Come siamo arrivati a questo punto

Diciamo la verità, noi italiani siamo diventati irriconoscibili. Se dovessimo incontrarci per strada noi di oggi con quelli che eravamo appena dieci anni fa, non ci riconosceremmo e forse nemmeno ci saluteremmo. Ma come siamo arrivati a questo punto? Per capire il presente facciamo un salto indietro nel passato. Dunque dieci anni fa, di questi tempi, era diventato premier per la quarta volta Silvio Berlusconi. Era con lui al governo il granduca di Padania Umberto Bossi. Fini era diventato Presidente della Camera e delfino, successore in pectore. A Roma era stato eletto sindaco Gianni Alemanno. In quel tempo esisteva ancora Alleanza Nazionale. Lo sconfitto di quel tempo si chiamava Walter Veltroni. Non era ancora nato il Movimento 5 stelle, Di Maio era una maschera da stadio e Renzi non esisteva, un po’ come adesso; era una specie di boy scout, non era ancora sindaco di Firenze. Un altro mondo, la preistoria.

Ma cosa è successo per arrivare a questo punto? Mille sono i fattori, e non ne faremo tutta la storia. Ma vorremmo soffermarci su un particolare. L’Italia si era stancata della sinistra, allora come ora, era rimasta delusa dal suo ennesimo governo e si era votata ancora una volta al centro-destra e al suo Re, Berlusconi. Cosa è successo, a quel punto? Dovrei raccontare due storie, anzi tre.

La prima storia è che si scatenarono gli elementi contro quel governo. Crisi economiche mondiali, dall’America a noi; guerre economiche europee, primavere arabe che si abbattevano su di noi, guerre giudiziarie contro Berlusconi, complotti politici interni e internazionali, campagne di stampa. Insomma un triennio malvagio che poi finì col noto golpe bianco che estromise il governo Berlusconi. La sinistra non sa governare e non sa essere popolare, ma sa distruggere, ha un terribile potere d’interdizione e d’intimidazione.

La seconda storia è che il centro-destra era una formidabile macchina da guerra elettorale ma poi al governo fece poco e niente, e si era già visto col governo-record di legislatura dal 2001 al 2006. Non cambiava nulla, lasciava gli assetti e i potentati precedenti, non realizzava le cose che aveva annunciato e per le quali era stato votato: rivoluzione fiscale e liberale, risveglio nazionale e riforma sociale, ordine, valori e sicurezza. Un flop a livello nazionale, come a livello locale. Roma in testa, per non dire poi della Regione Lazio. Un mezzo disastro. Da qui è passata la destra, e non ha lasciato nulla. Non causò le catastrofi denunciate dalla sinistra ma nemmeno le promesse annunciate. Il centro-destra è stato solo il sipario del Silvio Show. One-man-show. Era un’alleanza politica, diventò un Fatto Personale.

La terza storia è la più delicata, perché tocca il privato. I capi del centro-destra persero la testa. Uno aspirò a diventare Priapo Re di Troia, e si circondò di una comitiva di zoccole, papponi e faccendieri, più qualche vecchio cortigiano. Ebbe storie rovinose, più rovinosamente concluse. Ma quello diventò il Tema Permanente del Paese, il nostro distintivo nel mondo. Italiani bunga bunga… Concorse in modo determinante a questa riduzione dell’Italia a un allupato lupanare l’opera insostituibile dei magistrati e dei media. Altrove scoppiava la crisi economica, qui il tema era se Noemi c’era stata, quanto aveva preso la d’Addario e se lui sapeva che Ruby era minorenne. Non si parlava d’altro, ogni altra emergenza passava in second’ordine. Il paese si paralizzò, perse la facoltà di intendere e volere, diventò un enorme ballatoio per gossip sull’erezione diretta del premier.

Ma se il re perdeva la testa, anche il duca di Padania non scherzava col suo cerchio magico, i suoi portentosi figli, le megere e le casse della Lega usate come bancomat di famiglia. Di Fini sappiamo come è andata a finire, all’epoca c’era ancora Daniela, anche se lui spasimava per Stefania. Col finale horror, demenziale e affaristico che ben conosciamo. Storie private di cui non parleremmo se non avessero avuto quella rovinosa ricaduta sulla politica.

Insomma quelle tre storie intrecciate produssero la fine indecorosa di quel mondo. Dopo il governo, Berlusconi dette il peggio di sé al punto da far rimpiangere il tempo di Zoccolandia. Sbagliò tutto, trescò con tutti, sostenne e attaccò tutti i governi, assunse tutte le posizioni e il loro contrario in un kamasutra politico che somiglia a un harakiri, riuscì a sfasciare tutto quel che aveva creato, cacciò, epurò, scelse i peggiori. Fini non ruppe solo con la moglie, col premier e gli alleati, ma ruppe pure con la destra e il suo elettorato, e fu ricambiato con un odio che rischia di sopravvivere a lui. Bossi passò da capo della Lega a capo d’accusa contro la Lega, di cui Salvini ancora sconta le conseguenze. Alemanno finì nel nulla, non lasciò tracce di sé al Campidoglio, o almeno così spera. Il centro-destra finì male, senza rimpianti. I suoi leader si bevvero il cervello, o almeno quel che avevano al suo posto.

Ora forse cominciamo un po’ a capire perché un paese che non voleva finire a sinistra e che si è trovò questa specie di centro-destra, poi si sia buttato dopo il vano intermezzo di speranza renziano, sul populismo, il sovranismo e il bufalismo, nel senso dell’incazzatura generale. Ingrillito, incinghialito, inferocito, ma che altro poteva fare? Insomma se siamo arrivati a questo punto, e se noi stessi siamo irriconoscibili e ci dobbiamo mostrare i documenti per capire chi siamo, forse la colpa non è tutta solo del Popolo Sovrano e Sottano. La storia non fa salti ma procede per gradi e soprattutto per degradi.

MV, 20 ag

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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