Veneziani: «Salvini-Meloni? Alla destra non bastano i leader televisivi»

Nonostante i successi di Trump e Le Pen, in Italia quell’area politica fatica a farsi riconoscere, fra le sirene grilline e i voltafaccia berlusconiani. Secondo lo scrittore, bisognerebbe smetterla di cercare l’uomo della provvidenza e creare spazi di cultura politica

Un leader della destra italiana? “Se c’è, non ce ne siamo ancora accorti”. Marcello Veneziani, giornalista e scrittore, è annoverato fra gli intellettuali di destra con un occhio spesso critico sulla quotidianità della politica nostrana. Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che domani saranno in piazza a Roma per chiedere le elezioni anticipate, sono a suo avviso delle “leadership televisive” deboli. Eppure, mai come in questo periodo di “rigetto della globalizzazione” la domanda è forte, in quell’area politica.

Come lo è stata nell’America che ha eletto Donald Trump. E com’è nella Francia che voterà per Marine Le Pen. “Da noi putroppo – afferma Veneziani in quest’intervista a Linkiesta.it – la politica si è ridotta alle solite quattro facce: Grillo, Salvini, Berlusconi, Renzi. La destra non deve invece più partire da un capo carismatico, da un uomo della provvidenza. Ma deve partire dal programma, dal gruppo, da un’aristocrazia da cui poi far emergere un primus inter pares“.

Veneziani, che destra c’è oggi in Italia?

l problema sta nella premessa: non sappiamo a che cosa si riferisca il termine destra. In piccolo, è un riferimento al partito di Fratelli d’Italia e alla Meloni. Se è un riferimento più ampio, si tratta dell’asse con la Lega di Salvini ma senza Forza Italia. In un riferimento più largo ancora, è invece il vecchio centrodestra con anche Berlusconi. Sono, insomma, tre ambiti diversi.

Mettiamola allora così: esiste una proposta politica di destra, in Italia?

Prima che di una proposta, c’è l’esigenza di un’offerta che sia riconoscibile. Altrove c’è stata l’affermazione di movimenti come quello della Le Pen o di Trump. Anche in Italia c’è questa esigenza, ma non viene canalizzata. In parte lo fa l’atteggiamento protestatario del Movimento 5 Stelle, che però è un’altra cosa.

La destra che scende in piazza a Roma per chiedere elezioni vede schierati la Meloni, Salvini, Toti, ma è uno schieramento di cui si fa fatica a stabilire dei contorni.

Perché non c’è un leader riconosciuto da tutti. Ci sono due, tre leader che si mettono insieme per invocare la nascita di un soggetto politico. Questa è una delle loro debolezze, un limite su cui fa perno Berlusconi, per cercare di rendersi attrattivo verso un elettorato che però gli ha voltato le spalle. Berlusconi, rispetto alla destra, è fuori gioco, non intercetta o non vuole intercettare il disagio europeo. Ha abbandonato i temi del populismo e si appresta all’abbraccio con Gentiloni e l’altra parte politica.

Ma che cosa manca, secondo lei, a Salvini e Meloni?

Sono due leadership esclusivamente, o quasi, televisive. Bucano il video, fanno circolare le loro opinioni, ma non esprimono un ambiente di destra. Poi hanno un limite territoriale. Salvini riscuote simpatie, ma non scende oltre il centro-sud Italia. La Meloni, specularmente, non sale oltre il centro-nord. Manca la percezione che ci sia un movimento nazionale e popolare che non si esprima soltanto in tv. Non c’è niente intorno.

Intende dire che non esiste un pensiero politico di destra?

Che il pensiero non sia etichettato come di destra o di sinistra è un bene. Quel che non c’è, è una cultura politica. Non ci sono gruppi, non ci sono laboratori, non ci sono spazi di discussione per elaborare un pensiero politico.

Sicuramente, però, c’è la gara a copiare i successi di altre esperienze politiche all’estero, uno scimmiottare i percorsi di Trump e della Le Pen...

No, non parlerei di scimmiottamento. Perché questi fenomeni ci sono sempre stati ed è normale che ci siano. Si potrebbe, per esempio, dire la stessa cosa dell’obamizzazione della sinistra. Quando ci sono modelli positivi, si tende sempre a importarli. E’ diverso il discorso. In questo caso, non c’è dubbio che ci sia una consonanza reale fra queste realtà politiche di destra, che intercettano l’epoca del rigetto della globalizzazione e di un’Europa che manca di un elemeno comunitario.

Si parla quasi sempre di due temi, moneta e immigrazione. Può bastare?

Ce ne sono altri, di temi, oltre a questi due. Uno è il protezionismo, inteso non come chiusura di un’economia globale ma come compensazione dei suoi eccessi: chi tiene agli interessi nazionali si deve attivare, per esempio, per tutelare la propria economia. La priorità nazionale, l’America first di Trump, serve. Quindi è utile avere dei confini, naturali e culturali. Poi le potrei citare i temi etici, le politiche di difesa della famiglia, tante cose insomma.

Parliamo di scenari. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha riscritto la legge elettorale, la ricomposizione del quadro politico italiano è più vicina, secondo lei?

Penso che quella sentenza non abbia fatto fare un passo avanti ma nemmeno uno indietro. Forse uno di lato. Può rallentare il cammino verso le elezioni, come può accelerarlo. Quella sentenza ci ha lasciato al punto di partenza…

Ma se si andasse a votare con un sistema proporzionale, dopo le elezioni ritiene fattibile un matrimonio fra la destra di Lega-Fratelli d’Italia e il Movimento 5 Stelle?

No, è solo un buon deterrente, uno spauracchio da agitare verso i possibili alleati. Non mi pare un accordo praticabile: un movimento come quello dei 5 Stelle si spaccherebbe, se facesse alleanze. A destra come a sinistra.
Veneziani, alla fine chi può essere quindi il leader riconoscibile di questa destra italiana?

Intanto, le rispondo che se questo leader c’è, non ce ne siamo ancora accorti. Come le dicevo prima, non c’è un leader riconosciuto da tutti. E la politica purtroppo si è ridotta alle solite quattro facce: Grillo, Salvini, Berlusconi, Renzi. Credo che ci debba essere un’originalità della destra. La destra non deve più partire da un capo carismatico, dall’uomo della provvidenza. Ma deve partire dal programma, dal gruppo, da un’aristocrazia da cui poi far emergere un primus inter pares. Prima la sostanza, poi il leader.

Articolo ripreso da Linkiesta

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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