Renzi è la nuova bestia nera

Eccolo, il Puer Maleficus, malvisto ormai dai giornaloni, mazzolato dai magistrati, espulso dal Palazzo come un virus, una minaccia e un corpo ostile. È il nuovo Nemico pubblico e i fabbricanti d’opinione tendono ormai a unificarlo con l’altro Matteo, il Cattivo per eccellenza. È il rovescio della medaglia, nel testa o croce della politica e nel testacoda del potere.

Matteo Renzi il Pakistano fa slalom tra le nomine e le transumanze di parlamentari, si aggira torvo tra i Palazzi della Politica come una specie di folletto malefico e svolazza come un pipistrello o un corvo su Palazzo Chigi; è come Jep Gambardella, il personaggio de la Grande Bellezza di Sorrentino, il suo unico potere è ormai quello di far fallire i propositi altrui.

Sono anni che il ruolo riconosciuto di Renzi è di guastatore, ma i primi tempi apparve l’energetico modernizzatore del centro-sinistra e della politica italiana. Il Puer maleficus cominciò da enfant prodige dichiarando aperta la caccia alle volpi e proponendo la rottamazione, una specie di antefatto del grillismo. Poi mandò fuori strada il leader del Partito Democratico, Pierluigi Bersani e l’intera dirigenza venuta dal vecchio Pci, assumendone il comando con le primarie. Quindi, dopo una finta e celebre rassicurazione (stai sereno), fece fuori pure il premier del suo stesso partito, Enrico Letta, che come lui veniva dalla Dc, ramo sinistri.

Poi il Puer Maleficus provò una mezza alleanza con Berlusconi salvo giocargli un brutto tiro eleggendo al Quirinale Mattarella senza un accordo preliminare. Dopo la sua parabola al governo in cui pretese di stravincere e mettere fuori gioco gli avversari, a cominciare da Massimo D’Alema, Renzi finì ai margini della politica, in minoranza nel partito, di cui poco prima era il trionfante imperatore. Ma sembrò riprendere il suo ruolo la scorsa estate quando, con un colpo da maestro dell’horror più spregiudicato, ribaltò il suo antigrillismo e fece naufragare il progetto salviniano di voto anticipato, condiviso da Zingaretti per liberarsi dai renziani. E riuscì a pilotare il ribaltone di governo con Conte premier in versione opposta a quella precedente e il Pd alleato dei grillini con cui si scannavano fino al giorno prima. Ma il diabolico puer, poco dopo, lasciò il Pd, fondò un suo partito e cominciò il suo pressing, tra minacce e boicottaggi sul governo in carica. Oggi vive tra conferenze, trame e sciate nell’appennino tosco-pakistano ma viene considerato il Nemico Principale del governo giallorosso, il Nemico Personale di Conte premier e l’Alleato Occulto di Salvini, di cui condivide molte cose, a partire dall’anticontismo e dal bullismo, meno la voglia di andare al voto.

La novità però è che ormai l’establishment lo ha scaricato, i media lo hanno abbandonato, lo considerano un pericolo e una calamità, lo trattano come una variante specchio dell’altro Matteo. Il Palazzo preferisce il Pd seppur nello stato pietoso in cui è ridotto, e preferisce perfino l’alleato grillino a Renzi, anche perché i suoi numeri sono troppo esigui. Il Potere scommette su Giuseppi Conte, diffida del puer maleficus, nonostante si debba a lui se il Pd ha ripreso potere e ossigeno, se Conte è rimasto in piedi con l’ambaradan e se Salvini non è stato ancora incoronato dalle urne con i sovranisti. Lo reputano il nuovo Machiavelli, metà volpe e metà lione, tosco e losco, ma di machiavellico Matteo ha solo la perfidia, le orecchie appuntite da star trek, e forse l’araldica malefica: Machiavelli derivava da “Mali clavelli”, i mali chiodi che misero in croce Cristo.

Non ha consenso elettorale, Renzi e non accenna a riprenderselo, non incanta più la sua fluente e brillante parlantina, anzi crea fastidio e insofferenza; e non ha agibilità politica perché è visto con diffidenza da tutte le forze in campo, che temono di vedersi rifilare un pacco dal cinico fiorentino. Però fino ha conservato intatto il potere di far fallire le altrui imprese. Oggi, riconosciamolo, è l’unico che potrebbe mandare a casa il governo Conte, salvo i nuovi scilipoti pro-governativi, stavolta elogiati dai media come responsabili. Lui può risanare questa anomalia assoluta e imbarazzante del governo voltagabbana, nato dalla sua stregoneria, ripristinando la democrazia e soprattutto la dignità della politica. Ma non vuole andare al voto che per lui sarebbe un massacro. Chiede piuttosto un altro governo e altro tempo. Somiglia fisicamente al jolly delle carte, ed è in effetti la matta, la carta a sorpresa che può riaprire i giochi e rimescolare il mazzo. Il fatto è che qualunque genialata abbia in mente, può servire a uno scopo distruttivo ma non serve a ripristinare il circuito di fiducia, consenso e potere intorno a lui. È così condannato solo a produrre malefici.

Nello scacchiere politico l’unico gioco tattico che gli resta a disposizione è col centro-destra ma in un’intesa con lui i malefici supererebbero i benefici. Se Salvini seguisse Verdini e Berlusconi nell’ipotesi di un’alleanza con lui, perderebbe voti a rotta di collo, e probabilmente a incassarli sarebbe la Meloni che stando fuori da un accordo con Renzi, si salverebbe l’anima, la faccia e il grosso dei voti destrorsi. D’altra parte, finché non trova requie la variabile impazzita del quadro politico, ovvero finché Renzi non trova una decente collocazione o non viene sedato dal regime e costretto con la camicia di forza, non sembra possa accadere nulla di diverso da quello che già accade. Solo vuoti d’aria e turborenze…

E così si va avanti, tra una minaccia, una rissa e una tregua armata, finché non esplode la miscela. Del resto se l’unico scopo di Renzi è far fallire Conte, l’unico scopo del governo non è governare ma durare. Il male contro il peggio.

MV, La Verità 20 febbraio 2020

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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