Decalogo per salvare la civiltà dall’abisso
“Nostalgia degli dei. Una visione del mondo in dieci idee”: la recensione su Libero di Renato Farina
È stato Heidegger a introdurre nel pensiero filosofico del Novecento i temi del «Fondamento» e dell’«Abisso». Non sono nozioni per specialisti, ma coincidono con le domande profonde su quel buco che sentiamo talvolta nel petto e che ci pare solo le stelle siano sufficienti a colmare ma sono lontane; sulle vibrazioni di eternità che in noi si oppongono al senso di vanità. Eppure da che mondo e mondo ogni società vitale ha sempre avuto certezza di un fondamento in opposizione al nulla, in fondo ritenendo che anche il dubbio appartenga alla sfera dell’essere e non al niente. E ha comunicato agli uomini e alle donne che la costituivano la positività dell’esistere, la bellezza del sacrificio, il dovere di tramandare queste preziosità ai figli. Adesso?
Adesso è considerato stupido persino porsi i quesiti esistenziali, e da nessuno si pretende dichiari in politica dove crede di poggiare i piedi quando si alza dal letto il mattino, quasi fosse un oltraggio alla riservatezza della coscienza. Il pudore ritenuto vecchiume da beghine, guai a chi eccepisce sull’esibizione dei genitali in prima serata tivù, o del paninazzo a pranzo, in compenso è considerato impudico, vietato dalle regole del buon vivere, lasciar parlare liberamente chi abbia il coraggio di gridare che il «Fondamento» è sparito. Non c’è più. La rinuncia alla certificazione delle radici giudaico-cristiane da parte dei capi dell’Europa obbedisce a questa volontà di occultamento: camminiamo sulle sabbie mobili dell’assenza di significato.
La rivelazione
Marcello Veneziani con una forza di scrittura rara, che in nulla cede ai tecnicismi dell’accademia, ci regala un saggio filosofico che è una rivelazione (disvelamento= aletheia=verità) di se stesso, e una proposta per tutti. Il fondamento c’è. Esiste un segreto nel tempo che è più forte del tempo. Sono trecento sei pagine che distillano non solo erudizione, ma sono una esplorazione delle viscere di ciò per cui vivere non è il sogno di un ubriaco, ma ha una consistenza innervata con l’invisibile sostanza. Confessa: «Ci spinge a scrivere un pensiero esistenziale, fuori da ogni accademia, che sentiamo come necessario, essenziale. Scriviamo per cercare la verità, non per compiacere le sette degli intellettuali, che liquidano a priori quei temi col silenzio e lo sprezzante rigetto, senza affrontarli. Ma quando sei preso dall’urgenza di un pensiero nella ricerca della verità, non badi a queste miserie». ll volume si intitola Nostalgia degli dei. Una visione del mondo in dieci idee, ed è dal 24 gennaio in libreria per Marsilio, al prezzo di € 18. Il libro è la riproposta di una religione prima delle religioni. Si aggrappa agli dei per arrivare all’unicità di Dio e del Destino. Insomma: è paganesimo? Veneziani, che ha appreso da Augusto Del Noce l’inconsistenza del pensiero moderno, marxismo e liberalismo compresi, oggi ritiene finito con il pontificato di Francesco il cattolicesimo romano. Dunque, e si scuserà la semplificazione, ripropone un pensiero pre-cristiano che però tiene conto del lascito del cristianesimo. Non credo nella divinità di Cristo ma in quella che ha consentito l’affermazione del suo mito. Dove mito non significa creazione fantasiosa ma priva di consistenza, ma racconto di un archetipo che costituisce l’umanità. Questi dieci archetipi, idee originarie, sorgive, nel tempo ma prima del tempo, sono quelle che elenchiamo e a cui Veneziani dedica un capitolo ciascuna. Civiltà, Destino, Patria, Famiglia, Comunità, Tradizione, Mito, Anima, Dio, Ritorno.
Le contraddizioni
Ci sono delle contraddizioni. E il filosofo le rivendica. Ad esempio se Dio è l’Assoluto, il Principio, il Fondamento come può poi essere servito come pietanza insieme alle altre nove. In realtà a Veneziani non interessa la logica ferrea del pensiero aristotelico e matematico. Privilegia la nostalgia come chiave per accostare il dramma di questa età. E la nostalgia invita a percorrere nella foresta sentieri diversi. Essi – e siamo di nuovo al grande Martin Heidegger – si interrompono non si portano alla verità tutta intera. Ed allora occorre il coraggio di non rassegnarsi e di andare oltre. Il capitolo più bello è quello che Veneziani dedica alla tradizione. Lì si capisce davvero che cosa essa sia. Non un museo di cose morte, ma un palpito ritornante, che consente anche di trattenere anche ciò che è buono della contemporaneità. In questo Veneziani dimostra di essere il pensatore di destra meno ovvio in circolazione in Italia. La sua fondazione del primato dei doveri merita una meditazione a chi erge i diritti individuali come non plus ultra.
«La tradizione sta al tradizionalismo come la fiamma sta alle ceneri». Conseguenze politiche. Ad esempio: «(Non) è possibile preservare il ruolo della scuola e dell’università se non si considera la loro funzione primaria, la missione di trasmettere nel rapporto tra generazioni le esperienze del sapere, pur aggiornandolo. Perde la sua ragione essenziale la scuola e l’università se non sono imperniate sulla tradizione».
Per iniziare un dialogo con Veneziani e con il suo pensiero neo-classico e vitalista, per lealtà devo dichiarare una ragione di dissenso. Egli conclude il libro con «dieci pensieri votivi agli dei». Mi chiedo: Come si fa a liquidare così Cristo, con molto rispetto, ma trattandolo come uno tra i miti di cui è cosparsa la storia dell’umanità? Sto con Dostoevskij, che scrisse: «Cristo è la verità, ma se mi dicessero che qui è Cristo e là è la verità, io abbandonerei la verità per aderire a Cristo». Se lo hai conosciuto non te ne vai via così, di mito in mito.
Renato Farina, Libero 24 gennaio 2019