La fabbrica dell’odio a pieno regime
A leggere, ad ascoltare i commenti dedicati dai media “ar’ valoroso popolo de sinistra”, si direbbe che tutto il mondo circostante – la destra, i conservatori, i cattolici non imbergogliti, i fascisti o presunti tali, perfino i grillini – conosca un solo sentimento: l’odio.
L’odio per i neri, per i migranti, per gli zingari, per gli stranieri, per i gay e per i trans, per le donne e per i diversi di ogni risma, per le ogn e per gli ogm, l’odio per i comunisti e per gli antifascisti, l’odio per l’Europa e per le novità.
Sul tema dell’odio si allestiscono film, fiction, inchieste televisive, catene di sant’Antonio, si lanciano messaggi con ogni mezzo e per ogni dove. Eccoli, loro sono quelli che odiano. Noi no, naturalmente.
Poi però, se per un momento sposti l’attenzione sur valoroso popolo de sinistra, le sue manifestazioni e i suoi messaggi, i suoi stessi media e i suoi leader, ti accorgi che il discorso fatto prima si applica perfettamente ai loro moventi: non riescono a mobilitarsi, a scendere in piazza, a unirsi se non in odio a qualcuno e per paura di qualcosa.
Per anni la sinistra in Italia si è tenuta in piedi soltanto attraverso l’odio organizzato, militante, assoluto per Berlusconi e per i suoi elettori. Andavano al governo e si sfasciavano, poi andavano all’opposizione e nel nome dell’odio o la paura del cavaliere-dittatore si ricomponevano, trovavano una ragione per stare insieme.
Lo avevano già fatto negli anni precedenti quando usarono l’antifascismo come collante e passepartout per mettere insieme tutti, estremisti e liberali, comunisti e laici, democristiani e partigiani. Poi con Berlusconi vissero un ventennio di rancore e di livore. Fino a che Berlusconi fu buttato fuori dal governo e fu dato per morto. Ma non si fece in tempo a smaltire la rabbia contro il Cavaliere che covava una nuova rabbia, una nuova acrimonia.
Quella che oggi porta la sinistra a ricoalizzarsi e scendere in piazza, questa volta per un Berlusconi chilometro zero, un berluschetto fatto in casa, di nome Matteo Renzi. Mai vista negli ultimi tempi una mobilitazione così forte nel nome apparente dell’unità della sinistra e nel nome effettivo di “MorteaRenzi”.
Ma non solo. C’è tutta una processione di nemici dell’umanità che dà alla sinistra ancora un senso e una ragione di esistere e di sentirsi necessaria, provvidenziale e moralmente superiore: è quella filiera che da noi parte con Salvini, poi valica le alpi e arriva alla Le Pen, va ad oriente e trova Putin e culmina in America con Trump.
La fabbrica dell’odio va a pieno regime, col solito espediente retorico e strategico di detestare i succitati mostri e additarli al pubblico disprezzo, perché impresari dell’odio.
Naturalmente, come vuole la tradizione comunista che è alle loro spalle, si odia a fin di bene, si vuole il male, la morte o l’eliminazione almeno nominale dei propri avversari, la loro cancellazione dalla società civile, sempre a fini umanitari, filantropici, per garantire la bontà.
Un po’ come fa il Papa che nel nome della bontà caccia chi non la pensa come lui, o li censura, e nel nome dell’accoglienza dei clandestini adotta i respingimenti dei fedeli che s’ostinano a credere ancora a Dio, al Sacro e alla liturgia, alla famiglia e alla civiltà cristiana.
Mai visto un potere così assoluto nelle mani di un papa così democratico, così alla mano, così a favore della gente. Un po’ come accade in Francia dove per fugare il fantasma autoritario di Marine Le Pen, hanno gonfiato un tirannello che maltratta il parlamento, calpesta le opinioni di chi non la pensa come lui, dispone di una concentrazione di poteri che manco De Gaulle…
Ma tornando a bomba, la macchina dell’odio è l’unico vero elemento che lega la sinistra, altrimenti divisa su tutto, che permette ai suoi giornali o ai suoi programmi tv di fare ascolti e ai suoi leader superstiti di avere qualche voce in capitolo.
Il sottinteso di ogni loro presa di posizione è cacciare qualcuno, impedire a qualcuno di andare al governo, prevenire il Nemico in agguato, il Dittatore che si sta scaldando ai bordi del campo.
La sinistra ha bisogno di qualcuno da odiare e quando sogna un futuro mondo migliore è solo per punire e castigare l’umanità presente con le sue umane imperfezioni.
Un tempo travestivano l’odio di ideologia, ora l’odio basta a se stesso, si fa odiologia. Ma nel nome del Bene universale, per carità.
MV, Il Tempo 3 luglio 2017