La destra deve fare la destra e non recitare due parti in commedia

Questa conversazione con Marcello Veneziani inaugura un ciclo di dieci interviste incentrate sulle prospettive future della destra nel nostro Paese e sulle cause che hanno portato alla debolezza e alla marginalità in cui versa oggi la stessa. Con l’intento dichiarato di analizzare gli errori del passato e, al contempo, fornire spunti ideali e contenutistici a chi, nei prossimi anni, voglia provare nell’impresa di restituire voce alla destra diffusa presente nel Paese.
Con le sue “Serate italiane”, monologhi dedicati all’Italia, è in giro per l’Italia nel tentativo di risvegliare negli italiani senso di appartenenza, patriottismo e appigli identitari. Un’iniziativa artistico-culturale, partita lo scorso mese di settembre, che si snoda attraverso i principali teatri del Paese e che trae spunto dalla sua ultima fatica editoriale, “Lettera agli Italiani”, edito da Marsilio. Giornalista e scrittore, Marcello Veneziani è intellettuale arguto e da sempre rinomato per indipendenza e libertà di pensiero. Schiettezza e autonomia di pensiero ne fanno un pensatore a volte scomodo ma mai asservito. Presidente del Comitato scientifico della Fondazione An, sostiene da tempo che la rifondazione della destra non possa prescindere da un percorso pre-politico che metta la cultura e le idee al centro del progetto.

Si torna a parlare, periodicamente, della creazione di un partito di destra. L’assenza di un polo conservatore, infatti, è un’anomalia che ha caratterizzato tutta la storia repubblicana. Per quale motivo è così difficile dare rappresentanza alla destra diffusa presente nel Paese?
La destra è stato un arto fantasma in Italia perché da un verso è stata identificata col nazionalfascismo ed è stata perciò demonizzata. E dall’altro è stata surrogata dal moderatismo cattolico, i popolari della Dc. Un partito conservatore in Italia non c’è mai stato, salvo un tentativo con la destra storica. 

A metà degli anni novanta la nascita di Alleanza Nazionale sembrava aver colmato il vuoto presente a destra. Che cosa rimane di quell’esperienza politica? Fu un errore scioglierla nel 2009 per confluire nel nascente Pdl?
Rimane ben poco. La fine ingloriosa del suo leader e del partito, l’esperienza negativa al governo e in alcune grandi amministrazioni locali e l’assenza di tracce cospicue lasciate nel corpo del Paese, hanno chiuso quella parabola in modo definitivo, trascinando con sé anche la classe dirigente di quel partito. Nel 2009 An era diventato un clone sbiadito di Forza Italia, perciò la sua confluenza, la sua annessione fu inevitabile. Un tempo disponendo di una forte identità, An avrebbe potuto condizionare la linea politica e culturale del partito unico di centrodestra ma ormai annacquata e avvilita e con un leader che era insofferente verso il suo stesso partito, non c’erano più le condizioni per continuare.

Che giudizio da della parabola politica dei due leader che negli ultimi vent’ anni hanno retto le sorti del centrodestra, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini?
Berlusconi è stato un grande leader unificatore, un grande seduttore politico, ed un animatore brillante, che però ha deluso nella sua esperienza di governo, pur avendo avuto i governi più duraturi della repubblica. Assediato da tutte le parti, ha costruito poco, si è rivelato un formidabile vincitore di battaglie elettorali ma con uno scarso senso dello Stato e del governo. L’emorragia permanente di alleati e affiliati, perfino cortigiani, è la prova che la sua parabola è finita con la caduta del suo governo, nel 2011. Ed è finita male, a puttane… 
Fini ha rivelato di essere stato un ottimo speaker ma un pessimo leader, ha sbagliato tempi e modi del suo endorsement, l’ha fatto troppo tardi e troppo presto e poi ha preteso di rompere non solo con Berlusconi ma anche con la destra da cui proveniva. Era possibile concepire uno dei due strappi non ambedue e nello stesso tempo. Ma la presunzione di valere più del suo partito, per un grossolano errore di valutazione dei sondaggi, lo indusse ad una scelta presuntuosa che poi lo portò nel nulla, trascinando nel baratro anche la destra.

Nel dibattito sul rilancio della destra si confrontano da sempre due scuole di pensiero. Centrodestra o destra, qual è a suo giudizio la formula giusta?
La destra deve fare la destra, quando si allea dà vita al centro-destra, ma non può pretendere di recitare due parti in commedia. Del resto la riduzione del bipolarismo a bipartitismo è fallita in Italia, vistosamente, e oggi non c’è più nemmeno il bipolarismo, con un leader pigliatutto al centro e tre-quattro opposizioni intorno.

Lei ha indicato un percorso pre-politico e culturale che accompagni la fondazione di un partito di destra. Perché a destra la cultura e l’elaborazione di idee sono sempre stati visti con sospetto?
Perché la destra nasce pragmatica e realista e diffida delle utopie e degli intellettuali. Sarebbe in effetti arduo immaginare a destra intellettuali collettivi e organici. Ma rinunciare alla cultura, e alla cultura politica, muoversi sull’onda dei leaderismi di passaggio non porta da nessuna parte come si è visto.

Su quali basi ideali può rinascere la destra in Italia?
Sulla rappresentanza di un’Italia vera, profonda che oggi non è rappresentata e che si impernia sul valore della tradizione, sul primato della politica e del sociale sull’economia e sulla tecnica, sulla sovranità e la decisione, sullo spiritualismo politico e il senso della civiltà.

La devoluzione di poteri verso l’Europa e il processo di globalizzazione hanno messo in crisi i vecchi Stati nazionali e le rispettive prerogative. Tutto ciò riguarda, naturalmente, anche l’Italia. Come affrontare da destra il tema della sovranità perduta?
Rappresentando il percorso antagonista a questo processo, cioè l’importanza decisiva delle sovranità, popolari e nazionali, politiche ed economiche, come necessaria compensazione del processo di globalizzazione. 

La destra, ha ribadito lei, deve necessariamente riscoprire i valori nazionali e tradizionali. In che modo è possibile declinarli ai nostri tempi?
A partire dalla bioetica, dalla vita e dalla difesa della nascita, della famiglia naturale, del legame ereditario, dalla convinzione che l’essere nati in un luogo, da quei genitori, in quel tempo non sia solo un accidente, un fatto casuale ma un destino. Tradizione è senso della continuità e non solo rispetto del passato, è eredità e gravidanza insieme, origine e futuro.

Viviamo, tuttavia, in un mondo in cui la tecnologia corre veloce e le scoperte scientifiche si susseguono. Che rapporto può esservi tra destra e scienza?
La scienza è uno degli ambiti primari in cui si esprime l’umanità e dunque massimo sostegno alla ricerca scientifica. La tecnica è un formidabile mezzo per migliorare le condizioni di vita; ma deve restare un mezzo, non può ergersi a fine, non può decidere i processi e i percorsi.

Alleanza Nazionale è sempre stata accusata di eccessivo statalismo. Lei ha parlato di una destra che recuperi la dimensione sociale. Come deve essere la destra in economia?
Viviamo una fase strana in cui il capitalismo globale si accompagna a forme coattive di dirigismo economico, si pensi ai diktat dell’UE. Dopo il fallimento del socialismo, fu salutare la riscoperta del mercato e dell’iniziativa privata. Ma ora è tempo di riassestare la bilancia, e ridisegnare una nuova economia sociale di mercato, con la politica capace di governare i processi, guidarli ma non gestirli, più autorevole ma meno statalismo.

Sulla riduzione delle tasse, Renzi viene accusato dalla minoranza interna del Pd e da Berlusconi di aver copiato il programma del centrodestra. Il premier, insomma, cerca consensi in modo trasversale prefigurando, sostengono in tanti, la nascita del partito della nazione. In questo scenario, dove è lo spazio per una proposta politica di destra?
La politica di Renzi rende del tutto obsoleto il berlusconismo, di cui ne è da un verso la cura omeopatica e dall’altro la continuazione dinamica, politicamente corretta e anagraficamente ringiovanita. Piuttosto che inseguire forme estemporanee di liberismo straccione, meglio tentare altre strade; una destra liberale è spiazzata da Renzi, una destra sociale assai meno.

Il governo accelera anche sulle unioni civili. È giusto riconoscere diritti alle coppie di fatto eterosessuali e alle unioni tra persone dello stesso sesso?
La destra deve rappresentare la voce critica rispetto a questo processo. Non deve indulgere nell’omofobia ma deve denunciare l’omolatria in atto, niente isterismi rozzi ma condannare il mercatino delle nascite e gli uteri in affitto e ribadire il primato della famiglia e la sua tutela; le altre unioni rientrano nella sfera del privato, la famiglia invece ha uno statuto pubblico perché è la struttura naturale e culturale in cui si perpetua una società. 

Con la riforma del Senato scompare il bicameralismo perfetto. Al contempo, seppur con una forma di elezione mediata, saranno i consigli regionali ad esprimere i nuovi senatori. Cosa ne pensa della riforma del Senato?
Ha un solo lato positivo, evita i doppi giri delle leggi, rende più spedito il parlamento. Poi l’idea di far nascere una camera delle regioni, sostanzialmente non elettiva, e di affossare un’istituzione millenaria nata proprio a Roma come il senato, è una follia. E sono ridicoli i risparmi effettivi che ci saranno.

L’attacco dell’Isis all’Occidente è, ancor prima che militare, ideale. Per quale motivo il messaggio culturale dell’Occidente continua ad essere debole di fronte all’avanzare del fondamentalismo islamico?
Perché l’Occidente si vergogna delle proprie origini e della propria identità, non è capace di difendere la sua civiltà, è in fuga dalle sue matrici religiose, ed ha una paura matta di combattere e di morire. Invoca i droni… Ma se la vita è il valore supremo dell’occidente, non ha possibilità di scamparla…

Intervista presa da http://www.confini.info/Politicanew.htm

Condividi questo articolo

  • Facebook

  • Instagram

  • Twitter

  • Canale Youtube

    Canale Youtube
  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

    Leggi la biografia completa

Le foto presenti su questo sito sono state in larga parte prese da Internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione non avranno che da segnalarlo a segreteria.veneziani@gmail.com e si provvederà alla rimozione.

© 2023 - Marcello Veneziani Privacy Policy