Dopo trent’anni tutto si ripete, nonostante i fatti
Trent’anni fa, il 1994, tornò il fascismo in Italia dopo mezzo secolo di esistenza clandestina. La discesa in campo di Silvio Berlusconi, la vittoria del suo centro-destra con i postfascisti di Alleanza nazionale, fu salutata come il ritorno del regime mussoliniano. Ne scrissero allarmati alcuni intellettuali, vari giornali e non poche riviste; ricordo le pagine di MicroMega che narravano di un’Italia che si svegliava infelice e spaventata sotto un regime poliziesco.
Le denunce in tv degli Enrico Deaglio e Gad Lerner, insospettabili liberali venuti da Lotta Continua, sul ritorno del fascismo targato Berlusconi (a cui non credeva neanche il loro capo Adriano Sofri); le paginate di satira, le vignette, i programmi tv e gli editoriali. E ricordo in quell’anno, oltre il pamphlet Destra e sinistra di Bobbio, che vedeva la destra nemica dell’uguaglianza e in sostanziale continuità con il regime fascista, anche un romanzo che diventò famoso e si fece pure film: Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, un racconto allusivo che parlava di ieri e del Portogallo “fascista”, per parlare dell’oggi e dell’Italia berlufascista. Così fu letto e osannato. Ricordo le adunate all’estero, quasi a fingere di essere antifascisti rifugiati a Parigi come perseguitati ai tempi del regime. I manifesti, le dichiarazioni, Furio Colombo, Nanni Moretti; vai con tutto il circo…
Trent’anni dopo, molti di loro ripetono imperterriti il copione con Giorgia Meloni e gridano all’avvento di un regime, ora fascista, ora putiniano (che pure viene dal kgb dell’Urss comunista), ora cileno (Pinochet), ora reazionario-autoritario (ossia franchista-salazariano, per restare a Tabucchi oppure orbaniano-polacco oggi).
Qualcuno potrà dire: le opinioni sono comunque rispettabili, ognuno la vede a suo modo. Ma qui non si tratta di opinioni, perché di mezzo c’è la storia, i fatti accaduti con le loro evidenti smentite.
Dove portò trent’anni fa la discesa in campo di Berlusconi e la nascita del centro-destra allargato agli ex-missini? Non mi interessa in questa sede fare un bilancio dell’esperienza dei governi berlusconiani ma mi limito al quesito cruciale da cui siamo partiti, anzi da cui partì l’Italia dei media e della cultura trent’anni fa, all’indomani della vittoria del centro-destra, con la relativa conquista del governo: il fascismo risorto nelle vesti del berlusconismo. Dopo quella breve esperienza di governo, massacrata da toghe e media, Berlusconi coi suoi alleati tornò ben due volte al comando dell’Italia, una volta con un governo che durò – unico nella storia d’Italia – l’intera legislatura, dal 2001 al 2006, e l’altro che fu interrotto dopo tre anni e mezzo, dal 2008 alla fine del 2011, con un mezzo golpe e un mezzo tradimento, fu buttato giù. Comunque tanti anni di governo. Guardiamoci negli occhi e chiediamoci francamente: tornò il fascismo in quei governi, furono limitate le libertà, fu esercitata violenza e repressione, fu cancellata l’opposizione o il dissenso, qualcuno dovette scappare all’estero, fu dato olio di ricino ai suddetti intellettuali e scrittori, furono vietate o solo boicottate le loro opere? Neanche l’ombra. Se un tratto, e un difetto grave, fu riconosciuto all’esperienza dei governi berlusconiani, fu al contrario, non l’impronta autoritaria impressa al governo ma al contrario l’impronta permissiva, il desiderio di compiacere a tutti i costi, gli italiani, di assecondarli anche nei loro vizietti, di promettere loro mari e monti, di coccolarli e blandirli. Altro che fascismo. E la cosa più grottesca è che molto di questo antifascismo militante scorrazzava liberamente persino all’interno dell’impero mediatico berlusconiano, nei suoi programmi e nelle sue reti, nelle sue produzioni cinematografiche e tra gli autori Fininvest e Mediaset.
Ora, io dico, dopo aver così clamorosamente fallito in quelle previsioni di trent’anni fa, che si protrassero in campagne e denunce per lunghi anni, dopo essere stati così vistosamente smentiti sul ritorno di un presunto fascismo, sotto altre vesti, non sarebbe decente stavolta evitare di riportare ancora il discorso su quel ritorno di fascismo, nonostante la Meloni abbia fatto le dichiarazioni più esagerate di condanna del “nazifascismo” che neanche Berlusconi si era mai sognato di fare?
Ma al di là della Meloni, questa denuncia permanente che i fantasmi del passato, approfittando del governo destrorso, si stiano riorganizzando e stiano per marciare su Roma e su Bruxelles, e un paio di adunate funebri sarebbero la prova più schiacciante, non vi sembra piuttosto ridicola e così clamorosamente smentita dall’esperienza storica? Ma chi pensate che se la possa bere, ancora, tra gli italiani, se non gli aderenti alla vostra stessa setta, che non dovete peraltro convincere perché sono già persuasi, a prescindere dalla realtà e dalla verità dei fatti? Sembrava già grottesco che il fascismo tornasse dopo ben cinquant’anni, al tempo del primo governo Berlusconi, trent’anni fa. Reputate credibile dirlo ancora oggi, dopo l’esperienza del berlusconismo che non diventò affatto regime né tantomeno para-fascismo, ora che sono passati non cinquanta ma ben ottanta anni?
E invece, leggi ancora commosse rievocazioni di quei libri e quegli autori, e quelle denunce di trent’anni fa, che si rivelarono così pacchianamente infondate alla prova della storia…
E non c’è delitto al mondo, da Regeni a Navalny, da Hamas a Gaza, fino a Giulia Cecchettin, che non venga messo in conto al fascismo globale e patriarcale, e comunque ricondotto in casa nostra a qualcuno che fa parte della coalizione meloniana. C’è ormai un modulo prestampato da compilare così formulato: “Tu non riesci a dire Putin assassino”, o Mussolini assassino, o Orbàn, o chivoletevoi. Su, dichiarati antifascista, antiputiniano, antitrumpiano, ecc. E’ il test della scimmia ammaestrata: devi ripetere quel che dice il domatore, altrimenti torni in gabbia e dimostri di essere una bestia pericolosa. Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?
La Verità – 21 febbraio 2024