Letta sarà il nostro Micron

macron letta

Enrico Letta è il trattino di congiunzione tra Sergio Mattarella e Mario Draghi. Metà democristiano e metà tecnico, Letta impersona l’anello mancante al disegno evoluzionista o involuzionista del suo partito, tra la sinistra e l’eurocrazia. In passato fu l’anello di congiunzione tra Gianni Letta e Romano Prodi.

Il primo problema per lui è stato quello di cancellare l’immagine del professorino, garbatino e sfigatino, che sta sereno e rassegnato a passare campanelli di comando ad altri; moderato per indole, famiglia e corso di studi. Infatti si è presentato senza cravatta per farsi sbarazzino e ha sparato subito due cose scapigliate che contrastano con la sua immagine vecchigna e compassata: ha detto largo ai giovani, inteso come ius soli e voto ai sedicenni. E delle due la seconda mi è parsa perfino peggiore della prima. Gli manca solo un tatuaggio dark sulla carotide per smentire il suo curriculum e la sua immagine canonica. Ha usato toni da decisionista per far dimenticare la prudentocrazia di cui è stato flebile portavoce negli anni scorsi, travolto dal ciclone Matteo.

Voleva inoltre dimostrare di non essere stato catapultato come un notabile e un meteorite, cooptato dagli arconti, alla segreteria del Pd; ma di sgorgare fresco fresco dar core antico der valoroso popolo de sinistra: perciò si è fatto prima un bagno sezionale di umiltà nella sezione der Testaccio, in modo da farsi vedere con la mitica Base, quattro gatti in padella, per darsi l’ombra di un’investitura popolare. Più naturalmente il rito antico dell’edicola votiva antifascista.

Il suo modello di riferimento più prossimo e vigente è Macron, ma senza la grandeur francese, con l’umiltà e la sobrietà del moderato progressista pronto a morire per Maastricht, come titolava un suo pamphlet. Trattandosi dunque della versione ridotta del presidente francese, lo chiameremo Micron (evitiamo invece la pur pertinente definizione di Mignon che a Parigi ha un senso ma a Roma ne evoca un altro, assai insolente). Micron fu pure la sua esperienza di governo, piuttosto scialba e inattiva; ma anche in quel caso Letta fu il corridoio tra i tecnici montiani e il ritorno della politica. Figura di transito prima che di transizione. Circola una foto di Micron giulivo a tavola con Macron; il pisano ha un cartellino al collo, come accade ai congressisti e agli oggetti appena comprati, col prezzo ancora appeso.

Letta ebbe per padrino Andreatta, catto-tecno-democristiano d’indubbio prestigio; ha per zio il Cardinale in borghese Gianni Letta, maestro di curia e cerimonie e ha per suocera il Corriere della sera, avendo sposato una sua figlia redattrice.

A favore di Letta ci sono da dire un paio di cose. È una persona per bene, almeno così ci è parso finora, piuttosto corretto nei rapporti politici e misurato nel linguaggio e nel comportamento. E innalza la media assai scadente dei leader ignorantoni che guidano la politica allo stato attuale. Pure il suo predecessore, brav’uomo sempre ridente, era piuttosto mediocre e non solo perché il suo titolo di studio fosse quello di odontotecnico. Con Letta si ha la conferma che siamo entrati nella fase della serietà, inaugurata dall’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi al posto di un nullivendolo vanitoso e logorroico. Un fatto positivo, c’è da rallegrarsi.

Che poi abbia propositi un po’ diversi dai nostri, non c’è da imputarglielo, è stato lanciato in orbita per guidare il Pd, mica il centro-destra. Non facciamo come quelli di sinistra che vorrebbero stabilire loro come dev’essere un leader di destra. Semmai possiamo notare che Letta non rappresenta, al di là dei suoi apprezzabili tentativi, la storia, la cultura e l’ideologia del mondo di sinistra. Ma non si sa mai, a volte la funzione sviluppa l’organo.

Fatta questa premessa, e distinta la persona rispettabile dal suo ruolo politico, veniamo però a porci la questione: che significa una sinistra guidata da un non leader di una non sinistra, peraltro non eletto da un congresso? Che significa avere alla guida della sinistra un flacone sterile che si è scelto pure dei vice che nulla hanno a che vedere con la tradizione sinistro-comunista? Che vuol dire un segretario senza carisma né appeal politico, benché visibilmente cresimato e laureato, che viene dalla Trilateral e dall’Aspen? Si crede davvero che potrà trasformare, come lui ha promesso, il partito del potere, quel partito-establishment che, come lui stesso giustamente ha ammesso, si è posto in questi anni come una sorta di Protezione Civile, da tenere comunque al governo per impedire l’arrivo di calamità naturali e popolari, in un partito a sua volta popolare, alleato ai grillini populisti, benedetto dal Papa populista, e aperto al populismo verde-Greta?

O la sinistra sarà solo usata come una cipria per imbellettare con una pallida ombretta rossa un partito che in realtà è solo l’esecutore testamentario dell’Europa, che da Paolo Gentiloni a David Sassoli non ha altro dio all’infuori di lei? Al tempo di Veltroni e dell’Ulivo si sceglieva per il governo un Prodi, venuto dal parastato parademocristiano ma il partito restava nelle mani del ceppo storico di sinistra; ora, invece, non è più solo il governo, è il partito che viene euro-commissariato.

Ci sarà un riallineamento generale dei pianeti al nuovo corso eurodragato, che riguarderà pure l’altro versante, o proprio per spirito di polarizzazione la Lega e Fratelli d’Italia rimarcheranno il loro tratto pop, nazionale ed eurocritico? Le scadenze imminenti tra vaccini, recovery e Quirinale possono innescare processi imprevisti, le variabili sono tante, e il pupo fiorentino irrequieto che sta lì accucciato, ormai senza giocattoli perché li ha rotti tutti, cos’altro s’inventerà per farsi notare? Questa è la politica. Poi c’è la vita, la realtà, l’infinita pandemia.

MV, La Verità 19 marzo 2021

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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