Spiragli di luce in terra ma Dio resta in ombra

Con la dichiarazione Dignitas infinita, Papa Bergoglio ha acceso finalmente un po’ di speranza e di fiducia nei cattolici di sempre e nella gente di comune buon senso, che si riconosce nella realtà della vita, nei suoi legami più forti e non nelle ideologie e nelle pratiche diffuse che vogliono negarla. Il documento del dicastero della dottrina della fede non cambierà certo le sorti del mondo, in balia di poteri e culture ben più potenti e prepotenti rispetto alla chiesa e al messaggio cristiano; ma segna un’apertura significativa e una solenne promessa d’impegno. C’è chi l’ha interpretata come un contentino ai conservatori ma non dobbiamo dimenticare le altre parti del documento che riprendono alcune tematiche sociali, pauperiste e green, care a Bergoglio e che hanno fatto parlare di lui come di un papa “comunista”, tutto accoglienza, migranti, dialogo con l’Islam, ecologia e socialismo. 

Con Dignitas infinita il Papa e la sua Chiesa hanno cercato di abbracciare la difesa della vita, della nascita, della maternità, della famiglia e della natura insieme con la difesa dell’ambiente, dei poveri, degli oppressi, dei migranti, delle donne e di coloro che soffrono. E sullo sfondo la difesa della pace e dei popoli dalla guerra e dalla volontà di supremazia. Ci sono cose che non piacciono ai conservatori e altre che non piacciono ai progressisti, ma il documento si può considerare nel complesso coerente allo spirito evangelico e cristiano, o quantomeno è un punto di equilibrio, anche se in certi passaggi appare a taluni troppo conservatore e reazionario o ad altri troppo socialista e rivoluzionario. Per altri ancora sarà un esempio gesuitico di cerchiobottismo, un’astuzia di pesi e di contrappesi per tenere insieme versanti diversi. Va riconosciuto il suo coraggio di opporsi allo spirito del tempo e ai suoi poteri dominanti, siano essi di natura economica, militare e politica, che ideologica, intellettuale o di genere. 

Dobbiamo dunque rivedere il nostro giudizio su Papa Francesco? Non deve spaventare il suo socialismo, il suo anticapitalismo e alla fine nemmeno il suo terzomondismo, anche se non sono nelle vostre corde. Pur con qualche disagio e dissenso si può comprendere la sua posizione anche in seno alla fede. Ma la vera mancanza, il vero deficit nel papato di Bergoglio è un altro.

Il Papa è restio ad affrontare il tema cruciale a cui è chiamato nel suo ruolo di pastore, vicario e apostolo: la scomparsa di Dio, l’eclissi della fede, l’avanzata dell’ateismo e del nichilismo, l’assenza di senso religioso che domina la nostra epoca. Il Papa risolve il cristianesimo nella difesa della vita e nell’incontro con l’umanità ma non affronta questo tema più arduo, più difficile ma necessario e indispensabile per il Massimo Rappresentante della Chiesa. 

Esprimere la vocazione solidale e socialista nel mondo capitalista o la difesa della vita, della nascita e della famiglia nel mondo egoista e nichilista, non bastano se gli uomini voltano la spalle a Dio, alla fede e al senso religioso, anche solo come domanda. Ma è quella, prima ancora che la battaglia per la vita, per la pace o per la giustizia sociale, la priorità che si addice al Papa.

Di riflesso e di conseguenza manca nel suo Papato la difesa della civiltà cristiana, dell’identità religiosa, del sacro, dei simboli e della sua tradizione. Come se la sua unica preoccupazione, la sua sola missione fosse di rispondere al suo tempo; e nel nome dell’oggi sacrificare, vanificare o cancellare ogni eredità del sacro e della tradizione. Un segnale di questo cedimento apparve anche nel pontificato peraltro grandioso e luminoso di Giovanni Paolo II: quando per un centinaio di volte Woytila chiese scusa al mondo degli errori e degli orrori compiuti nel passato dalla Chiesa e dai suoi pontefici. Apparve allora come un atto di umiltà, ma alla fine diventava un atto di presunzione: ritenere che il suo pontificato potesse ergersi ad arbitro supremo di una storia millenaria e che solo la Chiesa del nostro tempo, col suo papato, avesse capito, riconosciuto e reso onore alla verità. Invece ogni cosa va rapportata al suo tempo, non possiamo chiedere scusa per conto d’altri, di altre epoche, in altre situazioni, e di altri pontefici. Perché la verità è figlia di Dio e non è figlia del tempo. Non è un mistero che nel passato ci sono state pagine infami nel nome della Chiesa e della fede, ci sono stati papi pessimi e sono stati commessi abusi, violenze e corruzione, ai nostri occhi inconcepibili. Ma se è per questo, sono inconcepibili nel nostro tempo anche le pagine di santità, di martirio, di fede e di dedizione totale che rifulsero del passato. Se un papa deve abbracciare il mondo e ogni versante della fede, ogni sensibilità, deve anche abbracciare la storia da cui proviene, e caricarsela tutta sulle spalle, come una croce; perché quella storia non fu solo gloriosa ma non fu nemmeno solo infame. E’ storia di uomini, seppure ispirati da Dio; dunque imperfetti, coi loro limiti ed errori. Per ogni ingiustizia nel nome di Cristo i secoli hanno offerto storie luminose di abnegazione, di sacrificio, di dedizione; per ogni rogo di streghe e di eretici ci furono esempi fulgidi di martirio e di carità. Noi oggi siamo incapaci degli uni e degli altri, di quei crimini come di quella santità. E questo risale al motivo di fondo che prima dicevamo: la fede è fredda, quasi spenta e non dà luogo da noi né a fanatismi né a dedizioni gloriose. Mancano i santi, non ci sono gli esempi da imitare, dobbiamo accontentarci solo dei virtuosi sermoni. Per ricorrere a un’immagine, è come se della Basilica di San Pietro fosse rimasto solo il colonnato che sembra avvolgere l’umanità in un abbraccio largo e accogliente; ma fosse sparita la basilica con la cupola, dov’è il carisma e la liturgia, il sacro e il santo, la tradizione e la preghiera, la testa e il cuore della fede. Manca il senso religioso. E non può essere sostituito né dalla solidarietà umanitaria né dalla difesa della vita.

E’ un grande passo avanti la difesa senza ambiguità, chiara, decisa e precisa, della vita rispetto alla morte e all’aborto, della maternità e della famiglia rispetto alle maternità surrogate e alla “pericolosissima teoria del gender”. Ma che ne è di Dio nei cieli e del senso religioso in terra?  

La Verità – 12 aprile 2024

 

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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