L’amore è legame e destino
Intervista di Felice Massimo Di Falco per la Ragione
Marcello Veneziani, è uscito da poco il suo ultimo libro L’Amore necessario, edito da Marsilio. C’é largo abuso della parola amore, la si applica un po’ superficialmente in ogni area della vita, specie quella sentimentale. Qual è la sua idea di amore, quella forza che muove il mondo?
L’amore di cui scrivo è la forza che muove il mondo e che si esprime in nove gradi che toccano la vita, il rapporto amoroso, la famiglia, la patria, il cosmo, la filosofia, Dio, il fato. Amore è connessione, attrazione e dedizione, slancio.
L’amore è un’entità libera, fluida, universale?
Ma quando scende dall’astratto al concreto si fa necessario, vincolante, particolare; diventa predilezione, prossimità e costanza.
Qual è la differenza tra il concetto mainstream di amore e il “suo amore necessario”
Viviamo nell’epoca del disamore che si trincera dietro surrogati astratti di amore, come quello generico per l’umanità, salvo non curarsi di chi ti sta vicino. E siamo nell’epoca dell’amore libero, da destino e legami. Ma non esiste amore senza legame ed ogni vero amore si inscrive in un destino o aspira a un destino. Questo è L’amore necessario.
Intanto avanza senza ostacoli il cosiddetto Umanesimo 4.0, l’era della tecnologia artificiale che abbranca la libera espressione umana e la seppellisce. Come ci si sottrae a questa morsa?
L’intelligenza artificiale può essere una conquista o un’alienazione, in partenza è ambo le cose ma se non si è capaci di spirito critico, di intelligenza del mondo e di amore diventa un pericolo mortale. Il punto di partenza per addomesticare l’IA è sapere che non genera amore semmai la sua azione può essere generata dall’amore, ispirata e orientata dall’amore.
La deriva conseguente è il parto di un’era narcisa, egotica, autoreferenziale. L’uomo é ancora in tempo per “guarire”?
Non mi avventuro in previsioni, dico che è necessario cambiare lo sguardo verso la realtà e regolarsi di conseguenza; l’amore narcisistico verso se stessi è la negazione dell’amore che è sempre un oltrepassare l’io.
Lei descrive nel libro nove gradi dell’amore: qual è quello più sbiadito oggi?
È una filiera organica e se sfili un grano della collana poi a uno a uno si sfilano tutti e si disperdono nel nulla.
L’amore è una ricerca interiore costante o una dote innata dell’uomo?
È un bisogno costitutivo dell’uomo ma non solo: è la forza che muove l’universo, lo connette, genera attrazione. L’amor che move il sole e l’altre stelle…
Cosa ostacola l’uomo al raggiungimento di questa sorta di zenit?
La convinzione che ci salviamo tenendoci il più possibile tutto ciò che abbiamo; invece l’amore è uno sporgersi, dedicarsi, “io ho quel che ho donato”.
Amore per la vita vuol dire accettazione del dolore come volontà divina?
È umano cercare di evitare e alleviare il dolore; ma una volta che accade e non possiamo far nulla o poco per fermarlo, si deve trovare la forza di accettare la sorte, fino all’amor fati. In questo la religione è un prezioso supporto.
Lei afferma che bisogna avere amore per il destino. Siamo alla confutazione dell’homo faber?
Appunto, dicevo amor fati. Non è fatalismo, rinuncia, rassegnazione a priori, ma è amare ciò che è, voler bene alla realtà, accettare i verdetti della vita, non consegnarsi a priori a tutto quel che succede.