Il Cavaliere, la morte e il diavolo

C’è qualcosa di peggio delle sparate a ruota libera di Silvio Berlusconi: gli squallidi tentativi di specularvi per azzoppare in partenza il governo. I giornalisti che pubblicano pizzini e video rubati fanno il loro mestiere; ma chi vi imbastisce sopra un caso politico è uno sciacallo che vuole approfittare della salute malferma del Cavaliere per far nascere il governo con gravi menomazioni.

Nessuna persona di senno può infatti sostenere che le gag di Berlusconi rispondano a una linea politica o produrranno qualche influenza sul governo Meloni e sulla politica estera italiana. Nessuno può sinceramente pensare che Antonio Tajani, ministro degli esteri in pectore o la stessa Forza Italia, pur nella devozione totale al Capo e nel complesso di gratitudine che nutre, possa davvero cambiare linea e virare secondo le indicazioni del Monarca alterato. Se si crede che Berlusconi con quelle dichiarazioni sposti l’asse del governo in direzione filorussa si sbaglia di grosso o è in malafede: frasi come le sue hanno di fatto costretto tutti, da Meloni a Tajani, ad appiattirsi ulteriormente sulle posizioni Nato e filoatlantiche e farsi sempre più proni alla linea dell’Unione europea. Bel risultato…

Da giorni Berlusconi spara parole con l’intento di riprendersi l’attenzione sovrana dei media, e non escludo che il primo infiltrato dei media per seminare scompiglio sia lui stesso. I suoi pizzini erano messaggi facilmente “taggabili” e i suoi sproloqui non erano tra intimi ma assembleari. Poi tra le cose che spara, nel suo varietà, può dire magari anche alcuni spezzoni di verità indicibili, sotto la Cappa.

Perché lo fa? Il primo livello di risposta è che si è incapricciato su alcune pretese che riguardano strettamente i suoi fatti personali, e non ottenendo risultati spara all’impazzata. Si vendica per la Ronzulli, batte i piedi per la Giustizia, pretende altri ministeri; e non ottenendoli cosparge di mine la strada della Meloni. Peraltro la Meloni ha sventato finora il fascinismo, pericolo ben più vivo del fascismo, ovvero la deriva personale della politica (trae nome dall’on.Marta Fascina).

Il secondo livello di spiegazione a me pare fuorviante: dicono che non sopporti, in virtù di un insopprimibile maschilismo paternalista, che una ragazza stia sopra di lui. Ma no, se è per questo faceva il pierino anche quando Salvini era, in virtù dei consensi, il leader della coalizione: ricorderete le dichiarazioni all’uscita dalle consultazioni, con Berlusconi nel ruolo di Paolini, che faceva il disturbatore, spostando su di sé l’attenzione, facendo i numeri con le dita.

Il terzo livello, a cui tendono a credere anche gli stessi alleati e la stessa Meloni, è che Berlusconi non accetti di passare la corona a un’altra persona, diventare un socio e non il Re del governo. E dunque rende difficile la vita alla Meloni, andando a ruota libera. Alterna aperture a pretese, gesti rappacificatori a dichiarazioni intemerate. Ma credo che non rispondano più a una strategia, semmai rimandano ai diversi afflussi di sangue al cervello.

Dunque, si, c’è la rivalsa verso un governo e una coalizione non guidati da lui, c’è l’egocentrismo malato di riportare su di sé le attenzioni, un po’ come Longanesi disse di Malaparte (“Ai matrimoni vuol far la sposa, ai funerali il morto”), pur di essere sempre al centro dell’attenzione.

Ma c’è soprattutto uno stato mentale che perde lucidità e che per questo merita umano rispetto. Lo dice uno che non risparmia aspri giudizi su Berlusconi, e che ha deprecato la sua pessima uscita sull’elezione di La Russa. Ma quando si supera una certa soglia, bisogna sospendere i giudizi, non attaccare ma capire la situazione, avere rispetto per le sue condizioni e togliere il sonoro, il video e ogni effetto alle sue dichiarazioni. Perché non sono più un caso politico, semmai un caso umano, rientrano nella patologia.

I primi a farlo dovrebbero essere i suoi stessi devoti fedeli di Forza Italia, e i suoi famigliari, con tutto l’amore che hanno, per salvare un grande personaggio da un finale così imbarazzante e mortificante per lui.

Poi, a chi chiede una chiave di lettura più profonda, al di là di ogni possibile alterazione mentale, dirò che Berlusconi ha un pessimo rapporto con la vecchiaia e con la morte. Non le accetta, le respinge, allestisce tutti gli alibi e gli attrezzi per aggirarle, per non vedere la realtà, per fingere con ogni mezzo salute, virilità e giovinezza. Anni fa, sull’onda degli scandali sessuali che lo stavano travolgendo e di lì a poco lo portarono fuori dal governo, gli proposi un’intervista sul lato umano, per spiegare che quando la vecchiaia morde e i guai incalzano, è comprensibile cercare evasioni e ripari; erano cadute, se ne rendeva conto, ma nascevano da quella voglia di lasciarsi alle spalle malattie e vecchiaia che già in sé è una malattia (senectus ipsa est morbus diceva Terenzio). Berlusconi rifiutò quel tipo d’intervista, anche autocritica, e chiese le solite menate laudatorie; allora non lo intervistai. Credo che se la sia presa. Ma io volevo toccare il lato umano che lo spingeva in quella furiosa ansia di mostrarsi vitale, festoso e virile, con ogni artificio ed espediente. Nel suo tramonto politico vede un annuncio di morte; perciò lo aborre e fa il pazzo.

Il Cavaliere, la morte e il diavolo è un famoso dipinto di Albrecht Durer e un denso libretto di Jean Cau. Il Cavaliere a un certo punto è stato pronto a vendere l’anima al diavolo (non solo nel senso del Milan), per avere il corpo giovane e gagliardo e sottrarsi alla pulsione di morte. La stessa accumulazione di ricchezza spesso nasce per immunizzarsi dalla morte. C’è una pagina dell’ultimo libro di Byung-Chul-Han, Perché non è possibile una rivoluzione, che sottolinea quel legame: “persiste la credenza arcaica che il patrimonio accumulato scacci la morte”. Ma è un’illusione: siamo mortali, Cavaliere. Tutti, come ci ricorda a’livella di Totò; colpisce ricchi e poveri (ha visto il povero Franco Gatti?). Si metta l’animo in pace.

La Verità – 21 ottobre 2022

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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