Tre eresie sul Quirinale e il governo
Prendetela come un gioco, una pazzia, un sogno o magari un incubo. Da domani riprenderò a scrivere d’altro e con altri argomenti; in ogni caso quel che leggerete di seguito non coinvolge minimamente La Verità, è a puro titolo personale, sapendo di suscitare dissensi. Se volete la mia opinione nuda e cruda sulla giostra che si apre il 24 prossimo tra i due Palazzi, il Quirinale e Palazzo Chigi, ve la dico tutta con realismo folle, in tre mosse, senza giri di parole, sapendo di rischiare l’impopolarità.
La prima è: risparmiateci la candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale. Non giova all’Italia e allo Stato italiano, non giova alla destra o al centro-destra, divide gli italiani su un piano personale, etico-giudiziario, non sul piano politico o ideale. Berlusconi è un grandissimo personaggio, e un grandissimo imprenditore, è stato il più importante personaggio degli ultimi trent’anni; ma non ha lo stile, la caratura, il carattere, non ha più l’età e forse la salute, per fare il Capo dello Stato, fin oltre i novant’anni. E ancor più ci offende il modo in cui sta avanzando la sua candidatura, quel clima da campagna acquisti, con tutti gli annessi, girotondi inclusi. Berlusconi antepone se stesso a tutto, e dopo che per anni siamo stati costretti ad abbandonare le questioni politiche per difenderlo dagli attacchi personali, anche canaglieschi, sarebbe assurdo tornare a quello stesso punto e stavolta non per difendere un governo e una maggioranza di centro-destra ma lui, solo lui. Berlusconi pur di andare al Quirinale è disposto a tutto, anche a farsi sponsor dei grillini e del reddito di cittadinanza, come si è visto, e perfino garante di un governo di centro-sinistra o a maggioranza Ursula, come ha già fatto. Berlusconi al Quirinale sarebbe quasi una certezza che al governo non ci andrà la destra; sarà la sua polizza. La questione Berlusconi rischia anzi di sfasciare il centro-destra: perché se perde o non è sostenuto dai suoi alleati, la prima cosa che farà sarà rompere l’alleanza; e se dovesse vincere, la prima cosa che farà per restare al Quirinale sarà cercare l’accordo con gli altri, governo incluso. Berlusconi non sarebbe il candidato del centro-destra alla presidenza della repubblica, ma la sua gigantografia proiettata sul Quirinale, ovvero il coronamento della sua carriera personale. Unico piacere sadico della sua ascesa al Colle, immaginare la foto di Berlusconi dietro certe toghe rosse. Unica spiritosaggine ammessa: volevate una donna al Quirinale? Con Berlusconi ne avreste più di una. Ma sono boutade, quel tempo è passato.
La seconda. Mandiamo Mario Draghi al Quirinale. Per tre ragioni: 1) perché la dote migliore di Draghi è la sua credibilità internazionale, e al Quirinale potrebbe essere il garante più autorevole e l’ombrello migliore del nostro Paese nel consesso euro-atlantico ed economico-finanziario. 2) perché alla guida del governo, Draghi non ci pare affatto il toccasana del nostro Paese, non è stato significativo il suo ruolo riguardo alla salute, alla scuola, alla giustizia, al carovita, mentre resta – e dovrebbe restare – il garante più sicuro del Piano d’Investimenti, pur con tutte le riserve che suscita un uomo venuto dalla finanza e che ha altre priorità in testa (ma quelle miserabili dei partiti, di tipo elettorale e clientelare, non sono migliori). 3) perché abbiamo un precedente: il banchiere Carlo Azeglio Ciampi (che non volevamo al Quirinale per ragioni affini a quelle di chi oggi non vuole Draghi) è stato alla fine il garante più rispettoso del suo mandato, non malato di protagonismo, sobrio e patriottico, non prevaricò sulla politica e sui partiti, non tramò, a differenza di chi lo precedette e di chi lo seguì. Un presidente come Draghi potrebbe essere il contrappeso interno e internazionale per un governo di centro-destra, l’unico compromesso possibile. Un Draghi presidente sarebbe meno interventista sui temi politici, sanitari, giuridici e ideologici, ma sarebbe il supervisore agli occhi dell’Europa del piano economico di ripresa.
Ma la più difficile, la più indigesta e forse surreale, viene adesso e so che ai vostri occhi sarebbe folle. Nell’attesa che si vada a votare alla scadenza prevista, il 2023 (visto che vogliono durare più a lungo possibile) e che nel frattempo le forze politiche abbiano il tempo di prepararsi per guidare il paese, suggerirei un governo, tenetevi forte, un governo guidato da Matteo Renzi. Sì, avete letto bene. Renzi. Perché sarebbe equidistante da destra e sinistra, scontenterebbe tutti ma non favorirebbe nessuno, magari crescerebbe un po’ il suo micro-partito, attirando altri dell’area centrista e non sarebbe un malvagio premier, come non lo fu al paragone con chi lo precedette e con chi poi seguì. Quest’ultima eresia so che non si avvererà, nessuno avrebbe il fegato e lo stomaco, ma anche la lungimiranza, la spregiudicatezza e il senso politico per sostenerlo, anche se è ancora lui a dettare l’agenda dei cambiamenti (fu lui a portare Mattarella al Quirinale, il Conte bis e poi Draghi a Palazzo Chigi). Ma dobbiamo pur stappare questo sistema, non possiamo andare avanti a colpi di dosi e feticismi.
Direte che ho pazziato, che ho mangiato male e ho bevuto peggio. Ma credetemi, per me è solo lucido realismo e senso dello Stato, dell’Italia e del suo bene, o forse del suo male minore. Poi alle elezioni vinca il maggiore (non il migliore, conta solo chi prende maggior numero di voti). Giuro che da domani parlerò d’altro, però queste cose dovevo pur dirvele, perché non riesco a tenermi dentro una cosa che reputo giusta e benefica.
MV, La Verità (11 gennaio 2022)