Francesco, un papa estroverso
Papa Francesco riprende la cristianità dal basso; si preoccupa di svegliare la devozione dei popoli a partire dagli umili, a colpo di catechismo e carità. Con lui la Chiesa torna alle elementari.
Come definire Papa Francesco dal punto di vista teologico e pastorale, umano e caratteriale? Un Papa estroverso. Ma non tanto nell’accezione corrente del termine, cioè una persona comunicativa, gioviale, socievole. Quanto in un significato più strettamente legato alla sua missione di Papa.
Bergoglio è un Papa tutto proiettato all’esterno, si rivolge meno ai credenti cattolici e più ai protestanti o agli islamici, di cui soccorre e adotta famiglie in Vaticano, si preoccupa più dell’accoglienza dei migranti che della nuova povertà delle popolazioni nostrane, dialoga più con gli atei che con i teologi, legge più giornali laicisti come La Repubblica che giornali come L’Osservatore Romano o L’Avvenire.
Qualcuno dirà che è missione evangelica preoccuparsi, prendersi cura più dei lontani che dei fratelli vicini. Un papa non deve chiudersi dentro portoni di bronzo di una chiesa in crisi ma uscire allo scoperto, parlare al mondo.
Così dicono i suoi difensori.
Ma siamo sicuri che un Papa ad uso esterno avvicini alla fede, alla cristianità, alla chiesa i più lontani e refrattari? A giudicare dai dati, dalle percezioni e dai fatti, l’effetto è opposto. Il Papa si allontana dai fedeli senza avvicinare alla fede e alla chiesa gli atei gli agnostici o i credenti di altre fedi.
Demotiva gli uni senza motivare alla fede i secondi.
E allora cosa resta del suo pontificato, dei suoi dialoghi con protestanti, islamici, atei e scettici? Rimane la sua popolarità mediatica, a prescindere dal senso religioso.
Resta, al più, la simpatia, ma per lui non per quel che lui rappresenta, e poi nulla. Anzi quel che lui rappresenta come Istituzione è considerato quasi d’ostacolo all’empatia con lui; la sua nobiltà viene riconosciuta nella sua lotta per smantellare il potere della curia e l’inerzia pietrificata della tradizione, i dogmi della dottrina e le ipocrisie del clero.
Non ci sembra che il passaggio da un Papa “introverso” e colto, legato alla dottrina cristiana e alla tradizione, come fu Ratzinger, a uno estroverso e un po’ istrione, aperto al mondo e a coloro che cristiani non sono, abbia mutato, invertito, la tendenza alla scristianizzazione.
Anzi. Da qui la sensazione che un Papa estroverso lasci scappare le sue pecore dall’ovile senza portarne di nuove a casa. Per dirla con Flaiano, è un papa che rischia di finire non in odore di santità, ma in odor di pubblicità. Forse non si addice a un Papa essere acclamato da Time e dai media “personaggio dell’anno”. Chi è missionario dell’eterno non può essere ridotto, in un corso accelerato di secolarizzazione, a star mediatica dell’anno.
MV, Tramonti (Giubilei Regnani, 2017)