La leggenda del Santo Venditore

Più si allontana nel tempo la figura di Silvio Berlusconi e più mi sembra di vederlo sotto una luce diversa, molto diversa da quella che lo accompagnò in vita e che di solito accompagna i ritratti e i giudizi. Non mi pare di vedere, a differenza dei suoi odiatori e dei suoi adoratori, grandi eredità politiche, benefiche o malefiche che siano. Non mi pare nemmeno di vedere lasciti speciali ai governi, riforme strutturali, svolte decisive o impronte destinate a cambiare lo Stato e la società italiana. E non vedo patrimoni ideali e morali da trasmettere, anche perché il suo Ideale coincise con la sua Persona, la sua eccezionale capacità di primeggiare e di vincere, il suo imbattibile ottimismo, il suo egocentrismo cosmico e contagioso. Ogni sua azione e dichiarazione era una richiesta di fiducia, inventò il like già prima dei social. Insomma più passa il tempo e più vedo Berlusconi sotto altra luce. Anche la cosa che di solito si dice quando il tempo si allontana, che ormai è consegnato alla storia, non mi sembra nel suo caso del tutto pertinente e vero. A me non sembra che Berlusconi sia entrato nella storia ma nella fiaba. Si, nella favola, avete capito bene.

Berlusconi è un personaggio leggendario in cui non si riesce a distinguere la fiction dalla realtà, il mito dalla sua rappresentazione, il fatto dal racconto. La sua esistenza reale sconfina in quella favolosa, i fatti tracimano nelle dicerie e il personaggio per metà o anche di più è fatto di quelle, nel bene e nel male. Si, fu grande imprenditore, in politica e nel commercio, grande comunicatore, straordinario leader almeno per ciò che mise in moto, in termini di alleanze pro e contro di lui; generoso e accattivante con tutti, fece di tutto per piacere e compiacere il suo pubblico e pure i suoi avversari; seduttore senza pari, sia nel vendere pubblicità, prodotti commerciali e politici che nel conquistare consensi, simpatie, amori e devozioni, ma con l’aura di chi ti porta in paradiso, ti salva dal male, ti trasferisce con una carrozza fiabesca nel regno della gioia e del miracolo.

La leggenda del Santo Venditore, parafrasando l’opera di Joseph Roth. Non si limitava a vendere il suo prodotto mediatico o politico, la sua merce; ma ti dava l’impressione di fare una buona azione accettando il suo consiglio per l’acquisto; anzi di aver scelto la via del paradiso, e il suo acconto di beatitudine in terra che passava dai suoi prodotti televisivi e politici. Fidati di me, sono tuo amico, sono dalla parte tua, amami come io ti amo.

Una sua testata riassume meglio la sua visione del mondo: Sorrisi e canzoni. Una testata che non inventò lui, ma che diventò la sua più appropriata bandiera e didascalia, il suo biglietto da visita, il manifesto ideologico della sua televisione e della sua americanizzazione briosa e brianzola.

Fece tutto in grande, il mago Silvian, errori inclusi. Ma, a parte il cospicuo patrimonio personale e famigliare che ha lasciato, tutto ciò che fece per il mondo si perse nell’aere come le parole, i messaggi pubblicitari, gli slogan, i programmi televisivi. Il suo patrimonio si sparse nell’etere, e lì vi resta, presente e assente, come tutti i patrimoni immateriali e come tutte le fiabe.

Gran Signore dell’Effimero, sacerdote di una religione del fare e dello strafare, del sorridere e del sedurre, propagò il culto degli Déi momentanei, divinità di passaggio e da passeggio, da consumare sul posto.

A dir la verità mi aspettavo che ieri, a solo un anno dalla sua scomparsa, i media si ricordassero di più di lui. Celebriamo in pompa magna, con tanto di beccamorti istituzionali, eventi e misfatti di cent’anni fa, di ottant’anni fa, di quarant’anni fa, per alludere ai più recenti, con un’enfasi esagerata; e invece, di un anniversario così ravvicinato del personaggio più importante d’Italia degli ultimi trent’anni – o se preferite un arco temporale più breve ma più grandioso, del terzo millennio – se ne sono ricordati ampiamente solo le reti e le testate di sua proprietà. Come si fa a dimenticare così in fretta quel che è stato per decenni il Protagonista Italiano, l’Arcitaliano, il Tema Unico, l’Ossessione Quotidiana del nostro Paese e il marchio più famoso al mondo? Lui, precursore di Donald Trump, ma in versione dolce, dolcissima, come dicono i suoi figli.

Tutto in lui è eccessivo, debordante. Sua Troppità. Ha ragione Filippo Ceccarelli nel suo bel tomone dedicato a B. a sottotitolarlo “Una vita troppo” (ed. Feltrinelli). E giù la caterva di attività, mansioni e definizioni multiple: Cavaliere, imprenditore, costruttore, cantante, presidente di tutto – da Mediaset al Milan, dal Consiglio dei Ministri a Forza Italia, la Casa, il Polo, il Popolo delle Libertà – e poi attore, intrattenitore, e via all’infinito. Dissento solo dalla considerazione che “La sua vita è stata più grande di qualsiasi opera di finzione possibile”. Non è così, a mio sommesso parere, la sua vita è stata la sua più grande fiction dal vivo, non si riescono a ritrovare i confini tra il vero, il verosimile, il falso – anche in bilancio, diranno i suoi detrattori- e il leggendario.

Anzi, Silvio Berlusconi mi sembra un personaggio uscito dalla fantasia di Walt Disney, in uno di quei film in cui s’intrecciano live action e animazione, tipo Mary Poppins. Stessa tecnica tra il reality e il cartoon, stessa magia, stesso ottimismo operoso.

Già, Silvio Poppins, e il cognome d’arte un po’ gli si addice se si considera l’oggetto di culto della sua vita, la sua infrenabile passione tettonica. Come Mary anche Silvio Poppins si propose il ruolo di badante del popolo, di coach della nazione, di mago prodigioso, amico di banchieri e spazzacamini, miracoloso e pop, con una filosofia di vita all’insegna dell’ottimismo intraprendente: “Basta un poco di zucchero e la pillola va giù”. Perfino l’ombrello nelle sue mani non evoca la mestizia del clima uggioso, la pioggia e le pozzanghere; ma è occasione di felicità, bacchetta magica, pretesto per cantare e per sorridere. Con lei dopo la pioggia esce sempre il sole. Con un ombrello del resto, Mary alla fine del film volò via, e mi sembra un finale degno anche per Berlusconi. A seguire, la sigla e la pubblicità.

La Verità – 13 giugno 2024

 

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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