La sinistra col morto

Con un atto lugubre e disumano il governo di sinistra spagnolo, col plauso dei media e della sinistra italiana, se la prende col cadavere di Francisco Franco a 43 anni dalla sua morte e lo caccia dalla sua tomba. La Spagna si divide, il mondo tifa per la macabra svolta di sinistra ma a noi sembra di vedere un film horror in versione Almodovar. Mille problemi, una crisi gravissima, un paese spaccato tra baschi, catalani e indignati; ma la sinistra spagnola, giunta di straforo e in netta minoranza al governo della Spagna, mentre caccia un altro vagone di migranti nel silenzio assordante dell’eurosinistra, compie questo atto politico e simbolico di cui è evidente l’urgenza stringente e la necessità assoluta. E non solo.

Come bestie necrofobe, assatanate di odio e di morte, gli eurosinistri respingono con sdegno l’idea civilissima di Franco di seppellire nella stessa valle dei caduti, le vittime di entrambi i versanti, franchisti e antifranchisti. Per loro perfino la morte non è una livella, come diceva perfino Totò, e non c’è pietà cristiana per i morti di tutte le parti; no, dobbiamo distinguere in un macabro razzismo cadaverico, i morti buoni dai morti cattivi, le vittime dagli assassini. Ora, sarebbe facile rovesciare la frittata e raccontare di quanti assassini erano dalla parte dei repubblicani antifranchisti: stupri ed eccidi di suore, comunisti che massacravano persino anarchici combattenti dalla loro stessa parte, stragi senza pietà. Al punto che perfino partigiani antifascisti che erano andati in Spagna a combattere contro Franco se ne ritrassero disgustati. Simone Weil raccontò con raccapriccio di un ragazzo falangista di 14 anni che per non aver voluto rinnegare la sua scelta fu ucciso senza pietà dagli antifascisti. E Orwell, e il nostro Randolfo Pacciardi, antifascisti fieri, tornarono dalla Spagna fieramente anticomunisti dopo aver visto i massacri compiuti dai rossi. Dunque non stiamo parlando di vittime e carnefici ma di una guerra civile in cui le vittime e i carnefici erano perlomeno disseminati da ambo le parti. E fu un atto di civiltà e di pietà cristiana averli voluto onorare e seppellire vicini; magari lo avessimo fatto anche noi in Italia o loro nei paesi comunisti.

Il regime di Franco fu un regime autoritario, catto-militare, nazionalista e paternalista, un po’ come Salazar in Portogallo. Contava molto la Chiesa e la sua longa manus, l’Opus dei, nella Spagna franchista. Ma quel regime odiosamente repressivo, non eresse muri per impedire che la gente scappasse dalla Spagna, si poteva andar via dalla Spagna senza problemi. Del resto a fronte di intellettuali che scelsero con dignità la via dell’esilio (ne cito una per tutti, Maria Zambrano che venne in Italia), ci furono viceversa intellettuali fuggiti dal comunismo che andarono a vivere in Spagna (ancora uno tra tanti, Vintila Horia). Franco non fu fascista, ma autoritario; i fascisti, semmai, furono con Josè Antonio, con la Falange, che Franco emarginò dal potere per il loro programma nazional-rivoluzionario.

Vorrei ricordare a chi – come nel medioevo – disseppellisce i cadaveri per maledirli dopo la sepoltura, che la dittatura di Franco salvò la Spagna, l’Europa e l’Occidente da una dittatura comunista e staliniana, ben più cruenta, che si stava profilando con la vittoria dei “rossi” e che avrebbe messo a rischio l’Europa intera. E non solo: salvò la Spagna anche da Hitler perché non entrò in guerra al suo fianco, come fece purtroppo l’Italia di Mussolini. E dunque concorse a salvare l’Europa da Hitler. Tutto questo certo non attenua la nera ombra della dittatura, anche se alla sua morte, per sua volontà, fu ripristinata in Spagna la Monarchia Costituzionale e dunque la Democrazia parlamentare.

Però tutti questi argomenti che spiegano in modo assai diverso la storia del Novecento, spariscono di fronte alla bestiale decisione di rimuovere un cadavere, aprire una tomba, spostare i morti buoni per separarli dai cattivi… E lì, di fonte alla barbarie del gesto, non sai se restare più impressionato dalla crudeltà carognesca, sciacallesca dei fautori o dalla loro altrettanto iperbolica demenza…

MV, Il Tempo 26 agosto 2018

 

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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