Bernabei, il Gramsci dei cattolici in tv

Ettore Bernabei, morto ieri a 95 anni, è stato il Gramsci della Dc e dei cattolici in televisione.
Bernabei inventò l’egemonia nazionalpopolare della Dc tramite l’intrattenimento in tv. Era l’epoca della Dc pigliatutto, non c’era ancora la lottizzazione, il canale tv era unico e unica era l’ispirazione, il mondo era in bianco e nero.
Bernabei inventò la cultura pop televisiva, mista a intrattenimento allegro e informazione rassicurante. Capì che il consenso in tv non si conquista nei tg ma nell’evasione e non con i politici in video ma spargendo ottimismo con i cantanti, il varietà e gli attori. Bei programmi di educazione popolare, gran teatro, film «sani», quiz pedagogici. Molte scemenze c’erano anche allora, ma quella tv fece crescere il Paese, fece conoscere i classici, diffuse la lingua italiana, vinse l’analfabetismo più della scuola media unica. In tanti rimpiangono la Rai di Bernabei, in auge dal 1961 al 1974; gli perdonano il paternalismo e il moralismo, l’ispirazione fanfaniana e l’Opus dei.
La tv di Bernabei fu il passaggio felpato dall’oratorio alla modernità, la nascita della parrocchia globale, dove l’osceno erano le gambe delle Kessler e la parolaccia erano i «membri» del parlamento. Impraticabile quel modello nella nostra era dell’offerta plurale, volgare e maiala; la Rai di Bernabei fu il nostro risorgimento televisivo. Bernabei evoca la Rai al tempo della guerra di Troia; ma il mitico Ettore è stato vivo e lucido oltre i novant’anni, toscaneggiando ancora e producendo sceneggiati, anche se oggi si chiamano fiction; e soprattutto ha creduto ancora a quel che credeva nell’antichità. Onore a lui.