Ma la storia ha smesso di nuocere

Cosa può insegnare la manfrina sui saluti romani per ricordare la strage di Acca Larenzia? Proviamo a sollevare lo sguardo dall’uso immediato della vicenda, dal trash invasivo che tutto pervade, dalle nauseanti, sciacallesche diatribe sul tema. E proviamo a contestualizzare le sgangherate polemiche in un quadro più ampio.

La lezione che possiamo trarre dagli ultimi decenni, dalle contese politiche, le lotte e le sfide, si può sintetizzare in una conclusione:

la storia non è più in grado di nuocere; anzi, la storia non è più in grado di pesare sul nostro presente, non è più maestra di vita, e nemmeno cattiva maestra. Dunque non giova e non nuoce più, è stata sterilizzata e poi rimossa. Sopravvive solo nei polpettoni tv, che vertono sempre sullo stesso tema, con la stessa ripartizione dei buoni e dei cattivi.

Il discorso non riguarda solo il fascismo e il nazismo, ma anche ogni forma passata di comunismo e di dittatura del proletariato (che mai si realizzò, fu solo un prototipo ideale). Allo stesso modo è impossibile pensare che la storia possa riproporre, che so, gli Imperi centrali, il Trono e l’Altare, l’epopea risorgimentale. 

La storia non si ripete, il passato non torna, e ancor meno può tornare nelle società come la nostra che hanno voltato le spalle alla storia, non conservano una matura memoria storica, non coltivano attivamente tradizioni e culti di eroi, eventi e conquiste del passato.

E questo accade già da prima dell’avvento della sciagurata cancel culture, che mira a cancellare tranci anche enormi di storia e tanti suoi protagonisti assoluti, nel nome di un assolutismo moralistico e censorio del presente. Possiamo anzi dire che la cancel culture ha trovato terreno favorevole in una società fondata sull’amnesia della storia, con una dimenticanza assoluta che diventa programma scolastico per le giovani generazioni. 

Del passato sopravvive la parodia, il trash, il vintage, il mercatino dell’usato e il carnevale delle mode. Oppure il ricordo dei caduti, che merita rispetto quando non è il pretesto per inscenare spettacolini trash, da parte di ignari ragazzi a caccia di emozioni o protagonismo: non hanno nessuna valenza eversiva o minacciosa, sono solo riti di ricordanza, liturgie di appartenenza, che mirano solo alla testimonianza e al sentirsi parte di una comunità ferita. Ma per le iene e gli idioti, è più grave la mano che ricorda le vittime con un saluto romano della mano che li uccise e che rimase impunita. Non rinasce il fascismo da quei riti funebri, non è mai rinato, nemmeno quando c’era un partito neofascista e i tempi erano più cruenti sulle ali estreme della militanza. Figuriamoci ora che la storia è andata in pensione. 

Fabio Martini e Mattia Feltri hanno giustamente ricordato su La Stampa che fu Palmiro Togliatti al tempo della Costituente a volere che si perseguisse il reato di ricostituire il partito fascista ma non il reato d’opinione, come invece fece anni dopo la legge Scelba. Una lezione di realismo intelligente, la capacità di distinguere tra un’opinione, un gesto, una testimonianza e un’azione eversiva e pericolosa.

In questi anni l’episodio più cretino che si sia registrato in quell’ambito fu l’assalto alla sede (vuota) della Cgil, in piena campagna elettorale per il sindaco di Roma, che si risolse in un formidabile autogol su tutti i fronti: arresti e condanne esagerate, criminalizzazione della propria area, rilancio dell’antifascismo e della Cgil, danno politico ed elettorale alla destra. Nessuno può sensatamente immaginare che episodi come questi siano l’inizio di chissà quale ricostituzione del fascismo; ne sono la caricatura, e servono semmai per soffocare sul nascere ogni pretesa grottesca di tale tipo. Gesti fuori dalla storia, dal presente, dalla politica, dal futuro. 

E’ inimmaginabile oggi la rivoluzione d’ottobre o la marcia su Roma, la conquista nazista del Reich, l’avvento di un Lenin o di un Mussolini, di uno Stalin o di un Hitler. Come è ridicolo pensare a un Napoleone che rifaccia l’Europa su ben altre basi della UE o un Garibaldi che rifaccia l’Italia con i mille, partendo dal sud. 

Impossibile immaginare che ci sia gente che stia ricostruendo il disciolto partito fascista, che organizzi le squadre e le milizie, come è impossibile immaginare che rinasca nelle piazze, nelle fabbriche, nelle scuole, la lotta comunista al capitalismo, all’imperialismo Usa e ai padroni. Non è un’ipotesi praticabile, sarebbe solo cabaret, siparietto comico per prendere in giro la sinistra all’ombra e al rimorchio del Capitale e delle Oligarchie transnazionali. 

Questa è un’altra epoca, le violenze del nostro tempo sono i femminicidi e gli infanticidi, le stragi dei fanatici islamici o dei solitari squilibrati, i crimini per gioco o per futili motivi, i mandanti sono la droga e l’alcol o l’odio social e il narcisismo patologico; non c’è violenza per ragioni storiche, rivoluzionarie, politiche. La politica può finire in tribunale per abuso d’ufficio, corruzione, disonestà varie; mai per tentativo di rovesciare il potere e tentare la rivoluzione. Poi ci possono pure essere gruppetti che usano icone del passato ma nel senso del trash. Il potere non può prenderlo nessuna piazza, se non piazza Affari; ma anche quella sarebbe pilotata da oligarchie potenti e non dalla volontà sovrana dei mercati. 

Al punto che oggi si teme la minaccia eversiva additando le urne: se Trump vince di nuovo le elezioni, se Orban rivince ancora, se la Meloni, se in Francia Le Pen… Non spaventano più le milizie e i colpi di stato, ma le elezioni e le sovranità popolari; il pericolo viene dal voto. Giudici, fermateli.

Insomma, la storia non è più in grado di nuocere e nemmeno d’insegnare. Sono possibili al più ultimi lasciti rituali, cerimonie commemorative, ridicole finzioni di morti che camminano e minacciano i viventi, simulazioni di guerre partigiane in corso, ma la storia se n’è andata via da un pezzo, a passi scalzi nella notte.  

La Verità – 11 gennaio 2024

 

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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