Ancora sulla matrioska del potere
Un tempo si credeva che una vittoria elettorale avrebbe cambiato il corso delle cose, anche in modo radicale, soprattutto se a vincere era un leader e una forza di opposizione. Ma nella prima repubblica, chissà perché, quella svolta non accadde mai e mai si fuoruscì dalle formule di governo precedenti, salvo lievi passaggi o scosse d’assestamento; c’erano spostamenti piuttosto modesti di consensi e di alleanze, non tali da generare un cambiamento di assetto o un nuovo baricentro. Era impensato immaginare che i partiti-regime potessero da un giorno all’altro cedere il potere e andare all’opposizione.
Da un po’ di anni, invece, siamo entrati nella democrazia dell’alternanza, a tendenza bipolare, e i cambiamenti di scenario e di maggioranza sono stati possibili ed effettivi: dai trionfi di Berlusconi e del centro-destra all’ascesa rapida, come la discesa, di Renzi, all’exploit dei grillini, diventati primo partito solo cinque anni fa. Più qualche purgatorio tecnocratico e un valzer di alleanze il cui risultato era sempre il partito democratico al potere. Comunque, col voto era ed è possibile ribaltare gli assetti parlamentari e dunque governativi.
Però più passano gli anni e più si restringe l’arco dei cambiamenti possibili attraverso nuove maggioranze e nuovi governi. Perché ogni governo nasce già imbottigliato dentro un ferreo sistema che non consente margini di manovra.
Come figurare questo sistema? Come una matrioska. Avete presente la bambolina russa che dentro di sé ne ha un altra più piccola, e poi ancora un’altra e un’altra, di dimensioni sempre più ridotte? Beh, il potere oggi è una matrioska. Quando hai vinto le elezioni, superando tutti i fuochi di sbarramento, le campagne e le manovre e le demonizzazioni, gli agguati e le sorprese giudiziarie, non devi illuderti di avere le chiavi del potere. Anche se eri outsider, oppositore radicale, alternativo, magari populista e sovranista, alla fine devi entrare nella matrioska, di cui sei – da neonata al governo– la bambola più piccola.
Dunque, la bambola del governo è dentro la bambola degli assetti istituzionali, la presidenza della repubblica, la magistratura, la burocrazia, i poteri contabili e collaterali. Quel potere, a sua volta, è dentro l’unione europea, i suoi vincoli di bilancio, la sua corte suprema e le sue direttive, il reticolo delle sue norme e dei suoi divieti. E ancora, la bambola europea è dentro la bambola atlantica, vale a dire il potere militare della Nato, l’influenza del Pentagono e della Casa Bianca, i vincoli internazionali. E la bambola atlantica è dentro un sistema economico-finanziario transnazionale, una rete globale di mercato e di controllo, di comunicazione e di indirizzo. Senza dire che la matrioska deve tener conto di una serie di bambole extra-istituzionali, agenzie di rating, colossi social e mediatici, cupole sovranazionali, centri di pressione, sistemi di sorveglianza e di monitorizzazione. Insomma il potere è come una matrioska, e la bambola non può andare per conto suo, non ha autonomia e indipendenza, è dentro, compressa, in quella serie di involucri istituzionali e funzionali, di oligarchie e di obblighi, in un sistema che non si può scardinare.
E’ per questo che chiunque vada al governo non potrà essere difforme rispetto ai cerchi concentrici in cui è compreso, vorrei dire imprigionato. Anzi ci va solo se giura fedeltà a quei poteri, economici e militari, europei e atlantici, occidentali e globali, e a quella serie di entità che sovrastano lo stato “sovrano”. Altrimenti non vi accede, o salta dopo pochi mesi: può perfino succedere che nonostante tutti i cedimenti, le accortezze, le rassicurazioni di non voler far saltare il banco e la matrioska, poi accada comunque qualcosa che in breve tempo azzeri l’anomalia, rimetta le cose a posto e rimandi a casa gli importuni outsider.
Al di là delle intenzioni, dei propositi, delle capacità di chi vince, la trafila è quella e una volta entrati nel ruolo di bambola, con tanto di investitura, devi poi accettare l’incorporazione in bambole più grandi di te, accettando il sistema delle matrioske che risponde all’Ordine Globale. Certo, ci possono essere margini di azione al suo interno, tra gli interstizi e le linee di confine; ci possono essere imprevisti, alleanze ed eventi sorprendenti che rimettono in gioco i palinsesti e ci può essere il carattere, la creatività, la capacità di giostrare dei protagonisti, che può dar luogo a qualche modifica degli esiti. Ma parliamo di ipotesi non probabili e probabilmente non decisive, semmai marginali e occasionali.
E’ un atto di sfiducia preventiva, di pessimismo apocalittico a priori? No, è saper guardare in faccia la realtà tenendo i piedi ben saldi sulla terra e non sulle nuvole. Poi fatta questa premessa, stabilita la ferrea legge delle matrioske, e ben compresa la situazione in cui ci troviamo, e i relativi rapporti di forza, possiamo pur sempre confidare che qualcosa possa pur muoversi e mutare, qualche segnale ci possa essere, qualche tentativo di riassestare la baracca si possa verificare, soprattutto se qualcosa avviene anche in altri paesi e nello scenario mondiale.
Auguriamoci infine che la previsione sia sbagliata, che il ragionamento testé fatto sia infondato e che avevamo sottovalutato la forza prorompente della realtà, il fattore sorpresa e la capacità dei singoli rispetto al sistema. Sperar non nuoce, dopo aver realisticamente detto quali sono le premesse e i punti di partenza. Ma è difficile, sempre più difficile, cambiare il mondo attraverso la politica.
(Il Borghese, ottobre)