Ero una promettente ala sinistra, poi mi ridussi a intellettuale di destra. Che fallimento. (02/09/2015)

Ero una promettente ala sinistra, poi mi ridussi a intellettuale di destra. Che fallimento. (02/09/2015)

Il tifo, per me, è stata una malattia esantematica dell’infanzia, ma particolarmente lunga e dolorosa. Ha percorso tutta la scuola dell’obbligo, lasciandomi con la licenza media. Poi alle scuole superiori passai alla militanza politica che lasciai definitivamente già prima della maturità liceale. Per una perversione congenita, io pugliese, ero tifoso accanito della Fiorentina. Amavo la sua eleganza, il suo giglio, Hamrin e Albertosi, la città e l’inflessione fiorentina. Amavo il suo unico scudetto, che coincideva con il mio anno di nascita. Ma amavo soprattutto il suo perdere con stile, il suo non appartenere agli squadroni vincenti e popolari, come la Juve, l’Inter o il Milan. Fu nell’infanzia che elaborai la mia ideologia sulla nobilita della sconfitta e presi a parteggiare con passione romantica per i Vinti, in una specie di ciclo verghiano che sconfinava nella storia più recente. Sapevo tutto della Fiorentina  e del Calcio, in quel tempo. La mia bibbia erano gli album Panini, dove esercitavo il mio feticismo e la mia accademia. Quando giocavo (ero un’ottima ala destra con un sinistro micidiale), indossavo la maglia viola e mi chiamavano per ragioni di carnagione Amarildo.

Giocavo otto ore al giorno, su campi disastrati o in mezzo alle strade. Numerose le ferite e l’acido lattico, ma per me erano decorazioni sul campo. I miei primi articoli furono lettere infantili pubblicate sul “Corriere dello Sport” da Antonio Ghirelli. Costringevo i miei alle trasferte per vedere i viola; quando scendevano in Puglia a Bari o a Foggia, andavo in commosso pellegrinaggio. Poi i miei pellegrinaggi passarono da Chiarugi ad Almirante. A diciottanni smisi entrambi e passai ai libri. E lì mi rovinai. Quel che vedete non è uno scrittore, un giornalista contento di sé; ma un calciatore fallito, che voleva restare nel mondo del pallone e invece fu costretto a ripiegare sui fantasmi di carte e le sue pensose malinconie. Ero una promettente ala sinistra, poi mi ridussi a intellettuale di destra. Che fallimento.

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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