I Draghi dopo i mostricciattoli

mario draghi

Da domani faremo il punto sulla situazione e poi sull’arrivo di Mario Draghi. Soluzione inevitabile dopo Conte e la marmaglia grillosinistra, purché non sia un governo politico di ammucchiata ma un governo di alto profilo, autorevole e distinto dai partiti. Poi il voto. Già due anni fa su La Verità prevedevamo: “La ricetta grillina in economia, così velleitaria e così fallimentare, ci porta diritti a un governo tecnico tipo Draghi”. Draghi è stato un efficace presidente della Bce, ha tolto le castagne dal fuoco e ha saputo dire di no alla Germania e si è inventato un piano Marshall finanziario per sostenere gli stati, l’economia e sorreggere le banche (come il quantitative easing). Intanto ripeschiamo un ritratto di Draghi del 2005, prima che governasse la Banca d’Italia e la BCE. Oggi nella situazione eccezionale in cui siamo, Draghi è una scelta necessaria ma vogliamo ricordare il passato, non per polemica ma solo per la verità storica.

Mario Draghi è un britannico nato per caso a Roma. Sir Drake, come il celebre pirata che faceva scorribande nel nome della Corona. Draghi/Drake vive e prospera a Londra, ed è vicepresidente della Goldman Sachs. Dovete sapere che questa finanziaria ha avuto ai tempi della privatizzazione in Italia, alla caduta della prima repubblica, un ruolo primario. Fu la prima banca d’affari internazionale che aprì in vista della svendita in tranci del nostro paese sfinito dalla crisi, una sede a Milano e diventò presto operativa sul nostro territorio. Forte e ramificata nell’entourage dei presidenti americani, da Clinton a Bush, nonché benvoluta dalla Regina d’Inghilterra, la Goldman Sachs per tentare la scalata in Italia e piazzarsi come consulente principale del governo Amato nella privatizzazione made in Italy si avvalse di manovalanza locale: tra cui un certo professor Romano Prodi che diventò senior partner del gruppo e convinto privatizzatore dell’industria pubblica del nostro paese, che pure aveva avuto in lui uno dei principali dirigenti e responsabili.

Incontriamo per la prima volta il nome di Mario Draghi associato alla Goldman Sachs su uno yatch il 2 giugno del 1992. È una storia curiosa che merita di essere rispolverata. É la Festa della Repubblica italiana e viene ucciso il giudice Falcone; a bordo di uno yatch Britannia di Sua Maestà alcuni signori della Finanza decisero di far festa alla repubblica italiana stabilendo le linee maestre della privatizzazione. È curioso che questa decisione che riguarda l’economia del nostro paese non avvenga nelle sedi istituzionali e in territorio italiano: ma su una nave che batte bandiera britannica. C’erano grandi operatori delle principali finanziarie internazionali e alcuni esponenti italiani, dirigenti di società pubbliche, enti e banche; tra questi c’era Mario Draghi direttore generale del Tesoro. Il ricordo non è nitido, ma mi aiuta l’archivio de L’Italia settimanale, il periodico che all’epoca dirigevo e che pubblicò in solitudine, il 3 febbraio del 1993, con molti particolari mai smentiti, l’incontro sul Britannia. Alcuni italiani imbarcati e partecipi all’incontro, tra cui lo stesso Draghi, tennero allora a precisare che c’erano stati, ma erano scesi subito dalla barca, non si erano trattenuti più di una giornata o mezza. Ma nessuno li accusava di aver fatto una crociera a sbafo; ben altre erano le ragioni di curiosità e anche mezza giornata era sufficiente per alimentarle. Se è vero che furono stabilite in quella sede linee d’azione e addirittura protocolli d’intesa, converrete la stranezza marinara della prassi. Si può ben dire che la svendita dell’economia italiana, giusto nell’anno di Tangentopoli, fu un atto di pirateria internazionale. Non a caso avvenne in nave.

Dopo quell’incontro avvennero alcune scelte importanti, non solo di cessioni e mutamenti d’indirizzo. Ci fu ad esempio la svalutazione della lira che di fatto risultò un comodo affare per le finanziarie di Wall Street; all’epoca fu notato che per gli acquirenti internazionali il malloppo italiano diventò meno costoso del 30%. Svendita di alcuni pezzi forti della nostra economia di Stato. La carriera politica di Prodi nasce tre mesi dopo l’incontro sullo yatch Britannia quando in un convegno del 30 settembre in Assolombarda, fa outing e suggerisce, lui bojardo di Stato, di cedere anche le banche d’interesse nazionale e di privatizzare tutto. Intanto le grandi agenzie internazionali provvedevano a declassare il nostro paese, favorendo non la vendita ma la svendita dell’azienda Italia.

Gli omoni che avrebbero potuto opporre resistenza erano in un mare di guai. A cominciare da Bettino Craxi. La mafia colpiva e l’emergenza aveva portato a convergere di corsa su Scalfaro al Quirinale…Insomma, eravamo in ginocchio. Quell’inchiesta ebbe uno strascico strano sulle pagine finanziarie dei grandi giornali e in Parlamento. È curioso notare che i parlamentari che fecero interrogazioni su quell’inchiesta e chiesero notizie, non furono più ricandidati. Uno di loro fu Michele Rallo di An, all’epoca deputato e componente della commissione parlamentare finanziaria, che poi ne scrisse un libretto. Si vede che occuparsene portava sfiga”.

MV, Il Giornale dicembre 2005

 

 

 

 

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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