Al buio in pieno solleone

Siamo entrati nel fuoco dell’estate senza avere un mezzo profilo di chi guiderà l’Italia nel futuro prossimo. Pochi mesi ci separano dal giudizio elettorale ma non si intravede un favorito e nemmeno un duello tra due favoriti o tra due schieramenti antagonisti, come avveniva ai tempi del bipolarismo.
Perché gli schieramenti sono fluttuanti, si scompongono e si compongono in forme variabili e le combinazioni possibili non si riducono a due. Le ipotesi di premier a questo punto sono almeno quattro e a differenza del passato, hanno pari probabilità di riuscita o quasi.
Il favorito di ieri era Matteo Renzi, ma oggi le sue probabilità di risalire nei consensi e negli assensi dei poteri che contano non sono superiori a quelle del suo supplente Gentiloni e di tutti i suoi rivali.
Grillo resta la più grande incognita, il suo movimento è ancora in testa ai sondaggi anche se non ha possibilità di coalizzarsi e dunque è oggettivamente improbabile che abbia i numeri per governare. Dovrebbe tentare la via difficilmente praticabile di un’alleanza populista con la Lega. Ma creerebbe troppe reazioni allergiche ovunque.
Il terzo candidato ha oggi possibilità un po’ più alte di farcela ma non è un leader, è una formula: si chiama Centrodestra, ed è in forte risalita perché viviamo in un sistema politico che procede a fallimenti alternati, come abbiamo già scritto, e dunque ora ritocca il turno al centrodestra.
Troppe leggi varate o annunciate del presente governo hanno irritato la maggioranza dei cittadini, in tema di sicurezza, accoglienza, opinioni e diritti civili. E dunque per reazione spontanea i consensi tornano a rifluire verso il centrodestra.
Ma il primo problema per questo cartello elettorale è che non ha un programma politico organico e unito e non riesce a esprimere una leadership condivisa, spaccato com’è tra il vetusto Berlusconi e il ruspante Salvini, per non dire della Meloni, più la galassia di centrini pentiti, in retromarcia o pendolari.
Non si tratta solo di rivalità personali ma di sfiducia reciproca sull’affidabilità. E le gravidanze di eredi annunciate da Berlusconi sono un susseguirsi di candidature abortite. Puro intrattenimento, ricreazione, e basta.
Ma il Quarto Candidato forse ha più probabilità di riuscita di tutti, anche se è il più irreale, il più virtuale di tutti: è il candidato fabbricato in laboratorio, una sintesi tra Monti e Macron, un mezzo Draghi o un semi-tecnico che potrebbe diventare il punto di convergenza tra Berlusconi e Renzi, più alleati minori.
Difficile che il quarto incomodo possa provenire dalla sinistra, essere un Pisapia, per intenderci. La sinistra si compatta nel rancore, nell’antirenzismo e antiberlusconismo ma oltre a raccogliere i voti risentiti non può andare.
A quel punto, in mancanza di uno Zorro che allo stato attuale non c’è, può prendere piede l’ipotesi che si prolunghi la supplenza a Gentiloni.
Perché da noi, diceva Prezzolini, di permanente non c’è che il provvisorio e il supplente grigio e sobrio accontenta tutti o meglio scontenta tutti in modo lieve e paritario: accade spesso che grandi aziende, grandi giornali ripieghino sul supplente, sul vicario, perché gli “azionisti di riferimento” non si accordano sulla personalità forte, con un suo seguito, e preferiscono disporre di una figura debole o mediocre più facile all’uso, più duttile, meno ingombrante.
Intanto, quel che si può dire è una cosa amara: abbiamo vissuto epoche di crisi anche tempestose nella nostra repubblica, ma forse non era mai accaduto che l’incertezza del futuro navigasse a vista tra così tante correnti e tante ipotesi fluttuanti. Siamo al buio in pieno solleone.
MV, Il Tempo 24 luglio 2017