Ma quale svolta vi aspettavate dalla Meloni?

Non so cosa s’aspettava Ernesto Galli della Loggia dai primi otto mesi di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Ma nel suo editoriale di ieri sul Corriere della sera, c’è un titolo che riflette l’opinione e l’aspettativa di gran parte degli elettori di centro-destra: “La destra e la svolta che non c’è”. E’ l’impressione di tanti, in segno di amarezza o di attesa. Ma poi quando vai a vedere cosa avrebbe dovuto fare la Meloni, non comprendi dall’editoriale cosa le si rimprovera in concreto per imprimere una svolta storica e dimostrare di voler guidare una nazione e non solo un partito. Mantenendo indeterminata l’aspettativa delusa, si raccoglie un vago consenso sul titolo e sul tema; ma senza precisarlo, poi si perde nel nulla. Se dobbiamo riferirci alle svolte promesse quando Fratelli d’Italia era all’opposizione, quelle svolte probabilmente non piacerebbero al Corriere della sera, perché avrebbero determinato un “cambio di passo” rispetto al governo Draghi e all’Establishment, rispetto a cui la Meloni era all’opposizione, e una svolta a destra in molti campi, anche a livello di alleanze internazionali.
I temi caldi che la Meloni si è trovata ad affrontare sono innanzitutto la guerra in Ucraina, dove ha preso una posizione netta, in perfetta continuità col governo precedente; una posizione gradita al quotidiano di via Solferino e nettamente atlantica, oltre che allineata con l’Unione Europea. Poi, la linea economica di Draghi, su cui si notano alcune frenate e qualche incertezza, ma non mi pare di intravedere svolte.
Sui temi civili, famiglia e diritti, c’è stata qualche enunciazione di principio, si sa perlomeno che non verrà favorita la “deriva” progressista, anche se si annuncia ben poco. Qualche scampato pericolo, ma non svolte importanti. In tema di identità nazionale, che è poi il discorso che allo storico Galli della Loggia sta più a cuore, i passi finora sono stati per così dire oratori, a volte comiziali; la patria non è solo l’uso della parola patria o l’esibizione delle frecce tricolori. Mi è parsa bella, pur confinata nell’ambito simbolico, la missione della Amerigo Vespucci nel mondo, portatrice d’italianità. Ma un ripensamento culturale e civile dell’identità, a partire dalla scuola e dai luoghi cruciali della cultura e del servizio pubblico, le grandi istituzioni culturali, in chiave nazionale e conservatrice, non c’è o non c’è ancora; a parte i benemeriti, piccoli passi del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano nei territori di sua competenza.
Un passo significativo invece la Meloni lo ha fatto sul piano europeo, lavorando alla possibilità di un’alleanza popolari-conservatori (e altri) rispetto a quella odierna popolari-socialisti (e molti altri). Ma a parte la questione Le Pen, è molto realistico ma poco esaltante pensare che il segno di questa svolta sia…ancora Ursula van Der Leyen alla guida dell’UE, col voto conservatore anziché socialista.
All’osservazione di Galli della Loggia, che pure in linea generica può essere condivisa, muovo tre obiezioni. La prima è che la Meloni, come ho scritto da prima che vincesse le elezioni e che andasse al governo, può fare ben poco, e se facesse dei passi da svolta, probabilmente non starebbe lì, anzi non ci sarebbe nemmeno arrivata. Poi ciascuno trarrà la conseguenza che vuole: qualcuno si protesterà deluso e griderà al tradimento, qualche altro si dirà realista e concluderà meglio poco che niente, nessun’alternativa migliore si vedeva e si vede all’orizzonte. Avranno entrambi dal loro punto di vista ragione, gli scontenti che si accontentano e gli scontenti incontentabili.
La seconda osservazione è più radicale. Lo storico ha in mente svolte storiche rispetto a un andazzo ormai diffuso e radicato, e una dominazione ancora perdurante, benché vuota di contenuti e di qualità. Ma quando mai ha visto in Italia svolte storiche, se ne ricorda qualcuna negli ultimi decenni? Neanche Berlusconi, nonostante gli annunci suoi e gli strepiti altrui, cambiò l’Italia o impresse una vera svolta. Renzi un po’ ci provò, ma non ci riuscì. Non parliamo dei vari premier di sinistra, dei tecnici, e dei grillini. E pretendiamo che la piccola fiammiferaia Giorgia, outsider rispetto ai poteri, debuttante già abbastanza sicura di sé, esordiente di carattere, possa davvero cambiare la storia del nostro Paese e il suo trend, peraltro omogeneo ai suoi macro-riferimenti euro-americani? Troppo. Per trovare una mezza svolta storica dovremmo risalire a Bettino Craxi; dico mezza perché da un verso ci fu continuità politica, morale e culturale col passato e dall’altro continuò a crescere il debito pubblico (e il costo corrotto della politica). Ma Craxi fu l’ultimo statista che impresse l’avvio di una svolta, poi fermatasi per le note ragioni e per la scarsa forza elettorale del suo partito.
Dove vede oggi Galli della Loggia leadership all’altezza, con una visione, un’idea del futuro? Io non le vedo in giro, men che meno all’opposizione; e non le vedo nemmeno negli altri paesi europei. Il nanismo della politica, scrivevo giorni fa, è vistoso e deprimente. Sono convinto che Ernesto sia d’accordo con me su questo.
Infine, la più bonaria, più facile, più evidente attenuante: la Meloni governa da meno di nove mesi, troppo poco, per giunta investita – ma succede spesso – da eventi, calamità, questioni urgenti e pressioni internazionali terribili. Datele tempo, almeno, prima di tracciare bilanci; o meglio, trasformate queste diagnosi in prognosi, con esortazioni e incoraggiamenti per il futuro. Poi, se devo essere sincero, come purtroppo mi scappa di essere fino alla spietatezza, prevedo che col tempo le cose non cambieranno; ci saranno altre urgenze, altre pressioni, altri ricatti (benché lei sia, come disse a Berlusconi, non ricattabile). E alcuni difetti strutturali, i limiti evidenti di molti esponenti del governo e la modestia delle classi dirigenti, non solo a destra, renderanno davvero ardua l’impresa.
Intanto, attacchiamoci al futuro, sperando di essere smentiti. E che abbia invece ragione Keynes: “L’inevitabile non accade mai, l’inatteso sempre”. Volesse il cielo.

La Verità – 7 luglio 2023

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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