Il mistero buffo del Quirinale

Ad avercelo un Re, ci saremmo risparmiati questa lunghissima e indecorosa sceneggiata su chi mandare al Quirinale oggi, per sette anni. Un sovrano ereditato dalla storia, magari addobbato nei sacri paramenti di Sovrano “per grazia di Dio e volontà della Nazione”, ben sapendo che né l’Uno né l’altra si erano mai pronunciati in merito. Ma quella fictio fu la formula vincente per insediare i Savoia. Però da un pezzo i Re non si usano più, gli ultimi superstiti in Europa vengono massacrati; da noi regnano nei gossip e nei reality, ma nessuna corona, oltre quella virale, cinge la testa di Scipio.

Ci vorrebbe una donna, dicono quelli che scelgono i presidenti per generi o per categorie. Non c’è mai stata, è ora di riparare all’ingiustizia. Giusto, perché no? Ma se è per questo, visto che non c’è mai stato, perché non un Presidente disabile, un Presidente nero, un Presidente gay, trans, rom o virologo?

Anzi, visto che si invoca chi non c’è mai stato al Quirinale, per riparare all’ingiustizia, vi dirò che la Capitale, la Città Eterna, il Centro dell’Impero, non ha mai espresso un Capo dello Stato. Non solo neanche un presidente, manco un Re. Se i primi Re furono inevitabilmente piemontesi, almeno Vittorio Emanuele III, nel suo piccolo, avrebbe potuto nascere romano, perché ormai la Dinastia si era insediata a Roma. E invece manco lui, perché nacque a Napoli; e la sorte alla fine si vendicò condannandolo a dimezzare il suo reame con il Regno del sud e poi alla fuga dal sud, da Brindisi.

Ma se non abbiamo mai avuto un Re romano, forse per rispetto o per dispetto a Santa Romana Chiesa, non abbiamo avuto nemmeno un Presidente della Repubblica dalla Capitale Morale del Paese: mai un Capo dello Stato milanese. Ué, ma che vergogna. E non solo: non so per quale misterioso sortilegio ma i presidenti della Repubblica vengono tutti dall’Italia occidentale, versante tirrenico. Pensateci: i tredici presidenti sono tutti piemontesi, sardi, liguri, toscani, napoletani, siciliani. Mai un presidente dall’Italia orientale, o adriatica, mai un veneto, un pugliese, ma nemmeno un emiliano, un romagnolo, e via dicendo. Strana quest’Italia con l’emiparesi, sfacciatamente sbilanciata verso Occidente. A voler essere “storici creativi” forse una ragione c’è: il Risorgimento, se ci pensate, fu fatto soprattutto sul versante occidentale. I Re venivano dal Piemonte o dal Regno di Sardegna, i Mille s’imbarcarono in Liguria, attraversarono il Tirreno e sbarcarono in Sicilia, risalendo poi il versante occidentale, gli Stati più significativi del tempo, erano a Napoli e Palermo, a Torino. L’Italia fu simbolicamente cucita a Teano. Le capitali furono Torino e Firenze e infine Roma. Insomma, noi dell’Italia orientale siamo stati sudditi, senza mai la soddisfazione di avere un homo adriaticus al Colle; e noi cittadini romani pure. Ma forse è solo un caso, o magari la storia si prende gioco degli umani, li usa come burattini, dà loro l’illusione di decidere chi mandare al Quirinale e invece poi sceglie sempre da quella parte sulla base di imperscrutabili disegni geo-metafisici. I dietrologi diranno invece che la roulette è truccata, escono sempre quelli di un versante, è un complotto. Ma non si capisce la ratio, tantomeno la convenienza, e di chi. Dunque, è solo uno scherzo del destino.

Insomma, avrà pure ragione chi vorrebbe ora una donna al Quirinale non foss’altro che per dare riconoscimento all’altra metà del cielo; ma anche l’altra metà d’Italia aspetta invano il suo Capo dello Stato, perché è stanca di essere solo la coda.

Aggiungo pure un’altra particolarità: benché avanti negli anni, nessun presidente della repubblica è mai deceduto mentre era in carica. Eppure tanti ottantenni, così sovraffaticati, per sette lunghi anni… Anzi, figure tramortire e piegate dagli anni, che sembravano ormai destinate a una scialba decadenza, sono come ringalluzzite andando al Quirinale, sin nel portamento. Dicono che la carica sprigioni a sua volta una carica vitale, sia una specie di gerovital istituzionale; non so che vitamina trasmettano i corazzieri, ma inguaiati vecchiarelli sono diventati improvvisamente arzilli al Quirinale: anche gli ultimi, Napolitano e Mattarella, sono usciti dal Quirinale più vispi e meno accasciati di come sono entrati (a proposito visto che volete mantenere gli assetti e Mattarella non ci sta a una proroga a tempo, fino al ’23, perché non riprovate col terzo mandato a Napolitano?). Un paio di presidenti sono stati pure dimissionari, o in qualche modo indotti alle dimissioni, vale a dire Antonio Segni e Giovanni Leone, ma benché bersagliati dalla malasuerte, sono morti alcuni anni dopo, ormai lontani dal Quirinale. L’immunità quirinalizia, benchè interrotta, li ha tenuti in vita.

Gli stessi frequentatori di Berlusconi assicurano che il Cavaliere versava da anni tra malattie, ospedali e perdita di lucidità; ma si era come risvegliato e risanato in vista della sua battaglia per il Quirinale.

Insomma, il Quirinale è un mistero buffo, tra disparità geografiche e discriminazioni territoriali, ripercussioni biologiche e mutazioni antropologiche. Oggi si vota e bisogna fare in fretta per evitare una pericolosa vacatio capitis: non perché il 3 scada Mattarella ma perché l’Italia non può essere priva di Presidente mentre si celebra il Festival di Sanremo.

MV, La Verità (23 gennaio 2022)

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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