La caccia al cinghiale urbano

Che brutto Natale per i cinghiali. Hanno saputo che il governo Meloni ha approvato l’abbattimento dei cinghiali in città e hanno capito che per loro “la pacchia è finita”. Così i cinghiali stanno abbandonando Roma con gli occhi mesti, le teste abbassate e la coda tra le zampe. E’ una scena toccante l’esodo dei cinghiali dalla Capitale e dalle città d’Italia. Incolonnati tristemente sulle vie consolari tornano alla macchia, si spargono sui monti e nelle selve, fino alla Maremma. Lasciano le loro alcove romane, senza portarsi neanche gli effetti personali, ed è straziante vederli passare dai loro ritrovi abituali. Qualcuno intona sottovoce Arrivederci Roma di Rascel, ma in cuor loro hanno il presentimento che non la rivedranno più e si sentono rosolare dentro. Confidavano che fosse loro applicato lo ius soli.

Solitamente restio a parlare e a relazionarsi con gli umani, un cinghiale esodato da Roma ci ha rilasciato durante il tragitto, on the road, una testimonianza in esclusiva, a condizione di mantenere l’anonimato e di rileggere il testo prima della pubblicazione. Più che un’intervista è stato uno sfogo autobiografico: “Vivevamo bene a Roma – ha esordito in tono accorato – ci eravamo ormai ambientati, uscivamo la sera a cena come tutti i romani, sempre in famiglia, portavamo i cuccioli a spasso o a cassonetti, che sono come i McDonald per voi. Uscivamo più tardi degli altri perché amiamo il riserbo e siamo abituati a cenare tardi come gli spagnoli e i meridionali. I romani, dopo un’iniziale diffidenza, cominciavano apprezzare la nostra compostezza, qualcuno ci salutava e scambiava con noi qualche battuta non di caccia. Eravamo silenziosi, rispettosi del traffico urbano, camminavamo in fila indiana, mai una cicca per terra e non disturbavamo gli abitanti, se non quando loro erano invadenti con noi. Sa come sono questi romani…

Ormai nessuno ci considerava più clandestini o irregolari. Avevamo siglato un capocollo d’intesa con la sindaca Virginia Raggi che prevedeva la sottoscrizione di una polizza sulla vita, detta Cinghialloyd, per noi e i nostri cari (i nostri avi romani usavano la formula latina sibi et suinis) che avrebbe coperto anche eventuali danni a terzi. Era allo studio anche una legge antistupro per vietare l’accoppiamento forzato con le fettuccine. Avevamo pattuito la concessione del permesso di circolazione in zona Ztl, richiamando il precedente storico di aver aperto un varco nel centro alle nostre gentili consorti, dedicando loro via della Scrofa, non a caso sede di Fratelli d’Italia.

Ora è partita la campagna reazionaria e cinghialofoba della Meloni contro di noi, per la nostra espulsione. I soliti fascisti. Ma la cosa più vergognosa è il silenzio degli animalisti e la complicità della sinistra: dov’è finita la tutela degli animali, la parità dei diritti, l’accoglienza? La Raggi era la nostra Carola Rackete, non dice niente il sindaco Guanciali del Pd?  (Mi dicono che si chiama Gualtieri, ma noi lo consideravamo uno di noi). Ce l’hanno con noi, loro cugini di campagna. Che dice Papa Francesco? i nostri emissari che fungono da cinghiali di trasmissione gli hanno ricordato il precedente del suo omonimo che parlava agli animali.

Ora siamo divisi tra legalitari che auspicano il ricorso alle vie giudiziarie, appellandoci alla Corte di Castrazione; e partigiani che premono per la lotta di liberazione. Comunque non venderemo facilmente la cotica, saremo armati e ungulati.

“Ma io non capisco – ha poi proseguito grufolando in modo visibilmente alterato – dite che siamo troppi e andiamo abbattuti. Ci negate pure il diritto a sfamarci fuori città, se andiamo alla macchia ci accusate di mangiare l’uva e distruggere i vitigni, tra poco ci farete la prova palloncino per vedere il tasso di moscato ingerito e ritirarci la patente di circolazione. Ma insomma. Questa che si annuncia è strage di Stato col favore della stampa e il silenzio dei magistrati. Un’infame operazione Scrofe Pulite, nessuna pietà per i nostri piccoli. Ma poi questa storia che siamo troppi… Perché lo stesso criterio non vale anche per gli altri? Pure i politici sono troppi e mangiano più di noi, perché non li abbattete? E i bidelli nelle scuole, in soprannumero ed esonerati pure dalle pulizie, e le guardie forestali, una ogni albero in Sicilia e Calabria, e il personale Alitalia in eccesso, perché non abbattete loro? In realtà non lo fate perché da loro non ricavereste nemmeno una goccia di ragù…

“Ma voi siete aggressivi – gli ho obiettato – rovinate i campi e le vigne, attaccate i cassonetti, non controllate le nascite…” “Dateci la mensa e il libero accesso ai cassonetti e non lo faremo più. Dateci i profilattici e faremo meno figli. Noi chiediamo la parità dei diritti con cani e porci e voi ci parificate alle pappardelle… E ci fate pure le sagre. Una vergogna, una barbarie. Il ministro delle pari opportunità dov’è finito? E la Lega animali? I figli so’ piezz ‘e carne” ha urlato l’esule ungulato. Qui il cinghiale ha tradito un po’ di commozione, mi è già parso di vederlo in umido…

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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