Anche il femminismo è una forma di populismo

Ogni tanto lo danno per morto e poi da qualche parte del mondo risorge. Dico il populismo, che sembrava una ricetta declinante e superata, insieme con la pandemia, che poi significa quasi la stessa cosa (pan e demos sono gli ingredienti pure del populismo, totalità e popolo). Il populismo torna a pulsare anche da noi in forme variabili, come si addice a una creatura polimorfa e mutante. Per cominciare, è riaffiorato vincente in due paesi culturalmente e geograficamente agli antipodi: l’Olanda protestante e l’Argentina peronista, con la novità che stavolta il populismo argentino si opponeva proprio al nuovo peronismo. Ma l’onda populista, che in Spagna e Polonia è frenata dal sistema delle coalizioni ma non dal voto popolare, scorre sottotraccia in tutto l’Occidente. E aspetta di tornare alla grande negli Stati Uniti con Donald Trump alla Casa Bianca.

Solitamente si assegna il populismo al mondo variamente definito di destra. A giudicare dal caso italiano, il populismo nel governo Meloni è rimasto un tono nei comizi della leader sparito dai discorsi della premier. E’ assente tra i ministri e gli esponenti della maggioranza, salvo una traccia persistente in Matteo Salvini, per ragioni di spazio politico.

In realtà se parliamo di populismo sul versante destro della politica ci riferiamo a due forme che talvolta si presentano congiunte ma che nascono distinte, se non avverse. Da una parte c’è il populismo come lo abbiamo conosciuto nella storia e che nella seconda metà del novecento ebbe in Evita e Juan Peron, i loro numi tutelari in una forma di giustizialismo sociale con un forte timbro nazionale, collettivo e identitario, con l’enfasi del pueblo, l’anima del popolo. Ma dall’altra c’è un populismo liberista che trova in Javier Milei in Argentina il suo esponente di punta. E’ un populismo ibrido, fino all’ossimoro, perché mette insieme populismo e individualismo, protezionismo nazionale ed economia di mercato, diffidenza verso le élite nel nome dell’uomo comune e deregulation liberista come ai tempi di Reagan della Thatcher.

Il discrimine tra i due populismi è l’impianto sociale o individualista; sul piano economico il primo ha una matrice anticapitalistica, il secondo al contrario è omogeneo al capitalismo (al più con qualche riserva verso il capitalismo finanziario o il capitale “straniero”). Nel populismo americano, e in quello di Trump, coabitano motivi nazional-conservatori, da destra tradizionale, e motivi individualistici e neocapitalistici; come del resto fu, in una versione più blanda e originale lo stesso berlusconismo in Italia, esempio di monarchia liberal-populista, arcitaliana e filoamericana, in cui il leader si presenta, per usare una mitologia disneyana, come un ricco Paperone che aiuta il povero Paperino.

Ma la gamma dei populismi non si esaurisce ai due tipi di populismo che abbiamo indicato. A sinistra non vogliono vederlo ma i tratti essenziali del populismo si ritrovano non solo nel populismo grillino, e nella sua battaglia sul reddito di cittadinanza e nella logica aberrante dell’uno vale uno; ma anche nell’ecologismo e nell’ideologia di mobilitazione popolare nel nome del pianeta da salvare e del popolo verde di Greta. Il pianeta salvato dai ragazzini è un’utopia populista. Ma c’è un’altra forma di populismo: è nel bergoglismo che definimmo anni fa come “papulismo” perché la priorità, il bene, il diritto si identificano nel migrante, a prescindere da come arrivi e come si comporti. Una rappresentazione in cui il popolo universale dei poveri, delle “vite di scarto”, si oppone ai ricchi, privilegiati e potenti del pianeta.

Il 25 novembre scorso è stato consacrato un populismo nuovo, anche se ha quasi sessant’anni: è quello femminista, che assegna alle donne il ruolo di vittime, giustiziere e portatrici di diritti, affibbiando invece ai maschi il ruolo di potenziali colpevoli, da sorvegliare, punire e rieducare, portatori di doveri e mea culpa. Il nuovo femminismo sostiene che il cambiamento potrà avvenire solo con la militanza di massa e la mobilitazione popolare. L’idea assurda che i crimini di alcuni squilibrati, frutto di una società nichilista ed individualista, fondata sui desideri illimitati e su una famiglia ormai disgregata, debbano ricadere sull’intera collettività e sull’intera storia dei rapporti tra uomo e donna e che si debba risolvere sul piano politico, generale, educativo quel che sorge invece sul piano individuale, patologico e ossessivo, è una forma di populismo. Il Popolo delle donne contro il Potere dei Maschi. Le piazze e i cortei, le mobilitazioni generali, la marea fucsia del femminismo, fiancheggiate dai corpi speciali di omotrans e queer, più i maschi che si vergognano di essere tali e le avanguardie isteriche dell’oltranzismo, sono la nuova forma di populismo radicale, fanatico, manicheo. Il populismo femminista si fonda sulla manipolazione della realtà: da un fatto reale, un episodio di violenza o un femminicidio, e da una statistica, si passa a universalizzare il tema per demolire da un verso la famiglia naturale e tradizionale e dall’altro contrapporre il popolo delle donne all’etnia dei maschi che non rinnegano la loro natura e la storia da cui provengono, in una nuova lotta di classe che è lotta di genere. Del tutto rimosso e silenziato è il contrasto tra il populismo femminista e la massiccia presenza di migranti che mantengono il predominio maschile e la sottomissione della donna.

Anche in queste forme pseudoprogressiste emergono i tratti negativi del populismo: semplificazione, generalizzazione, radicalizzazione, più tanta retorica e demagogia.

Come si vede, il populismo ha una varietà di rappresentazioni che è difficile collocarlo in un versante. Invece il populismo politico, quello che risulta vincente e maggioritario in molti paesi, appartiene prevalentemente ai primi due tipi, al populismo nazionale e a quello liberista, uniti dall’antagonismo verso gli assetti sociali e culturali dominanti, chiamati da un verso establishment e dall’altro mainstream, e che abbiamo sintetizzato nell’espressione cappa.

Anche per fronteggiare questo populismo vincente, insorgono a sinistra e paraggi questi populismi di genere, d’ambiente o di tonaca; che i media, pure governativi, osannano con devozione.

La Verità – 28 novembre 2023

 

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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