C’è vita sul pianeta destra

Ha vinto il migliore. Nello Musumeci era il miglior candidato che la Sicilia potesse esprimere. E seppur incalzato dal non-voto e dal voto-non, vale a dire quello rabbioso ai grillini, Musumeci ha avuto la sua bellissima rivincita.

Era un traguardo a cui puntava da anni, a volte in solitudine, contro i partiti. È sceso in campo lui, da solo, e solo dopo si sono accodati i partiti, prima mostrando diffidenza. Ha cominciato la Meloni, e Larussa, poi sono capitolati, dopo molte resistenze, gli altri.

Ora, naturalmente rivendicano tutti la paternità della vittoria.

Musumeci si è presentato da neoeletto con un discorso bellissimo, come il nome della sua lista, di grande umanità, politicamente nobile, di quel linguaggio che non si sentiva da tempo, appassionato senza essere demagogico, coinvolgente senza essere ruffiano, esultante ma anche commosso, senza alcuna concessione teatrale ai drammi personali e alla platea.

Si sentiva l’antica impronta dell’uomo di destra, del galantuomo missino, e nel momento in cui riaffiorava la melma intorno a Fini, il profilo di Musumeci dimostrava che c’è anche un’altra destra, e non è un’anomalia; c’è anche un altro postfascismo che non puzza di fogna, come scriveva col suo solito, becero razzismo, la Repubblica, ma odora di bucato.

Ed è una destra che non ha tradito, non ha rotto col suo passato, anzi lo ha incamerato, un verbo in questo caso assai pertinente…

Ora comincia il più eccitante e più arduo esperimento degli ultimi tempi. Un bel candidato, una bella vittoria, per un’impresa quasi impossibile tra i nemici di fuori e le carogne di dentro, tanto per usare un linguaggio risorgimentale.

Governare la Sicilia con quell’andazzo, quei precedenti, quel buco in bilancio, quei privilegi radicati, e sradicarla da quei vizi, quelle greppie, quelle mafie di potere e d’affari, è un’impresa eroica.

E farlo con quegli alleati, quelle facce, quelle biografie, a cui Musumeci non ha concesso nulla ma che stanno lì appollaiate, dopo aver cercato prima di boicottare la sua candidatura e poi di asfissiarla col loro abbraccio letale, sarà davvero un’impresa ardua. Dagli amici mi guardi Iddio…

Ma a livello nazionale che esempio trarre da quello che è stato definito il laboratorio Sicilia?

Sì, banalmente si potrà dire che il centro-destra vince se sta unito, ma deve avere un candidato credibile e autonomo, non riducibile ai suoi Grandi Elettori. Poi si potrà aggiungere che in questo momento l’alternativa, in Sicilia come a Ostia, non è tra centro-destra e centrosinistra ma tra il primo e i grillini.

La disfatta di Renzi, la ritirata della sinistra, dopo anni di governo e strapotere, è sotto gli occhi di tutti. Renzi perde ininterrottamente dal referendum, la sinistra si spappola, va ai margini. È al potere, ma la vota una piccola minoranza.

Rispetto ai grillini la vittoria di Musumeci ha poi un significato importante: per essere fuori dal regime e dalla brutta politica non si deve essere necessariamente parvenu, dilettanti allo sbaraglio, privi di storia e di curriculum, immacolati e inesperti di tutto.

Si può avere una storia senza scheletri nell’armadio, si può avere perfino un’ideologia senza essere tardo-settari.

La vittoria di Musumeci dimostra che i grillini si possono battere non con un moderato ma con un uomo che ha idee nette, anche radicali, e che si oppone al grillismo, condividendone il punto di partenza, la linea d’opposizione e il rifiuto dei degli inciuci.

Ma come si traduce Musumeci in italiano, ossia passando dal caso siculo al piano nazionale? Quel che dimostra Musumeci è che un candidato vincente e affidabile non deve provenire necessariamente dai moderati, o dal centro.

Ma può venire da destra, in un curriculum che non lascia equivoci: dal Msi ad An, alla destra di Storace alla destra autonoma, radicata nel territorio ma pur sempre nazionale e sociale, non moderata né liberale.

Una destra popolare, che non gioca la carta del separatismo, ma resta saldamente nazionale, e che non cede alla demagogia del facile populismo. Una destra che ha raccolto in Sicilia anche l’eredità di coloro che seguirono Fini nel suo progetto e ne subirono il naufragio. Una destra inclusiva, che non esclude.

Il caso Ostia conferma che non si tratta di un caso isolato. La destra non è il parente da nascondere in pubblico, il familiare di cui vergognarsi, da cui spremere voti ma poi tenere in disparte, al traino e al guinzaglio.

Ma quanti Musumeci ci sono sul territorio, ce n’è qualcuno a livello nazionale? Ecco la domanda che si intreccia all’incognita di governare l’ingovernabile Sicilia, per “giunta” in quel contesto.

Intanto, un dato emerge. Si può ripartire da Musumeci, e Giorgia Meloni non è una figura isolata, un’ottima opinion maker televisiva e poi intorno il deserto. A cercare, a capire, a vedere, forse c’è vita su quel pianeta…

MV, Il Tempo 8 novembre 2017

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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