Memoria di Adriano

Ha ottanta anni, vive nei pressi di Milano, guazza nei soldi e in una megavilla con parco e piscina, ha pochi capelli e un clan, sposò una bella donna che faceva l’attrice, un tempo suonava la chitarra ma a volte canta ancora; si crede Dio, fa il piacione e vuol dettare legge in tv e perfino nel mondo.

Non parlo di Berlusconi ma di Celentano.

Il mitico Adriano compie ottant’anni domani, alla Befana, e si avvia a essere coetaneo della Signora con la Scopa. Come lei, Celentano è mitico, porta doni, a cominciare dalla sua voce straordinaria, poi la sua mimica e le sue movenze paleo-rock.

Azzurro, benché firmata da Paolo Conte, è ritenuta la canzone più bella d’Italia nella versione adrianea e se la batte con Volare di Modugno nel titolo di Inno sub-nazionale o inno patriottico pop. Uscì nel maggio ’68 e diventò il simbolo canoro di un’Italia in pace col mondo, con il sole, con il cielo, con la vita e con l’amore, contro lo spirito sessantottino.

Celentano è una voce straordinaria a patto che non pretenda di riempirla di contenuti, di messaggi, di predicozzi. Lì casca l’asino, o la scimmia, che come è noto imita maldestramente gli umani e perfino Dio.

Anni fa studiai la sua origine di Molleggiato e confrontai tre dizionari.

Alla voce celenterato è scritto: tipo di invertebrato con corpo molle e tentacoli, provvisto di una cavità digerente con l’apertura boccale a forma di disco, scollegato però dalla testa; nei celenterati la fessura per nutrirsi è la stessa che serve per espellere. Tutto spiegato.

Da cantante era nostalgico (il ragazzo della via Gluck), preferiva l’erba ai casermoni, ma nel senso della campagna e non della cannabis e si scontrava con Gaber che invece preferiva l’urbanizzazione.

In tempo di trasgressioni cantava Pregherò, in tempo di divorzio celebrava la coppia unita, in tempo di scioperi cantava da crumiro chi non lavora non fa l’amore, difese la femminilità contro i trans (Quel punto).

Poi passò dal canto al sermone, si scoprì predicatore, diventò eco-insostenibile e teologo di se stesso; elesse sua moglie non solo press agent ma anche Vicario di Lui in Terra e portavoce della Santa Sede, di Galbiate: la Mori rilascia interviste in Suo Nome e annuncia la Sua Venuta.

Adriano che canta accende il cuore, Celentano che parla spegne il cervello. Qui diventa  il prototipo dell’italiano conforme.

Annusa l’aria e appena sente da che parte va il vento, porta il gonfalone.  Simpatizza in modo furbo-ecumenico, si barcamena tra destra, sinistra e centro, più cattolici ed ecologisti. E per pararsi anche l’ultimo lembo delle chiappe, elogia Beppe Grillo.

Lui va sempre in soccorso dei vincitori, come quando faceva il cattolico berlusconiano di sinistra verde.

Inesperto di tutto, Celentano scopre l’Acqua Calda e ossequia i santuari del Politicamente Corretto: la lotta all’omofobia e alla discriminazione delle donne, la difesa dell’ambiente e della ricerca, il taglio degli stipendi ai parlamentari e delle tasse e insieme la difesa dei poveri contro i ricchi (celentani esclusi). Ma dai, non ci avevamo pensato, meno male che Adriano c’è.

Bocca lo aveva definito “un cretino di talento”. È forte la tentazione di dar ragione a Bocca solo a metà, non vi dirò quale. Intelligenti pauca. Musicalmente resta un genio ottuso, e assume vesti regali quando forma la coppia regina della canzone italiana con la Sovrana Assoluta, Mina, diventata mitica per la sua invisibilità.

Vedendo Celentano e il suo modo di muoversi capisci che Darwin aveva studiato solo a metà il problema dell’evoluzione: c’è pure un girone di ritorno. Quando interviene nel dibattito pubblico è irritante la sua ovvietà conforme e “corretta”

Poi però lo senti cantare e ritorna la Memoria di Adriano; ti senti trasportare dalla sua voce in un’Italia mitica e amorosa, azzurra e verdeggiante, senza tempo o di una tua mitica e perenne adolescenza, e ti riconcili con lui. Auguri, Adriano, quattro volte ventenne.

E dal pugno chiuso una carezza nascerà.

MV, Il Tempo 5 gennaio 2018

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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