Un piano gigantesco affidato ai nani
Evviva, arrivano i soldi, anzi i “sordi” visto che arrivano a Roma. L’Europa ci riempie di soldi col Recovery Fund, che all’85% sono soldi nostri che rientrano, ma nel dare e nell’avere ci guadagniamo – dicono- sui 20-26 miliardi. Che l’Italia sia il maggior beneficiario di quei fondi non è motivo d’orgoglio o di primato, come dice il Conte Vanesio; non è perché siamo stati più bravi e più capaci: ma perché siamo i più inguaiati d’Europa, e quelli che il virus ha colpito di più; il che dimostra tra l’altro quanto valesse il vantato Modello Italiano, “imitato ovunque”, a sua volta cattiva imitazione made in China.
Comunque, siamo contenti dell’annuncio. Dobbiamo dire che l’Europa si è mossa, alla fine. Quando arrivano? Già, non si sa, non sono stati approvati in via definitiva. Se ben ricordo i paesi come l’Olanda hanno potere di veto; si tratterà comunque di negoziare con almeno quattro paesi che già si dichiarano contrari. E questo è uno scoglio, ma per la Germania e per la stessa Commissione europea è un vantaggio: perché loro hanno messo la faccia ai 750 miliardi annunciati; poi se saranno bloccati, deviati, condizionati lungo la strada, non sarà colpa loro. Così prendono due piccioni con una fava: mostrano al mondo, ai paesi, ai sovranisti, che aiutano chi è in difficoltà e pensano europeo; e ci sarà poi qualcuno che frena, assumendosi la parte del cattivo, finora toccata direttamente a loro, all’asse carolingio a guida tedesca.
Ma lasciamo da parte queste considerazioni e torniamo al tema. È un bell’annuncio, siamo contenti. Da italiani, da europei. Ora si tratterà di superare tre test: 1) se saranno davvero approvati ed erogati; 2) se non prevederanno strada facendo condizioni pesanti se non insostenibili; 3) se saranno ben spesi dal governo italiano in un piano adeguato e grandioso.
La prima condizione la vedremo nei prossimi giorni, forse nei prossimi mesi. Dicevo i primi ostacoli, situati geograficamente nel nord Europa. La seconda condizione s’intravede; c’è già un onere enorme di partenza, perché aumenteranno le quote da versare all’Europa per coprire il fondo, e per noi si tratterà – se ho ben capito – di finanziare almeno 140-150 miliardi, spalmati in più anni, dei 170 per ora annunciati. Che condizioni porranno i partner riluttanti, come l’Olanda, e gli stessi eurocrati, che fette di sovranità e che spazi dovremo cedere? Ne parlo con realismo, bisogna vedere se il gioco vale la candela, senza bocciare a priori.
Ma il problema cruciale sarà poi il governo che dovrà gestire questa somma importante, in larga parte derivata dalle nostre risorse. Non sto nemmeno dicendo che per azionare la macchina, versare la quota all’Europa e riattivare il meccanismo ci saranno patrimoniali o altre manovre. Facciamo finta che il problema non ci sia o sia ragionevole. Il grande problema è un altro. Se sono vere tutte le premesse, se si realizzano tutte le tappe indicate, l’Italia dovrà reinventare lo Stato Sociale, l’economia sociale di mercato, intervento pubblico misto a privato. Un’opera gigantesca. Avete presente la gentarella che ci governa, mettereste mai nelle mani di un bambino o di uno che non ha mai guidato una panda, un jet supersonico?
Per fondare uno stato sociale ci vuole il lavoro di un popolo, di una classe dirigente, di ministri e primi ministri che sanno rispondere davvero alla storia, ai popoli, e non si limitano a sceneggiare numeri di teatrino in tv, con la regia di uno del Grande Fratello. Affidereste mai la rifondazione dello Stato, di uno Stato sociale, nazionale e sovrano, a questa comitiva di scappati di casa guidata da un trasformista nullivendolo? Devo dire che all’inizio ero arrivato a sperare nei ministri venuti dal Pd: la pensano agli antipodi, saranno antipatici, ma almeno i Gualtieri, i Franceschini, i Boccia & C un po’ hanno studiato o masticato di politica. Li cito non a caso, perché reputavo Franceschini tutto sommato un politico di buona esperienza e un decente ministro dei beni culturali; Gualtieri lo conobbi da giovane, era uno studioso serio, ho riscoperto tra le mie carte – per caso – una ricerca fatta insieme 24 anni fa, su Comunicazione e Democrazia per l’Istituto Gramsci. Boccia viene dal mio paese natale, aveva fatto buoni studi economici, tra i suoi pregi c’è Nunzia De Girolamo… E invece, li avete visti all’opera, succubi del grillosinistrismo, ingrilliti, inefficaci, marginali o allineati, emissari e subalterni all’Eurocrazia… Aiutati dall’inconsistenza ridente del loro leader Zingaretti, si sono adeguati al trend ministeriale e al capo-comitiva di governo.
Torniamo sul tema. Affidereste mai la rifondazione di uno Stato al collasso, di una Società con una crisi economica e vitale senza precedenti, di un Modello sociale di ricostruzione a gente così? L’ultimo che lo fece, dopo una catastrofe, si chiamava Alcide De Gasperi, il Ricovery Fund allora si chiamava Piano Marshall. Avete presente? Rifare uno stato sociale non è ripristinare uno statalismo furbetto, assistenziale, parassitario, con redditi a pioggia per chi non lavora. È lecito dunque aspettarsi che a questo punto si levi della Tomba del Quirinale il Presidente della Repubblica e davvero si formi un Governo di Ricostruzione all’altezza della situazione, che sappia traghettarci fuori dal pandemonio e dalla pandemia. Non uso targhette, non invoco schieramenti; dico un Governo Vero, Capace e Sovrano. Che abbia la linea della sovranità, la visione strategica per la rinascita e l’autorevolezza del meglio che offre oggi l’Italia. Ai vertici, nelle regioni, nei comuni, nella società, nell’impresa, nell’intelligenza. Ci vorrebbe un nuovo miracolo italiano, ma non ci sono santi né credenti…
MV, La Verità