I Fratelli Bandiera dell’Italia televisiva

Pippo Baudo, Maurizio Costanzo, Bruno Vespa, i Fratelli Bandiera dell’Italia televisiva. Dopo la Rottamazione, la Rivoluzione, l’Avvento dei ragazzi al potere, sono loro a riannodare la piccola storia dei nostri anni. Quella storia che hanno contribuito a fare con la loro famigliare, assidua, ingombrante presenza nei focolari televisivi di tutte le case. Eccola, l’inossidabile Trinità televisiva della nostra tele-Patria che ci accompagna da mezzo secolo e anche più. Il trio lescano dei nostri schermi che presidia da sempre l’informazione, l’intrattenimento e la ricreazione del popolo televisivo, la terna arbitrale in campo. Nel giro di pochi giorni d’autunno i Tre Tirannosauri della Tv sono usciti con tre libri che sono per noi un tuffo nel passato, un tentativo di riprendere fiato e memoria, e una piccola terapia contro l’alzheimer collettivo per ritrovare il filo d’Arianna e la strada di casa.

Non sono libri destinati a restare, intendiamoci, non sono capolavori ma sono piccoli totem, altarini portatili, dove ci sono dentro la campana di vetro le loro immagini e di riflesso le nostre. Sono tre capitoli di una saga a puntate, l’autobiografia di una nazione, la nostra. Vista dal buco catodico, dalla finestra per eccellenza, che è stata poi la piazza e il ritrovo del nostro paese, man mano che perdeva la storia e la tradizione e si attaccava al presente e alle presenze in video. Ecco a Voi Pippo Baudo s’intitola il memoriale italotelevisivo del Pippone Nazionale, a cura di Paolo Conti. Il tritolo e le rose è invece il testo di Maurizio Costanzo che narra uno spaccato più circoscritto della sua lunga carriera, la sua vita e quella del nostro Paese negli anni novanta. E Rivoluzione s’intitola invece, l’ultimo librone di Vespa che narra l’Italia gialloverde del nostro presente. L’arco della nostra vita, privata e politica, televisiva e sentimentale, è coperto e scandito dalla Triplice videocratica. Furono loro ad accompagnarci dal bianco e nero al colore, dal telefono appeso al muro allo smartphone, dalla macchina da scrivere all’i-pad. Sono i reperti della nostra preistoria nazionale e collettiva.

Sono vecchierelli ormai, il più ragazzo di loro è Vespa che ha “solo” 74 anni e infatti lavora a pieno regime, anche se i regimi cambiano; ma lui si adatta con una capacità mimetica e professionale ammirevole. Baudo è invece più monumentale e sembra suggerire l’idea che lui non si limiti a descrivere l’Italia ma ne sia l’inventore. Costanzo, peccato per il suo biascicare in video, è il primo fondatore del confessionale pubblico, dell’Italia salottiera, divani&divani, poltronesofà, gossip e outing. E dietro di loro i gossip, su Baudo e la Ricciarelli o i suoi tanti retroscena; su Costanzo diventato negli anni il principe consorte di Maria De Filippi, su Vespa di cui si narra la fantasiosa paternità ducesca in quel di Campo Imperatore. Leggende viventi, le ultime rimaste, dopo la scomparsa di Mike Buongiorno, Andreotti e qualche altro Antico Monumento Nazionale.

Il mitico parrucchino di Pippo, la famosa pappagorgia di Maurizio collocata direttamente sul busto senza passare per il collo, la proverbiale farcitura di nei di Bruno, come un parrozzo abruzzese coi canditi di un panettone. Di ciascuno di loro ognuno di noi ha sparlato negli anni – è capitato sicuramente – ha criticato o malsopportato ora lo strapotere, ora l’onnipresenza, ora il modo di fare, ora un programma, un’intervista, un risvolto laterale, privato, o altro.

Ma quando un paese perde storia e memoria, appare in balia di un presente, disancorato da ogni passato ma pure da ogni futuro, quando un paese è vecchio e imbronciato come il nostro, e non conosce più nessuno tra pavenu, esordienti, garzoncelli e meteore, allora si attacca a quei volti noti che sono il nostro passato, la nostra terapia contro l’amnesia, e magari il segno che pure a ottant’anni o giù di lì si può dire, fare, essere qualcosa e qualcuno.

Manca tra i Vecchi Zii una Vecchia Zia, almeno una, come potrebbe essere Raffaella Carrà, per una sacrosanta quota rosa televisiva che posi una stele in memoria del ramo soubrette, in modo da avere almeno la forma di un Quartetto Ceneri del nostro Passato Tv. Ma quando cominci a perdere conoscenza del tuo paese, lo vedi in preda al rancore, ai migranti, allo spread e all’ignoranza, ti attacchi ai nonni. Il paese ha perso d’un colpo i padri, la generazione di mezzo tra i cinquanta e i sessanta, per intenderci. Si salta una generazione e al cospetto dei trentenni e quarantenni di oggi, non restano che i Nonni a ricordarci chi fummo, da dove veniamo almeno negli ultimi decenni.

MV, 19 novembre 2018

 

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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