Non distraeteci coi vitalizi

Posso confessarvi una cosa che magari non vi piacerà? Provo fastidio e dissenso per questa incessante campagna contro i vitalizi dei parlamentari. E lo dico da immune, da extraparlamentare, mai tentato di essere uno di loro e di far parte della cosiddetta casta. Ma questa furia sanguinaria contro le indennità e le pensioni dei parlamentari la trovo demagogica, stucchevole, nefasta. Una diversione rispetto ai guai veri e alle aspettative del Paese.

Capirei se si dimezzasse il numero dei parlamentari perché sono troppi rispetto a tutti gli altri paesi del mondo. Il parlamento ne guadagnerebbe in agilità e qualità. Capirei se si pretendesse una maggiore qualificazione dei medesimi, un bollino qualità, un controllo sui titoli e i meriti anche se mi rendo conto che il principio originario della rappresentanza parlamentare è quella di eleggere un cittadino qualunque, “uno di voi”, un elettore che diventa eletto. Ma una democrazia, per funzionare, deve avere una classe dirigente adeguata, se non delle aristocrazie; e dunque lasciatemi dire che i notabili, pieni di difetti, erano meglio di quattro sprovveduti zoticoni come quelli che si vedono ora nelle aule parlamentari. Capirei invece se si gridasse allo scandalo sulle retribuzioni dei commessi della Camera, e del personale annesso, solo in virtù della vicinanza fisica col potere. Perché dare a ciascuno di loro diecimila euro al mese se fanno un mestiere o un’attività che in altri rami della pubblica amministrazione non ti fa arrivare manco a duemila euro? Ecco lo scandalo, l’ingiustizia, l’indignazione sacrosanta.

Ma i parlamentari dovrebbero essere la classe dirigente del Paese, e a me non scandalizza se prendono quanto i magistrati, quanto e più dei loro commessi. Vorrei, ripeto, che fossero selezionati meglio, vorrei che lavorassero di più, vorrei che fossero dimezzati nel numero insieme al codazzo del personale annesso. Ma non mi scandalizza che percepiscano una retribuzione che è meno rispetto ai manager, soprattutto privati, ma che è molto più dell’italiano medio. E non mi scandalizzano nemmeno alcune loro prerogative; magari è giusto tagliare alcuni assurdi privilegi, ma ci sono cose che fanno status symbol, che danno decoro e dignità alla carica e io vorrei una classe dirigente che non si dovesse nascondere per la vergogna di essere “onorevole” ma lo ostentasse davvero come titolo d’onore e di responsabilità.

Sulle pensioni è ineccepibile il criterio di massima di agganciarlo ai contributi effettivamente versati. Ma se posso suscitare ancora il vostro dissenso, non trovo nulla di strano che personalità di primo piano della nostra repubblica, ex premier, ex-ministri, ex leader abbiano pensioni di 5-6mila euro. Lasciate stare questa pulsione egualitaria, questa furia livellatrice, questa riduzione di tutti a un solo parametro. Perché il passo successivo, e coerente, è il sorteggio dei parlamentari auspicato da Grillo, come si fa con i giudici popolari. Partendo dalla loro in-competenza e in-capacità, e dal relativo compenso adeguato alla media degli italiani, tanto vale estrarli a sorte. Sperando che con lo stesso colpo di… cuculo, ci vada bene poi col governo.

So bene l’argomentazione micidiale a vostro favore: ma quelli prescelti sono forse meglio di quelli che verrebbero estratti alla lotteria? Certo che no, tanto vale, anzi visto che ci troviamo, abolire le Camere, o prevedere una turnazione tra parlamentari e commessi o operai impiegati nei due rami del Parlamento. Ed è incostituzionale dare valore retroattivo alle norme, colpire i diritti acquisiti ed è canagliesco inferire contro vecchi pensionati per dare qualche totem da abbattere alla folla inferocita.

Avrei capito se togliendo soldi ai parlamentari si potessero davvero migliorare le pensioni minime. Ma se ci ragionate un po’, mille pensioni dimezzate non danno alcun beneficio a dieci milioni di pensioni basse. E quelle cifrette di risparmio che ostentano con fierezza Fico e Di Maio, denotano due cose: o non capiscono la differenza tra milioni e miliardi, e non hanno un’idea pur vaga dell’economia di scala. O sono furbetti e capiscono che la gente non capisce, s’impressiona lo stesso e comunque è assettata di sangue parlamentare, vuole solo esercitare la sua vendetta, il suo risentimento, la sua invidia sociale.

In ogni caso, trovo sciagurato affidare il paese nelle mani di persone che soffiano sul fuoco dell’odio sociale per avere voti, e non potendo dare di più a chi ha di meno si limitano ad appagare il livore sociale togliendo ai pochi che hanno di più. I furbi e i fessi sono due categorie pericolose per guidare un paese, persino più dei ladri e dei cinici. Quando poi c’è il mix, siamo in piena tragedia.

MV, Il Tempo 12 luglio 2018

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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