Il bipolarismo fesso

Dai corrotti non ci salveranno i cretini. Come molti di voi, anch’io vedo con favore la crescita nel paese della rivolta contro gli abusi e i privilegi di Palazzo, e non mi spaventa l’antipolitica né il populismo. A volte serve, l’ho scritto più volte. Ma sull’onda di Beppe Grillo e della Casta, il libro di Stella e Rizzo, sta montando una controfigura dell’antipolitica che è l’antiintelligenza, una forma di cretinismo mediatico-giudiziario che addita falsi bersagli e stupidi obbiettivi da rimuovere con una ventata di giustizialismo idiota. Vi faccio qualche esempio concreto.

Per esempio, è una demenza proporre di stabilire un tetto di due legislature ai parlamentari. Mille sono gli abusi e i privilegi dei parlamentari da cancellare, ma chiedere che la politica diventi un po’ come il servizio militare in Svizzera, con una turnazione nel servizio, è una sciocchezza. Ridurrebbe la politica alla corrida, dilettanti allo sbaraglio. Dacché esiste la politica esistono le classi dirigenti e non vengono sorteggiate come alla pesca di beneficenza. Ci saremmo persi tutti i leader politici, statisti e grandi premier, se avessimo adottato una norma imbecille come questa.

Abbiamo visto poi che laddove è stata stabilita con qualche buona ragione una certa turnazione, per esempio nei sindaci, sono avvenute cose grottesche e aggiramenti surreali. Vengono eletti sindaci fantoccio, scaldaposti e uomini di paglia, o piccole bombe a orologeria che esplodono dopo due anni, per consentire la rielezione del sindaco feudatario. C’è un paese della Calabria, Praia a mare, che aveva adottato il metodo polacco: per superare la questione del ricambio, c’era un sindaco che ha governato per un venticinquennio alternandosi con il fratello…Con l’elezione automatica di oggi, finirebbe che i parlamentari farebbero eleggere supplenti, magari i loro portaborse, per poi rientrare al turno seguente.

Altro esempio. L’idea che devono andar via dal Parlamento tutti coloro che hanno avuto a che fare con la giustizia. Sapete quanto detesti i disonesti e quante volte questo giornale l’abbia scritto e denunciato, ma non stabilire una netta demarcazione tra gradi giudizio, livelli di responsabilità, tipi di reato è una pericolosa demenza. E poi va precisato una volta per tutte che un conto è cacciare un politico condannato in sede definitiva per corruzione o tradimento, e un conto è chiedere la cacciata di tutti gli inquisiti, ovvero di coloro che sono ancora sotto inchiesta e ancora non si sa se sono colpevoli o innocenti.

Terzo caso. L’indignazione stupida per un pranzo a nove euro alla buvette del Parlamento o per la tazzina. Via, fossero questi i privilegi, lasciate stare, lo fanno molte aziende pubbliche e private. Anche in Rai, per dire, i dipendenti mangiano con cifre uguali a quelle dei parlamentari. Non indignatevi per il risparmio di qualche centesimo su una tazzina di caffè, non è là che si arricchiscono. Non sono quelli i privilegi.

Altro caso, le indennità. Sappiate distinguere, imbecilli. Se il sindaco di una città importante prende cinquemila euro al mese non c’è da arrabbiarsi. Ha grandi responsabilità, ci rimette la faccia e le sue attività, prende meno di un salumiere (non quello che dichiara). Per un sindaco quelle indennità sono ben spese, anzi sono basse rispetto ai parlamentari e soprattutto agli europarlamentari. Anzi, quel che indigna è la legge del compenso che è inversamente proporzionale a quel che fanno. Se sono inutili come gli europarlamentari prendono un sacco di soldi, via via scendendo nel compenso se svolgono lavori importanti. È una specie di risarcimento psicologico per il loro grado di inutilità. E poi distinguete tra abusi penalmente rilevanti, malcostume e insignificanti facilitazioni.

Credete che mi sia convertito alla difesa dei politici e dei loro odiosi abusi? Il contrario. Non voglio allargare a dismisura le loro colpe perché so come va a finire. Quando imputano tutti i peccati del mondo a qualcuno si passa da indagati a vittime ed è l’anticamera dell’assoluzione. Accadde pure ad Andreotti sulla questione mafia.

Vorrei portare a rigore la critica alla partitocrazia, ed essere più efficaci e più mirati nell’antipolitica. Arrivo a dire che accetterei di pagarli bene, di concedere loro alcuni privilegi, se fossero la metà e lavorassero il doppio.  Sono pronto a pagare per un buon servizio, non per un disservizio. Sono dalla parte dei corrotti o del buon senso? Liberiamoci del bipolarismo fesso, quello tra ladri e cretini.

MV, Il Giornale 2007

 

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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