Urbi et Orban

È bello vedere tanti tricolori in piazza, il bianco rosso e verde sventolare nelle piazze contro nessuno, semplicemente a favore della propria patria. È bello vedere un paese che vota e che sa subito, a urne appena chiuse, il governo che avrà perché lo ha liberamente e democraticamente scelto. È bello vedere un popolo che si stringe intorno al suo governo, lo conferma a pieni voti, nutre fiducia. Peccato, non sto parlando dell’Italia. Il tricolore è quello ungherese, ha gli stessi colori ma con diversa disposizione, anche psicologica; il paese che ha subito scelto il suo governo perché è soddisfatto del suo operato, è sempre quello, di Budapest.

E mi fa ridere e arrabbiare al tempo stesso la porca, spenta, vigliacca Europa che parla di onda nera, di dittatura nazionalista, evoca gli spettri del nazismo e del fascismo per la vittoria di Orban, quando in Ungheria l’unico spettro ancor vivo perché più recente è quello dei carri armati sovietici, applauditi da molti a suo tempo, che ora s’indignano per “la svolta autoritaria” in Ungheria (vero, Napolitano?).

Se svolta autoritaria vuol dire avere un governo che garantisce crescita e sicurezza, che abbassa la disoccupazione e l’immigrazione clandestina e innalza il livello di benessere e di amor patrio, io sono per la svolta ungherese. E se dittatoriale vuol dire essere eletti per quattro volte consecutive in libere e molto partecipate elezioni, con i partiti d’opposizione regolarmente presenti e votati ma molto meno del premier, allora io sono per la dittatura ungherese. In questa gara non sono da meno gli organi d’informazione cattolici che anziché apprezzare il presidente ungherese che vuol difendere la civiltà cristiana preferiscono dialogare con gli atei, gli anticristiani o i musulmani e inveiscono contro il “nazionalismo” ungherese.

Poi fatemi capire: Orban eletto a pieni voti per la quarta volta consecutiva è dittatore, la Merkel eletta con sempre meno voti per la quarta volta è garante della democrazia? Ma andate a farvi benedire… E ancora, ma che dittatura è che una qualunque tv europea può intervistare in piazza gli oppositori che dicono tranquillamente peste e corna del loro presidente? Dicono che Orban abbia concentrato l’informazione in mani amiche, e controlli molte fonti. Ma dai, signorine Alice nel paese delle meraviglie, non vi risulta niente del genere nell’Italia democratica e repubblicana, neanche ai tempi non remoti di Renzi? Avete mai visto le nomine, i tg in coro e le pagine copia conforme dei nostri giornaloni? E le campagne contro i grillini e i leghisti, ve le ricordate? Solo che la gente poi ha votato di testa sua.

A proposito. Come prevedemmo mesi or sono, abbiamo votato al buio e ci ritroviamo dopo il voto al buio più buio di prima, in una notte che dura già da trentasei giorni e che come minimo ne durerà altrettanti, stando alle previsioni degli stessi zombie istituzionali. E assistiamo come in una gag paradossale e ripetuta all’infinito, in cui non vorrei scomodare Kafka ma più semplicemente Frassica, a una pantomima che ruota intorno a un Buco. Arriva uno con la faccia della cresima e dice che tocca a loro, e chi è contrario è attaccato alle poltrone. Arriva un altro con la faccia boscaiola, e dice che tocca a noi, e chi è contrario è perché è attaccato alle poltrone. Arriva il terzo, che sembra un frankeinstein, e dice che ora tocca a voi, ma non vi accordate perché siete attaccati alle poltrone. E mi fermo lì, perché poi ne arrivano altri e dicono altre amenità del genere. Infine arriva lui, il Posapiano Istituzionale, e dice fate piano, non abbiamo fretta, nessuno ci insegue, il Paese è in buone mani. Certo, del pilota automatico. Tanto il ridicolo fu già superato, il drammatico pure. Ora non so dire in che rappresentazione siamo. Ridere, piangere, strapparsi i capelli, spegnere il video.

E allora ti chiedi: ma cos’è che grava sull’Italia e in parte sull’Europa, la maledizione di Tutankamen, l’anatema di qualche divinità dispettosa, o più tragicamente è il Giogo, la Fatalità, l’Ananke greca, che costringe a ripetere la propria parte all’infinito, senza soluzione, con una coazione a ripetere che sembra scolpita nel Destino? È un dio che rende dementi quelli che vuole perdere? Fino a quando durerà questo gioco surreale? E la soluzione finale che sarà faticosamente trovata, quanto durerà, rispetterà il voto, sarà meglio di quella che avrebbero potuto assumere subito, a urne appena chiuse?

È inutile farsi domande, darsi risposte, cercare il Colpevole. Sono in tanti; di sicuro, quelli che hanno voluto e votato questa legge elettorale e chi non l’ha respinta avendone la possibilità di non firmarla. Poi, chi ha governato e ha accresciuto la voragine della sfiducia nel nostro paese. Infine, gli europeisti del tacco, che reputano belle le democrazie senza popolo con governi fragili, compromessi, appesi a un filo, sotto tutela, figli di Trojka o a lei promessi sposi e servi.

E allora ti dici, disperato: ma come si traduce Orban in italiano?

MV, Il Tempo 11 aprile 2018

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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