Quel racconto nuovo che ci può salvare
Ma cosa c’è sotto questa voglia di uomo forte, di sovranità nazionale e popolare e di protezione economica, da Trump a Le Pen e Putin ai leader nostrani, che attraversa i popoli e suscita i populismi? È la voglia di un mito. Se l’economia non regge, la storia finisce, la politica fallisce, la ragione si spegne e la religione declina, la finanza si sgonfia, non resta che affidarsi al mito di un Capo e di una Nazione.
Il mito non è oscurantismo, non è fake news, non è post-verità, curiosa ossessione di un’epoca relativista che non crede alla verità; ma fa vedere il mondo con altri occhi, sotto altra luce, attingendo ad altre risorse.
Il mito non è verità e nemmeno finzione. Il mito è il racconto originario che precede la storia, la politica, il pensiero, l’arte, la religione e perfino l’economia. È da lì che traggono spunto e incanto. Non resta che il mito: lo sostengo nel mio nuovo saggio, Alla luce del Mito, uscito pochi giorni fa da Marsilio.
Prendiamo il caso dell’Italia. Fosse per gli indicatori biologici, anagrafici, sociali ed economici, l’Italia dovrebbe essere già morta. I morti superano i nati, i vecchi superano i giovani, i singoli e i separati superano i congiunti, i pensionati, i precari e i disoccupati superano i lavoratori. Non nutre aspettative, non si cimenta in nuove imprese, si crogiola nel declino.
Tutto dice che l’Italia non ha più scampo. Solo il mito la sorregge: il suo racconto, i suoi siti, i suoi simboli, il suo brand, la sua rappresentazione nel mondo mantengono in vita la sua identità. La storia d’Italia è finita, il mito d’Italia vive. Così l’Europa, in origine fu un mito. Solo un mito può riaccendere un calore di vita in questa unione incapace di darsi una linea geopolitica, strategica, militare, culturale unitaria.
Ma cosa intendo per mito? Oggi i miti classici, greci in particolare, hanno una fioritura sorprendente. Però io mi riferisco a due cose diverse. Da una parte i miti sono un bisogno fondamentale dell’animo umano ma anche della società. Accompagnano l’uomo dall’infanzia, mitico è l’amore, miti fondatori ci vogliono anche in politica e in ogni impresa. Oltre la bellezza del mito, ho provato a tracciare un mitopensiero, cioè una rielaborazione critica del mito.
Ho voluto mettere l’accento, inoltre, su quei miti che sotto falso nome dilagano nel presente, inclusi i mitoidi e i contromiti, quelli che animano la pubblicità e lo storytelling, i film, la musica e lo sport, fabbriche di miti per eccellenza; i viaggi, le esperienze eccezionali, lo stupore dei bambini e l’ardore degli amanti. I miti che cacci dalla porta rientrano dalla finestra.
Certo, bisogna distinguere tra i miti che elevano e quelli che trascinano in basso; tra gli eroi e i mitomani, tra i modelli positivi e gli idoli, per non dire degli usi e gli abusi dei miti in politica. Abbiamo bisogno di proiettarci fuori dall’io, dalle utilità e dalla routine quotidiana. Da qui l’urgenza di ripensare i miti e di ritrovarli nella vita. Un mito ci salverà, forse.
MV, Panorama 2 marzo 2017