I sette vizi capitali di Natale

Ci dev’essere un motivo se il simbolo più comune per significare il Natale profano sono le palle. Questo buco vacanziero di due settimane in piena attività invernale oscilla tra la noia e il fastidio, l’agitazione e lo spreco del tempo in una serie di esercizi inutili, grotteschi e dispendiosi.

A Natale spendiamo di più per vivere peggio, per mangiare come bestie, per regredire nei giochini stupidi, per scambiarsi pacchi superflui, per incolonnarci nel traffico e gremire i marciapiedi, per trascorrere ore infinite con persone che mai vorremmo incontrare nella vita quotidiana o per soffrire il gelo in montagna, il disagio in aeroporto, la ressa al ristorante, la fila in autostrada, o per svenarci con l’agenzia di viaggio che ci promette paradisi a orologeria.

Sogno d’essere ibernato da oggi al 6 gennaio, di entrare in un dolce coma natalizio e svegliarmi direttamente a incubo festivo finito. Stavolta non vi dirò, come altre volte, del Natale dell’infanzia e della tradizione, ma di quella festona lunga e larga che ne ha preso il posto. E che somiglia dappertutto.

Ecco i sette vizi capitali del Natale.

1) Vizio primo, regalare

Vizio primo, regalare. Il regalo natalizio è una forma organizzata di sado-masochismo. Regalando fai del male al prossimo perché costringi l’altro a ricambiare e a sentirsi grato e debitore; e perché ingombri la sua casa, il suo guardaroba, la sua mente, con un oggetto indesiderato, se non detestato (salvo i libri, benemeriti).

Le cose ci sommergono; il regalo migliore sarebbe eliminare il superfluo. Regalando fai del male anche a te, perché perdi tempo e denaro, sprechi risorse e le fai sprecare. Capisco il regalo come vendetta, quando vuoi far del male a qualcuno. Ma l’industria del superfluo rende il regalo l’ornamento della stupidità propria e il coronamento di quella altrui. Natale è l’orgia del Dono Molesto.

2) Vizio secondo, travestirsi

Vizio secondo, travestirsi. A Natale peggiora l’arredamento domestico, gravato di una serie infinita di porcherie lampeggianti, di fronzoli stucchevoli, di fregi e campane di fastosa cafoneria. Ma a volte peggiora anche il vestiario perché trasforma le persone in alberi natalizi ambulanti, babbi natali in borghese.

Ci attrezziamo di tovaglie rosse, cappucci rossi, mutande rosse che secondo i superstiziosi portano bene, se indossate tra Natale e Capodanno. Vedi certe bestione con glutei sterminati che comprano slippine rosse che rendono in technicolor la loro cellulite, sottolineando le deformità. Il kitsch si abbatte sulle abitazioni: le case natalizie sembrano abitate da cartoni animati, non da persone; da volgari emiri e da sontuosi buzzurri.

Natale è il trionfo del pacchiano. Le luci a intermittenza ipnotizzano e atrofizzano i cervelli, donando agli abitanti un’aura natalizia di amletica demenza.

3) Vizio terzo, abbuffarsi

Vizio terzo, abbuffarsi. Ma perché si deve festeggiare Gesù Bambino con la sovralimentazione e l’obesità? Qual è il nesso simbolico e religioso tra la preghiera e la panza, tra la Madonna e il capitone, tra San Giuseppe e l’abbacchio, tra la Natività e il torrone, tra i re Magi e il panettone? Perché regredire al rango di bestie fameliche in un giorno mite e pacioso, mistico e spirituale?

A Natale piovono vagoni di fichi secchi, datteri farciti, cioccolate travestite in tutti i modi, perfino pandori e panettoni manipolati geneticamente e diventati dei garage di ogni stomachevole crema, cioccolato, tiramisù…Non l’abete ma il diabete è l’albero di Natale; il presepe di colesterolo, l’avvento magico dei trigliceridi, stella cometa che segnala l’infarto…

4) Vizio quarto, la strenna

Vizio quarto, la strenna. C’è un vero e proprio racket famigliare per estorcere le strenne. Un tempo l’estorsione avveniva con una parvenza di ricompensa; ad esempio per la letterina di Natale, messa sotto il piatto e sigillata con una ceralacca involontaria di ragù.

Si promettevano bontà inattendibili e si augurava ogni bene per ricevere denaro; oppure si recitavano poesie di Natale salendo sulla sedia e i nonni, i genitori, gli zii per complimentarsi o semplicemente per far cessare il tormento, pagavano la creatura.

Ora la strenna viene quasi accreditata automaticamente sul conto del piccino che non deve fare alcuno sforzo per attingere al finanziamento; gli tocca. La strenna è una tassa da pagare in tre scomode rate: Natale, Capodanno e la Befana. E’ inutile dire che la Befana e Babbo Natale non sono più le allegorie del Dono ma solo nomi d’arte che assumono queste losche operazioni finanziarie. La strenna è il frutto malefico di un bonifico. Contanti auguri.

5) Vizio quinto, l’apparentamento

Vizio quinto, l’apparentamento. Un tempo i cugini e gli zii erano realtà viventi, affetti quotidiani. Oggi sono fantasmi domestici evocati in presenza dei nonni ma rimossi nella vita; riappaiono solo per le feste comandate, come una specie di coscrizione obbligatoria. Natale è un obbligo di leva famigliare.

La famiglia per un giorno si allarga e vive con esaltante disagio la coabitazione di individui, branchi, abitudini, linguaggi differenti. Arriva il cugino da lontano, arriva la zia che non vedi da vent’anni, arriva il nipote che coglie a pretesto il Natale per appoggiarsi dai parenti e incontrare in città la gnocca conosciuta in vacanza.

E allora a Natale si celebra il festival degli equivoci, ognuno si festeggia addosso e finge di farlo con gli altri; si parla del più e soprattutto del meno, si ascolta assordante musica da Natale e si accenna pure a un pietoso giro di tombola o a un penoso mercante in fiera, per accontentare vecchi e bambini, visibilmente seccati e distratti. A Natale si diventa più buoni, per essere autorizzati dal giorno dopo a farsi più cattivi.

6) Vizio sesto, il cinema

Vizio sesto, il cinema. Chi va al cinema solo a Natale danneggia il cinema più di chi non ci va mai. Perché lo degrada a luna park e a parcheggio natalizio, lo riduce a evento eccezionale, premia i film peggiori, va in sala al puro scopo di digerire, di “appapazzarsi” o sospendere le penose conversazioni finto-affettive, si ingozza di risate grasse e fesse, si imboldisce e si indesica (voci derivate da Boldi e De Sica) o si eccita con le solite bonazze natalizie che puttaneggiano nei film sotto l’albero.

Il cinema diventa solo la dilatazione della tv spazzatura, la continuazione del circo con altri mezzi; a questo punto meglio la rozzezza naive del circo con la sfilata di pagliacci ed elefanti, acrobati e scimmie, domatori e leoni dopati.

7) Vizio settimo, la Vacanza

Vizio settimo, la Vacanza. Ah, i viaggi esotici o sui surrogati; il miglior modo per fuggire Natale e viverlo come un Ferragosto. L’idea di fuggire da casa è stravolta dalla agenzie di viaggio che ti portano in luoghi frequentati praticamente solo da italiani, o peggio da gruppi di concittadini.

Come dice il poeta Kavafis, fuggi pure dal tuo paese natale, non ci riuscirai, il tuo paese ti verrà appresso…

MV

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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