Olmi tra Cristo e i barbari

Per ricordare il grande Ermanno Olmi, venuto a mancare il 7 maggio 2018, uno scritto dedicato a un suo film molto discutibile, Centochiodi

Ma se Cristo tornasse sulla terra, sarebbe davvero nemico della civiltà e della cultura, dei libri, della Chiesa e della filosofia, e sceglierebbe davvero di vivere da barbone, in mezzo alle baracche abusive? Ve lo chiedo dopo aver visto Centochiodi, l’ultimo film di Ermanno Olmi, ultimo perché con questo film Olmi decise di chiudere la sua carriera di regista. Il film è diventato improvvidamente un cult nella battaglia anti-cattolica. Un gran film, non c’è che dire, girato con le mani e l’incanto di un maestro che si congeda dopo mezzo secolo di narrazione cinematografica. Ma con un messaggio profondamente diseducativo, anzi barbarico, nonostante la dolcezza che lo ispira.

Il film ruota intorno a un’immagine raccapricciante anche se assai suggestiva: è l’immagine di cento preziosi libri antichi di una biblioteca religiosa, trafitti, violentati da altrettanti chiodi che li conficcano nel pavimento. È una scena bella e dolorosa, di una civiltà ferita, colpita al cuore, con l’anima sanguinante e la mente profanata e immobilizzata al suolo.

Nel film di Olmi l’autore di questo martirio libresco è un giovane professore di filosofia detto Gesùcristo, lettore appassionato, che a un certo punto vuol liberarsi del suo sapere erudito, della sua cultura libresca, per andare a vivere randagio e umile sulle rive del Po, tra baracche abusive. L’idea di liberarsi della filosofia per cercare la vita autentica e il rapporto umano è una scelta all’apparenza generosa e santa.

Frase chiave di quella scelta e di quell’immagine inchiodata ha un sapore evangelico e solidale: tutti i libri letti non valgono un caffè con un amico. Ah, che bella frase, ti viene subito da dire. Ma poi pensi che abissi di barbarie si nascondono dietro quella frase amicale, socievole, così aperta verso il mondo. Per un banale atto conviviale saresti disposto a perdere pensieri, testimonianze, storie, versi, emozioni, solitudini beate che si rivelano consonanze d’anima e di mente? E quando poi l’associ allo scempio dei libri, allora ti assale un vero dolore. Vedi improvvisamente perdersi millenni di pensieri, di poesie, di grandi letterature, di sapienza, barattati per una tazza di caffè con un amico. Magari al bar, magari parlando di calcio, di tette e di vallette, e di altre stupidaggini che però – diamine – sono la vita autentica.

Perché se Olmi vuol richiamarci alla vita vera rispetto alla cultura libresca, allora gli ricordo che questa è la vita di ogni giorno, non la santità dell’agape cristiana. Lo dico anche nel ricordo amabile di un colloquio a cena con Olmi in una splendida masseria e pescheria pugliese. E allora ripensi al messaggio di quel film e alle polemiche che ha innescato contro la Chiesa e ti accorgi di come si possa rovesciare il mondo e far passare un atto barbarico come la distruzione di una biblioteca per un atto d’amore verso l’umanità, compiuto nel nome di Cristo, anzi direttamente da Lui.

E allora vedi come sono strani questi intellettuali laicisti e neoilluministi che accusano la chiesa di coltivare l’ignoranza oscurantista contro la cultura, e poi plaudono a chi baratta la cultura, la biblioteca, il sapere e la filosofia per dialogare con i semplici e gli ignoranti. Dov’è finito il vostro illuminismo, i vostri libri, le vostre accuse alla Chiesa che sovrappone la fede alla ragione e il credere al sapere, se siete disposti persino a elogiare la distruzione di una preziosa biblioteca, solo perché religiosa? Ma non eravate contro i roghi dei libri? Siete diventati improvvisamente populisti e fideisti, seguaci del vox populi vox dei? Non c’entrano i dogmi e i divieti religiosi; qui si tratta di libri, di cultura, di arte, storia e poesia. Non potete definirvi civili se siete pronti a barattare tutto questo per una mangiata in riva al Po in compagnia di simpatici popolani.

Scusate, ma io sono dalla parte del sacerdote sofferente davanti allo scempio della biblioteca che ha amorosamente raccolto e custodito per una vita, come per secoli fecero i benedettini, i domenicani e gli amanuensi, salvando la cultura classica dalla barbarie e dell’incuria. Capisco la crisi del professorino, del Gesùcristo che cerca la vita autentica e la gente umile dopo una vita libresca; ma lasciate che condanni il suo gesto incivile e intimamente egoistico, perché distruggere libri solo perché si è sazi di lettura, significa sovrapporre la propria indigestione all’altrui volontà di sapere, di capire, di leggere. Perché impedire ad altri di vivere e pensare diversamente, di leggere e di amare i libri? In quel libricidio c’è un’intolleranza verso gli altri, non solo gli autori e la Tradizione, ma verso i contemporanei e i posteri.

Lasciate che io dica il contrario: rinuncerei a migliaia di caffè presi al bar scambiandosi banalità con un amico, per la lettura di una sola pagina di Leopardi, Dante o Platone. Ci sono vite intere, vanamente prolisse, che non valgono un verso, un’ispirazione, un ritratto, una sinfonia. Ci sono mucchi di serate stupide passate in compagnia che non valgono l’arte e la poesia di un film di Ermanno Olmi. O di un libro, inchiodato dalla presunzione della vita travestita da umiltà. Anche la crocifissione dei libri è un crimine contro il cielo, la terra e l’umanità. L’anima di un uomo si raccoglie più in un libro o in un film che in una tazza di caffè bevuto insieme ad un amico.

Post Scriptum. Dopo il suo “ultimo film” Ermanno Olmi in realtà ha girato ancora. Vorrei ricordare Torneranno i prati dedicato alla prima guerra mondiale. Spiace dirlo ma un film di tragica monotonia sullo squallore della morte in trincea, dedicato a un aspetto vero, importante e doloroso della prima guerra mondiale. Non discuto ancora la maestria del regista, che amai ne L’Albero degli zoccoli, La leggenda del Santo bevitore e nel Mestiere delle armi; non discuto la sua capacità di esprimere in un film tetro, dalle scene fisse e dalla recita teatrale, lo sgomento per la carneficina e per la sorte corale di morte e degrado. E non discuto nemmeno che quella guerra fu la madre degli orrori del Novecento, dove furono mandati al macello masse di fanti ignari. Ma fu solo quello la prima guerra mondiale, non ci furono soldati che combatterono e vinsero battaglie, giovani eroi e nostri cari che si sacrificarono per l’Italia o reduci che vissero poi fieri di quell’impresa? A questo punto meglio non allestire comitati, celebrazioni e film di Stato per un evento da maledire. Meglio un minuto di raccoglimento anziché ottanta minuti di dolore che suscitano solo un desiderio: cancellare tutto, la storia, gli eroi, l’Italia, l’amor patrio. Alla fine resta solo la Neve e il Nulla. E un messaggio: meglio l’erba che l’umanità.

 

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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