Prima venne la destra, poi la sinistra…

Giorgio Pisanò, Gianna Preda, Angelo Manna, Enzo Erra, Nino Tripodi, Roberto Mieville… Sarebbe tutta da scrivere, ma è un’impresa difficile, la spoon river dei precursori missini o di destra dimenticati, spesso maledetti o emarginati in vita, che hanno avuto postuma ragione ma per interposta persona. Pisanò, giornalista d’assalto e poi senatore missino – rilanciò il Candido alla morte di Guareschi – fu inviato postumo nei luoghi dolorosi della guerra civile.

Pisanò fu tra i primi a compiere l’arduo e meticoloso lavoro di tirare fuori dall’oblio e dalla damnatio memoriae storie e tragedie dell’ultima guerra, stragi compiute da partigiani nel Triangolo rosso della Padania e non solo. Fu un lavoro aspro che rimase in un circuito nostalgico. Poi, dopo tanti anni, arrivò da sinistra Giampaolo Pansa e riportò alla luce le storie dei vinti, con grande e meritato successo editoriale.

Citavo Gianna Preda, firma di punta del Borghese negli anni sessanta, mordace e aggressiva nel suo giornalismo d’assalto (che tra le sue cose non migliori scrisse l’inno della destra nazionale). Era la Camilla Cederna della destra, anzi la Fallaci degli anni sessanta quando l’Oriana era ancora di sinistra. Poi arrivò la Fallaci dopo l’11 settembre e si sentì nuovamente il linguaggio del vecchio Borghese inclusa l’esortazione a ritrovare la rabbia e l’orgoglio di un occidente vile, arreso al nemico; ma con ben altra accoglienza mediatica (allora circolava Occidente good-bye, una canzone di Luciano Cirri cantata da Pat Starke).

Angelo Manna, giornalista del Mattino e deputato missino, fu il primo a raccontare negli scritti e nelle tv napoletane l’altra faccia del Risorgimento e il sud violentato e tradito. Se il missino Silvio Vitale con la sua rivista l’Alfiere (sulla scia di Carlo Alianello) scriveva a Napoli l’epopea del sud preunitario, Manna trasmetteva a livello popolare l’orgoglio meridionalista contro la Malaunità. Molti anni dopo arrivò da sinistra Pino Aprile con il suo efficace Terroni e conquistò il successo editoriale e l’attenzione dei media negata al “reazionario” Manna.

Nino Tripodi, intellettuale e politico missino, a lungo direttore del Secolo d’Italia, ricostruì il percorso dei voltagabbana dal fascismo all’antifascismo, ma solo di recente (penso ad esempio al lodevole I redenti di Mirella Serri) sono stati portati alla luce quegli “intellettuali sotto due bandiere”.

E a proposito di fascismo, penso al meticoloso lavoro storico-giornalistico di Giorgio Pini, tra i fondatori del Msi, che con Duilio Susmel curò l’opera omnia di Mussolini in 44 volumi, che fu la base per la biografia mussoliniana di Renzo De Felice. O Roberto Mieville che descrisse in“Criminal fascist camp” quel che solo oggi si riscopre grazie ad Arrigo Petacco col suo Quelli che dissero No: gli italiani che dopo l’8 settembre preferirono il campo di concentramento alla resa.

Enzo Erra fu esponente giovanile di punta del primo Msi, e poi fu giornalista politico, autore di saggi storici; non ebbe il successo di Giorgio Bocca e dei suoi libri storici, ma aveva più talento e visione. Ma lui non era antifascista.

Proseguendo nella vite parallele Mario Tedeschi uscì come Eugenio Scalfari da Roma fascista, e poi fu direttore come lui di un settimanale di successo, Il Borghese, che col suo fondatore Leo Longanesi fu una splendida rivista di élite, ma con Tedeschi superò le centomila copie e negli anni sessanta vendeva più del suo dirimpettaio di sinistra, L’Espresso di Scalfari. Tedeschi, dopo la parentesi parlamentare missina, finì ai margini del giornalismo; mentre Scalfari, dopo la parentesi parlamentare socialista, fu venerato fondatore de la Repubblica.

O Giano Accame, lucido intellettuale e giornalista, fuoruscito dal Msi e poi tornato a dirigere l’ultimo Secolo d’Italia missino. E Fausto Gianfranceschi, a lungo militante del Msi, poi curatore della pagina culturale de Il Tempo, scrittore e polemista di valore, anche lui dimenticato oltre la cortina della cultura egemone.

O l’esuberante missino di Imola in gioventù, Piero Buscaroli, divenuto poi fior di scrittore e giornalista, storico e musicologo, per anni costretto allo pseudonimo sul Giornale che, grazie a Montanelli, lo ospitava negli anni di piombo sotto falso nome (Piero Santerno). O talenti precocemente stroncati dal destino, come lo scrittore e teologo Attilio Mordini, maestro dello storico medievista Franco Cardini (anch’egli in gioventù militante missino) e lo storico evoliano Adriano Romualdi, figlio di Pino e militante tra i giovani del Msi.

E per restare nell’area Claudio Quarantotto, esperto di cinema, Dino Sanzò, che scrisse “l’ebreo nero”; il frizzante Adriano Bolzoni, autore prolifico di sceneggiature e reportage storici; Luciano Cirri, salace critico televisivo de Il Borghese, prima di Sergio Saviane e di Aldo Grasso. Cirri fondò con Castellacci e Pingitore il cabaret “di destra”, Il Giardino dei supplizi e il Bragaglino, divenuto poi Bagaglino, nato da una costola del Borghese e de Lo Specchio di Giorgio Nelson Page.

Poi nacque il cabaret impegnato a sinistra. O il missino torinese Piero Capello che diresse Il Conciliatore o Gaspare Barbiellini Amidei che fu capo-redattore del Secolo d’Italia con Almirante direttore, poi condiresse il Corriere della sera e diresse Il Tempo. E per restare ne Il Tempo, autori significativi come Gino Agnese, grandi reporter come Francobaldo Chiocci e Giorgio Torchia. Grandi firme del giornalismo politico come il socialfascista Alberto Giovannini, col suo Rosso e Nero, che diresse poi il Roma, il Giornale d’Italia e da ultimo Il Secolo d’Italia. E Franz Maria d’Asaro, Renzo Lodoli, Emilio Cavaterra e la meteora Armando Plebe…

O l’heroic fantasy, sull’onda di Tolkien, fiorita a destra (uno su tutti, Gianfranco de Turris) e poi scoperta con successo altrove. Non mi addentro a citare gli autori e gli editori “di destra” (come Alfredo Cattabiani, Giovanni Volpe, le edizioni de Il Borghese o su altri versanti gli editori Carlucci del CEN e Ciarrapico). In questa spoon river della destra, tanti ci saranno sfuggiti e ci dispiace.

Vite parallele o precursori in ombra rispetto a chi, venendo da sinistra, fu baciato dal successo. Ma loro erano dalla parte sbagliata.

MV, Il Tempo 10 febbraio 2017

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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