Bonino lascia, più Europa dilaga

bonino dimissioni

Fino a ieri dicevi Più Europa e pensavi a Emma Bonino. Era lei la fondatrice, la leader, l’anima, il volto e il turbante di quel piccolo partito acceso come una candela votiva all’Europa. In subordine, pensavi al suo supplente in video, che già nel nome accusava la dipendenza dalla Madre Regina, la Queen Mother, perché si chiama Benedetto Della Vedova, radicale con parentesi finiana. Più Europa erano loro due, lui faceva la Base e lei l’Altezza, il prodotto diviso due, cioè spartito tra Bonino & Della Vedova.

Poi domenica senti la Bonino inveire contro il suo partito, esattamente come aveva fatto Zingaretti pochi giorni prima col suo Pd, accusare i suoi di essere una banda di arrivisti avidi di poltrone, e annunciare di abbandonare tutto, senato incluso. Avendo conosciuto solo due protagonisti di quel partito, è come vedere un film giallo con soli due attori: se uno viene ucciso, la colpa non può essere che dell’altro. E invece, a sorpresa, scopri che simultaneamente anche il suo scudiero, il suo Sancho Panza, insomma pure Benedetto Della Vedova va via sdegnato con la benedetta vedova, pardon con la leader del partito. E allora provi a capire di chi stanno parlando, e ancora più surreale diventa il caso quando si parla di signori delle tessere e di congressi. Ma chi sono, dove sono? Sospetti subito quel democristiano d’antico pelo che è il volpone Bruno Tabacci, da ultimo registra sfortunato del remake Conte ter; ma lui ha doppio un alibi di ferro, è al governo come sottosegretario, e ora è del Maie o Centro democratico, non sono aggiornato sugli ultimi travestimenti, comunque ruppe con i due piùeuropeisti contrari al Conte ter.

E allora non ti spieghi contro chi ce l’abbia la Bonino, è una denuncia contro ignoti; ma soprattutto non ti spieghi come possa sopravvivere un partito che si identificava in toto in lei. È come immaginare Berlusconi che esce sdegnato dal partito berlusconiano o Renzi che abbandona Italia viva e maledice il suo bambino. Senti nomi sconosciuti contro la Bonino, e non puoi immaginare che Manzoni stracci i Promessi sposi solo perché infastidito da Carneade.

Superata la sorpresa e pure un po’ il divertimento per la fantasiosa politica che adorna il nostro estroso paese, passiamo a un’analisi più seria. Al di là delle scaramucce interne al suo partito, la realtà è che a Più Europa hanno aderito tutti, a partire dal governo Draghi e dal neoeletto Letta. Ha aderito il movimento 5Stelle, con la leadership neoeuropeista di Conte e la conversione dello statista Gigino Di Maio; ha aderito il Pd che ha scaricato da Amazon un leader venuto direttamente dall’Europa, il professorino Enrico Letta e lo ha piazzato alla guida del partito, tra l’esultanza degli europaggetti; ha aderito la Lega di Salvini e di Giorgetti, Forza Italia di Tajani e dell’ologramma di Berlusconi. Tutti sono più europeisti. Di conseguenza, non ha più senso più Europa, giacché più Europa ce l’abbiamo già. Tutto sa di Europa, dal premier al vaccino, Mattarella è il rappresentante della filiale locale, Draghi fa persino l’italiano autarchico sul piano linguistico perché è troppo euro-anglo-americano per dover dimostrare qualcosa su quel piano. Mi riaffiora il ricordo di Mario Monti che parlava un italiano che sembrava tradotto dall’inglese, si sentiva la cadenza british, e pure la flemma; a volte si fermava come a cercare la traduzione del suo pensiero globish in volgare: come dite voi italiani… pummarola?

La Bonino, piaccia o no (e a noi non piace), è intelligente, assai scafata dal lungo corso politico, e ha capito che ormai il partito si è allargato a quasi tutto il parlamento e il governo; dunque non ha ragione più di esistere un bicamere e servizi per lei e il suo assistente.

Su Più Europa si è abbattuta la maledizione del Partito Radicale. Si sta ripetendo quel che storicamente accadde al partito di Marco Pannella e della Bonino. Come ricorderete, il partito radicale vinse grandi battaglie, fu il pazzariello che precedette le grandi trasformazioni civili e istituzionali, ma fu sempre un piccolo, malfermo partitino, salvo brevi fiammate. Tanti temi divenuti poi “politically correct”, che toccavano i diritti civili, le donne, i gay, le lesbiche, l’aborto, il divorzio, i matrimoni omo, l’eutanasia, la legalizzazione della droga, furono lanciati in primis dai radicali, e in tempi in cui non erano ancora canone ideologico e obbligo di legge.

Per decenni lo stesso Pci fu nemico storico di quello slittamento individualista, permissivo e libertario sognato dai radicali, lo considerava ancora con Stalin e Togliatti, una degenerazione borghese. Poi avvenne la trasformazione del Pci e della sinistra italiana, definita non a caso da Augusto del Noce, Partito Radicale di massa. Non a torto, Fausto Bertinotti, mi obiettò una volta che citavo quella definizione delnociana che la sinistra d’oggi non è più un partito, non ha più radicalità e soprattutto non è più di massa. Ma a quella radicalità si è richiamato persino il moderato Letta che vuol cancellare la sua matrice democristiana e nipotarda (da Zio Gianni) e per dirsi sinistra si fa radicale ma euro.

Insomma, i radicali persero la loro ragione sociale da quando l’intera sinistra si fece radicale; e il potere, che essi contestavano, adottò proprio il loro codice di vita, il loro laicismo libertario, il loro modello di società permissiva. Ma ancor più superflua è oggi la posizione della Bonino perché oltre questa eredità storica e civile dei radicali, il governo in carica adotta anche la versione euro-atlantista e liberista della Bonino. Insomma Più Europa trionfa, anche perché col Recovery fund molti la traducono in Più Euro.

MV, La Verità 16 marzo 2021

 

 

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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