Tanto sangue per nulla

Cinquant’anni fa, come oggi, con l’uccisione del poliziotto Antonio Annarumma da parte dei manifestanti anarco-comunisti, cominciarono gli anni di piombo. Poi il 12 dicembre del ’69 entrammo nell’inferno. Un lungo, macabro tunnel da cui uscimmo, e non del tutto, solo dieci anni dopo. Furono detti Anni di piombo. La violenza diffusa nella società e nella politica si fece agli estremi lotta armata e stragismo. Il terrorismo rosso nasceva come rivalsa di due rivoluzioni incompiute, la guerra di Liberazione e la rivolta del ’68. La prima riteneva di avere sconfitto il fascismo ma aveva lasciato al potere il capitalismo, l’imperialismo Usa, la borghesia, il clerico-fascismo. Il ’68 stava cambiando i costumi e la cultura, ma non gli assetti politici, economici e sociali. La lotta armata era il taglio cesareo per mettere al mondo la Rivoluzione.
Il terrorismo nero è gemello eterozigote del terrorismo rosso; nasce dal tentativo di suscitare una controrivoluzione preventiva o un golpe, contro la minaccia del comunismo e la decadenza della civiltà. Cerca d’infiltrarsi nei gangli dello Stato ma di fatto viene usato dai servizi segreti, deviati e non solo. In certi casi diventa atto finale e solitario di nichilisti disperati.
Precursore del terrorismo rosso e nero fu il terrorismo di matrice anarchica, accusato in un primo tempo della strage di Piazza Fontana, che compiva attentati dal valore simbolico, a partire dal regicidio di Umberto I.
Il terrorismo d’estrema sinistra fu per anni negato come tale, e fu comunque separato da ogni legame con la sinistra, i suoi partiti, il sindacato. Il terrorismo d’estrema destra servì invece per criminalizzare e ghettizzare l’intera area di destra, Movimento sociale in testa.
Quale fu l’humus ideologico e psicologico del terrorismo? Le persone, i popoli, la vita reale non contano; valgono solo le categorie generali, le classi di appartenenza, i simboli, le ideologie. La Rivoluzione come catarsi e salvezza.
A cosa servirono di fatto quelle uccisioni e quelle stragi? Non certo alla rivoluzione o alla controrivoluzione ma alla conservazione degli assetti di potere. Il terrorismo voleva destabilizzare il sistema ma diventò uno strumento di stabilizzazione. Avvelenò ogni alternativa al sistema, rafforzò lo status quo. Ne derivò un messaggio implicito: meglio i corrotti e gli incapaci che i terroristi e i violenti. Criminalizzate le ali estreme e svaniti i sogni di golpe o rivoluzione, il Paese si ritrasse spaventato dalle utopie radicali e sentì il bisogno di sicurezza. L’Italia si fece più conformista, più vigliacca, chiusa nel privato.
Ma qualcosa d’inspiegato rimase nell’aria. Qualcosa d’indicibile, perfino più misterioso dei misteri che rimasero sulle stragi. Il sottofondo di quel clima fu la percezione che il mondo stesse cambiando, che la società prosperosa e spensierata stesse finendo, che una rivoluzione, un golpe, un mutamento epocale fosse alle porte. E una guerra ci mancava da troppi anni…
Da quegli anni spezzati e insanguinati non uscì un’Italia migliore: la violenza dei fanatici e la paura dei benpensanti confluirono nel nulla cinico e gaudente, individualista e benestante degli anni ottanta. E venne il Riflusso.
MV, Panorama storia