82 anni, per i suoi nemici 41 bis

Caro Berlusconi, ieri lei ha compiuto gli anni ma a molti sembrano secoli. Ha avuto tante vite e si vedono tutte sulla sua faccia: una vita da costruttore, una da impresario televisivo e poi da editore, una da presidente del Milan, una da leader politico e governativo, una da satiro gaudente con uno sciame di donne, donnette e donnacce al seguito. E si è fatto, rifatto e disfatto un sacco di volte, passando dalla reggia alla casa di riposo, tramite tribunale. Ora sembra fuori da tutte le sue vite passate, pur con qualche minaccia di ripresa.

Lei è stato – è inutile negarlo – l’italiano più importante degli ultimi trent’anni. È stato anche il premier più duraturo, più odiato e più amato nella storia della Repubblica italiana. I suoi nemici non l’hanno mai incalzata sulle priorità disattese ma sulla sua vita privata e passata. Non si preoccupavano dell’Italia ma erano presi dal livore di distruggerla, di metterla fuori uso, magari in galera. Le hanno rinfacciato di tutto, di vivere tra Mafiopoli e Zoccolandia. Abbiamo vissuto stagioni di odio come non ci era capitato di vivere nemmeno negli anni di piombo, l’Italia spaccata a metà pro e contro di lei. E l’odio si trasferiva su chi, come noi, non la considerava una bestia di satana da abbattere, semmai un male necessario rispetto a loro che erano il peggio.

Lei ebbe ai nostri occhi il merito di mettere insieme cani e gatti e portarli al governo – moderati e populisti, secessionisti e nazionalisti – battendo la sinistra e i poteri che la sostenevano. È stato il più formidabile tiravoti nazionale. Dal nulla fondò un partito che fu il più votato per diversi anni; portò al governo i lebbrosi venuti dal Msi e i rustici della Lega. Ebbe consenso di popolo e ostilità dei Palazzi. Però ora è tempo di bilanci. Cosa ha lasciato il suo tormentato ventennio all’Italia, agli italiani, al centrodestra? È triste ammetterlo, ma poco o nulla. E in quel poco che ci ha lasciato, la parte principale è Renzi. Lei ci ha lasciato Renzi, e un po’ Grillo. Lei non ci ha lasciato riforme strutturali e opere durature, non ha cambiato la macchina dello Stato, non ha alleggerito il fisco e nemmeno il debito pubblico, non ha semplificato la burocrazia, non ha promosso i capaci e i meritevoli, non ha migliorato le condizioni di vita del Paese, il senso civico, non parliamo di cultura. È vero, molti remavano contro, tanti volevano farle la pelle e non nel senso a lei noto del lifting; aveva pure alleati inadeguati, più varie disgrazie internazionali; insomma aveva tutte le attenuanti del caso. Ma ha avuto maggioranze larghe e governi lunghi, e non ha lasciato nulla di importante. Qualche accenno di cambiamento, qualche piccola riforma, qualche buona scelta in politica estera, alcune rimangiate, e poi niente più. Non ha lasciato eredi, non ha formato una classe dirigente, non ha selezionato talenti; semmai li ha promossi e poi gettati. Un’intera classe dirigente si è perduta, alla fine perfino la servitù di casa, vissuta alla sua ombra, l’ha abbandonata. I primi che ruppero parvero traditori, come lei diceva; ma quando i traditori furono la maggioranza e presero direzioni diverse, allora sorse il dubbio che il problema fosse lei. Ricordo cosa dicevano i suoi nemici quand’era al potere: devasterà l’Italia, imporrà una dittatura… E invece no, lei non ha cambiato né in meglio né in peggio il corso dell’Italia, che ha continuato la sua discesa libera verso il degrado, con lei e senza di lei, prima e dopo di lei. Niente rivoluzione liberale né rivoluzione conservatrice, qualche legge ad personam nemmeno andata a buon fine. La sua influenza negativa è stata più con le sue tv commerciali che in politica, dove è stato appariscente ma alla fine evanescente. Badi che non le rinfaccio mica di aver deluso e tradito “la destra” e le sue istanze. Non ce lo aspettavamo da lei ma da chi rappresentava quell’area. Lei era “solo” il grande impresario politico, il formidabile seduttore comunicativo che conquistava spazi di mercato elettorale. Toccava ad altri disegnare programmi e contenuti politici, ma erano incapaci e succubi.

Poi cadde il suo ultimo governo dopo un mezzo golpe, favorito dal suo totale ripiegamento sulla sua vita privata, la sua corte e i suoi pasticci, una forma inedita di egocentrismo erotico-politico. Ricordo con imbarazzo quando nei summit parlava dei suoi fatti personali a un perplesso Obama… A quel punto lei aveva ormai 75 anni e aveva tutto il diritto, e magari il dovere, di ritirarsi. Invece è lì che ha dato il peggio di sé, appoggiando e poi criticando i governi Monti e Letta, la rielezione di Napolitano, il patto del Nazareno. A un certo punto si è capito che stava giocando una partita tutta sua, la politica non c’entrava più, l’Italia tantomeno. Così è sparito politicamente, non ha lanciato più messaggi, il suo partito si è sgretolato, ha fatto il vuoto intorno a sé, prigioniero di qualche donnetta e delle sue paturnie. Intorno all’impero ora restano rovine, cinesi e gusci vuoti. Lei fu il motore principale del successo del centro-destra ma poi è diventato la causa principale del suo sfascio (…)

Leggo sulla sua faccia la perdita del “carisma”; una luce si è spenta, non comunica più, non trasmette più fiducia, allegria, simpatia, voglia di fare. Azzoppato e incupito, cartonato, ridotto a un calco di gesso, lei resta comunque un gigante in mezzo a tante mezze cartucce. Sembra come inacidito dalla vita, segnato dall’età e dai guai e (giustamente) ferito dall’odio raccolto in questi anni. Il suo volto è la mappa di quel balordo ventennio e dei suoi ultimi strascichi, ne porta le cicatrici, aggravate dal sorriso prestampato.

Nonostante tutto, lei è stato – nel bene e nel male – un grande nella piccola palude nostrana, sento per lei un remoto conato di simpatia e le auguro con tutto il cuore tutto il bene possibile. Che abbia una vecchiaia lunga e beata, magari in volontario esilio, comunque lontano dalla politica.

 

 

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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