ballo Putin. A parte le definizioni di Pazzo, Criminale, Dittatore fascista (curioso che nel paese del comunismo sovietico si richiami in ballo il fascismo e curioso che il dittatore fascista dichiari guerra ai “nazisti” ucraini), a parte tutte le malattie che gli vengono attribuite, qual è la definizione di Putin che più corrisponde al vero o nella quale si riconosce la sua azione, il suo perimetro, la sua ideologia? Direi la definizione classica adottata da Ivan il Terribile: Zar di tutte le Russie. Non ha pretese egemoniche oltre le Russie. Ma dietro la definizione classica ci sono più chiavi di lettura. La prima è che se oggi diciamo tutte le Russie intendiamo non solo e non tanto tutti i territori russi – compreso l’Ucraina, pur recalcitrante e la Crimea, che solo il dittatore ucraino Krusciov annesse a Kiev. Ma per tutte le Russie va intesa sia la Santa Madre Russia tradizionale degli Zar, che la Russia comunista e sovietica. Putin si sente erede di tutte le Russie nei secoli e non disdegna l’eredità dell’Urss; non fosse altro perché in quel tempo era una superpotenza, con tante repubbliche, poi sottratte alla dominio sovietico con la caduta dell’Impero.
E la definizione di Zar va concepita nel suo significato etimologico: Zar o meglio Czar è la contrazione russa di Caesar. Lo Zar è il Cesare in versione russa. Difatti la definizione più rigorosa della sua democratura o della sua autocrazia, è proprio quella: cesarismo. Nella modernità il primo caso di cesarismo fu il bonapartismo: Napoleone fu una sintesi fra monarchia e rivoluzione francese, tra amor patrio militare e spirito giacobino.
Putin è cesarista. Ed è forse l’unico, esile punto che lo fa assomigliare al dux. Anche se il suo ultimo Zar di riferimento resta Stalin. A volte le definizioni colgono la realtà più dei giudizi e dei pregiudizi correnti.
La terza cosa da notare è l’indecente l’estensione della guerra ad ambiti estranei: la sciagurata guerra a Dostoevskij e alla cultura russa, il sequestro suicida di sontuosi yatch ai magnati russi, per pura ritorsione senza alcun fondamento giuridico, con la costosa manutenzione a nostro carico; l’odio esteso agli artisti e agli atleti russi, anche disabili, a tutti i russi indiscriminatamente. E da ultimo la minaccia di espulsione degli scienziati russi. Ho letto il grido di dolore di un famoso scienziato nostrano, Guido Tonelli, sulla folle idea di cacciare i mille ricercatori e scienziati russi dal Cern. La decisione verrà presa a metà giugno. Sono ricercatori, tecnici, ingegneri, di grandi competenze – spiega Tonelli – Mosca ha contribuito all’impresa con soldi, ricerca e materiali. Sarebbe assurdo cacciarli. “La scienza non deve appartenere ai Paesi, né tanto meno ai governi. È un patrimonio dell’umanità e insieme all’arte deve restare un tabù per la politica”. Agli euroglobal deliranti dedico infine un pensiero di Orwell: è la follia di “pensare che gli esseri umani possano essere classificati come insetti, e che interi blocchi di milioni o decine di milioni di persone possano tranquillamente essere etichettati come buoni o cattivi”. Orwell si riferiva ai nazionalisti ma i globalisti sanno fare di peggio.
La Verità (5 giugno 2022)