La musica salverà il mondo

muti

La musica è figlia soprannaturale di ordine e bellezza che insieme fanno armonia. La musica salverà il mondo. Come la bellezza, e non solo per una ragione estetica o esistenziale, ma per una sua misteriosa virtù terapeutica. Anzi la musica lo sta già salvando. La musica cura la mente ferita perché parla un linguaggio sorgivo che precede i nessi logici e i processi cerebrali, muove corde originarie. Cura i malati di mente e di corpo, i disturbi autistici, le demenze e altre distonie col mondo. E aiuta a uscire dal coma, come è accaduto in alcuni casi già noti. Sulla scia degli dei e della tradizione orfico-pitagorica, la musica accompagna l’armonia delle sfere celesti e raggiunge la mente nostra, anzi è forse l’unico vero ponte invisibile che scorre dall’infinito all’animo umano. È musicale l’anima mundi e la musica stessa è reminiscenza, la sua fonte è nell’iperuranio.

Il grembo materno, come i fondali marini, è la prima grande orchestra dove non c’è un solo attimo di silenzio e dove la musica è il pulsare stesso della vita. Vi è pure un genere musicale che ha assunto il nome abbreviativo di anima, soul. Nulla ti dicono le piste del sogno? Le vie dei canti sono le impronte sonore lasciate dagli antenati per ritrovare l’origine e per tornare al luogo del concepimento, dov’è custodita la scatola nera della tua essenza. Perché il ritorno, spiega l’irrequieto, offre una pienezza di senso che il solo andare non ha. Il ritorno è la risposta alla nostra irrequietezza. Secondo i primitivi, gli uomini in viaggio lasciano scie di canto, di cui talvolta cogliamo l’eco. Un canto li guidava a compiere migrazioni lontane; e per tornare si doveva cantare al contrario. Le parole e il significato dei canti erano tutto quello di cui avevano bisogno per viaggiare ovunque. Erano i canti a trovare le balene da mangiare e a riportare poi i balenieri a casa.

Il canto indica la via per andare e poi per tornare all’origine. Uomini afflitti da devastanti amnesie e sindromi rare hanno recuperato la loro vitalità, la loro felicità e la loro lucidità suonando, cantando o danzando. Conosci tenere storie di anziani, anime disperse, menti perdute che si sfaldavano giorno dopo giorno ma che si rifugiavano nella musica così recuperando vita, lucidità e manualità. La musica come esile filo d’Arianna per restare nella realtà e nel mondo; ma al tempo stesso la musica come via d’uscita e di trascendenza, per accedere a un altro mondo in un aldilà invisibile. I paradisi della musica vanno a orecchio.

Ogni malattia – diceva il poeta dell’anima – è un problema musicale, ogni cura è una soluzione musicale. Ti ricordi del Filosofo Pazzo ormai in preda alla follia, al mutismo e alla paralisi, che però improvvisava al pianoforte? E il musicista che compose il suo Bolero in fase di avanzata demenza? Era segno di divina mania quella ripetizione ossessiva in crescendo come un mantra, che poi sarà il suo punto di più alta fascinazione. E ricordi la confessione del Capo rivoluzionario russo? Non posso ascoltare la musica -diceva Lenin- Agisce sui tuoi nervi, ti vien voglia di dire delle sciocchezze e di carezzare gli uomini che, vivendo in un sudicio inferno, seppero creare tanta bellezza. E oggi non puoi carezzare nessuno: ti divorerebbero la mano. Bisogna picchiare sulle teste senza pietà, sebbene il nostro ideale sia di non usare la violenza contro nessuno. Il nostro mestiere è diabolicamente difficile, concludeva. Diabolicamente, vero, mentre alla musica si addicono gli angeli. Il rivoluzionario si confessa davanti alla musica, levatrice di verità. Certo, mi dirai, la musica ha prodotto anche invasamenti furiosi e deliri satanici, ha accompagnato stati di allucinazione ed eccitazioni bellicose, si accompagna ad altre trasgressioni di alcol e droga.

Ma quando vedi quei malati risorti tramite la musica, la danza o il canto, quando leggi di quel vecchio padre o del filosofo pazzo, divorati dalla demenza e ormai inerti che rispondevano solo alla musica piangendo, ti chiedi davvero quali corde profonde vada a toccare la musica, e se non siano proprio quelle dell’anima. E quali dei, quali angeli custodi riportino a casa quelle menti disfatte lungo la via dei canti. Se l’anima vibra le corde del corpo, procura salvezza.

MV, Anima e corpo, Mondadori, 2014

 

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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