I cinque danni della caccia a Berlusconi

Allora era vero. Era proprio vero che ci fosse un complotto, un linciaggio giudiziario-mediatico e una campagna pianificata contro Berlusconi per cacciarlo dal governo a cui era arrivato col voto popolare. Dunque non era complottismo, non era vittimismo, non erano fake news, non era campagna di fango e veleni contro i magistrati e i purissimi missionari della legalità.

Con Berlusconi ieri, come con Salvini oggi, le intercettazioni dicono che realmente in Italia c’è stata e c’è ancora una filiera rossa e una cupola nerotogata di magistrati fanatici che ha messo in piedi una macchina persecutoria, giudiziaria e mediatica, per colpire “la destra” e chiunque non fosse conforme al disegno egemonico del potere rosso-nero togato. Probabilmente la stessa cosa era accaduta anche al tempo di Tangentopoli e prima ancora al tempo delle trame nere. Motivazioni extra-giudiziarie hanno mosso non pochi magistrati. Ideologiche, politiche, egemoniche, viscerali.

Non dicemmo allora e non diciamo oggi che Berlusconi fosse immacolato e che non ci fossero ombre nella sua vita d’imprenditore; diciamo ora e dicemmo allora che l’accanimento giudiziario contro di lui fu un mezzo golpe e i suoi punti oscuri non erano più vasti né più scuri di quelli della grande imprenditoria italiana, a partire dai massimi capataz. Non sbagliammo a definirlo un golpe, semmai a definirlo mezzo. Quel che non vogliono capire gli ottusi e velenosi questurini del giornalismo, è che a Berlusconi i giudici facevano pagare non i reati commessi, effettivi, gonfiati o presunti che fossero, ma la sua collocazione politica e il fatto di guidare con vasto consenso popolare una coalizione di centro-destra al governo, facendo saltare il loro piano egemonico.

Ma entriamo più nel dettaglio storico. Ci furono cinque effetti nefasti di questa persecuzione, oltre quelli che hanno colpito direttamente Berlusconi. Il primo effetto fu di generare un clima d’odio, di violente contrapposizioni, di caccia all’uomo da cui non ci siamo più liberati. Quello stesso clima che gli stessi beneficiari ora rovesciano attribuendolo alla “destra”, sovranista e a Salvini. In odio a Berlusconi si spaccava il paese, si creavano conflitti etnici tra berlusconiani e anti, si rompevano rapporti e dialoghi. Una guerra civile strisciante che rese impossibile una patria condivisa e di cui scontiamo ancora le conseguenze e i remake antiSalvini.

Il secondo effetto fu quello, lampante, che falsò la democrazia, la rese “corretta” e drogata dalle sentenze e dal clima giudiziario. Non c’era verdetto elettorale che non fosse deviato o neutralizzato attraverso la campagna giudiziaria e poi mediatica che ne conseguiva. Abbiamo vissuto sotto una democrazia sorvegliata, sotto schiaffo, sotto ricatto, dei giudici a colpi e dei loro affini. Non c’era voto che non fosse poi ribaltato o delegittimato a colpi di indagini.

Il terzo effetto fu spostare le attenzioni del paese, e del mondo sul nostro paese, sul tema Berlusconi, Corruzione & Puttanopoli. Anziché curarsi della realtà e dei suoi veri problemi, delle crisi internazionali ed economiche, il nostro paese è stato per anni pilotato a occuparsi e dividersi sulla vita privata di Berlusconi, o al più su quella passata di imprenditore. Il discorso pubblico era monopolizzato dalle domande su Berlusconi: faceva sesso con le minori, i bunga bunga erano orge o solo festini, nel lettone di Putin si consumavano copule seriali o solo millanterie. Un paese ipnotizzato da questi fatui problemi privati, gonfiati da media, tribunali e sinistre; e questo rimbalzava all’estero al punto da identificarci e squalificarci come il paese del bunga-bunga.

Il quarto effetto fu l’ondata di fango con cui si seppellì chiunque sostenesse che ci trovavamo davanti a un golpe giudiziario. Anche chi berlusconiano non era stato mai ma s’indignava per la caccia all’uomo e l’uso mafioso e fazioso della magistratura e della stampa, veniva accusato di servilismo, di complicità prezzolata, di campagne diffamatorie. E se scrivevi sui giornali berlusconiani perché non trovavi spazio con le tue idee nei giornaloni della casta e dei poteri forti, eri accusato di essere al suo soldo e perciò lo difendevi. Era esattamente il contrario: con quelle idee trovavi posto solo da quelle parti. Se eri pure di destra, e non di quella destra che dice: “però è meglio la sinistra”, poi non ne parliamo…

Il quinto e ultimo effetto ha riguardato invece direttamente i magistrati, o meglio il rapporto tra la giustizia e gli italiani. Al tempo di Borsellino e di Falcone erano ai vertici del prestigio e della stima popolare, oggi sono caduti in basso a colpi di sentenze, processi manipolati, campagne persecutorie, indulgenze verso i loro protetti. Ma l’auto-delegittimazione della magistratura, l’auto-squalifica, è un costo pesante per un paese che non ha più fiducia nella magistratura, nelle sentenze. Più di mezza Italia considera la magistratura, o per dir meglio il nucleo rosso-militante che l’ha egemonizzata, come una vera e propria associazione mafiosa. Il paese ha perso fiducia nella giustizia, ha trovato alibi all’illegalità. Alla fine l’attacco della magistratura ha colpito al cuore non un governo ma lo Stato. Colpa imperdonabile.

Resta da capire il rapporto di questa cupola togata con la politica, con le istituzioni, con il Quirinale. Da capire le collusioni, le connivenze, le omertà, le coperture reciproche.

Mi auguro infine che queste cose non escano ora alla luce per indurre Berlusconi a dare una mano al governo in carica o al partito del Mes o sul Quirinale, in cambio della sua riabilitazione politica e della sua agevolazione imprenditoriale. Mi auguro che non siano o non diventino oggetto di baratto, di scambio: tu molli i sovranisti, e fai saltare la loro maggioranza, in cambio sarai riabilitato e avrai una serie di vantaggi e riconoscimenti.

Insomma, non vorrei che la sconfessione pubblica di un’infamia passata serva a mettere in piedi un’infamia futura.

MV, LA Verità 2 luglio 2020

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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