Riabilitiamo Babbo Natale

Babbo Natale mi stava sulla pancia. Lo vedevo come un vecchio, obeso pedofilo, nel senso letterale del termine, un grassone che adesca i bambini e offre doni non si sa in cambio di che. Poteva essere penalmente perseguibile per circonvenzione di incapace, abuso della credulità infantile e popolare, raggiro e truffa.

Quando vedevo capannelli di Babbi Natale che si dividono i territori, a giudicare dalla barba bianca e dalle giubbe rosse, pensavo quasi di trovarmi di fronte al nucleo storico delle brigate rosse. Del resto, nella vita reale Babbo Natale è di solito un fallito che si procaccia da vivere a viso coperto, come i rapinatori e i sequestratori, svolgendo un lavoro socialmente inutile ma economicamente dannoso. Paonazzo per ragioni di alcolismo o di ipertensione arteriosa, esibizionista con il suo lungo pelo bianco e il suo vestito da buffone per passare inosservato, Babbo Natale appariva soprattutto a uno del sud, come me, un intruso nella festa di Betlemme.

Ma che c’entra lui, finlandese, russo, lappone, pacchiano, con Gesù di Nazareth, Betlemme, la Palestina e il presepe? Da sempre sospettavo che rappresentasse solo il Mistero del Consumo, la Natività del Panettone, un signore che fa lo slalom con la slitta tra l’abete e il diabete. Incarnava per me, sin nel look, l’essenza panciuta di un centro commerciale: in fondo lui è un outlet ambulante. Banalizza il Natale, lo riduce ad una compravendita di oggetti superflui e di dolciumi che donano ai grandi la glicemia e ai piccini la carie. Ad ambedue l’obesità. A lui, pensavo, si deve la trasformazione della Natività in Giocattolo; è lui il personaggio chiave del passaggio dal Sacro al Consumo, il nemico principale individuato da Papa Ratzinger e dal Cardinal Maggiolini. Da qui la mia storica antipatia per Babbo Natale. Lasciate il Natale al presepe, alla Sacra famiglia, a Gesù Bambino, all’incanto della natività e della Tradizione, dicevo. Lui, il ciccione rubicondo, non c’entra, è solo uno che lucra sulla voglia di sognare a occhi aperti. È superfluo. Per il prossimo Natale, suggerivo, mandiamolo a svernare sul Mar Rosso, così si toglie quella giubba ridicola e sostituisce la gerla con due bombole d’ossigeno. Dopo i cristiani, è politicamente corretto che ora vada a molestare gli islamici.

Ma poi, a vedere gli attacchi che subisce, a sapere che è mezzo barese per via di san Nicola/santa Claus, a vederlo allegro e non grillino, balenotto e non sardino, giocoso e non sinistrorso, che porta doni e non tasse, mi sono detto: visto che a Natale dobbiamo essere più buoni, perché non facciamo noi un regalo a Babbo Natale e lo mandiamo con quota cento in pensione? Dai su, resta a casa, Babbo Natale, lascia le renne in garage; quest’anno veniamo a trovarti noi e ti portiamo pure un regalo, un bel pigiamino (rosso, naturalmente). Riposati, ad andare in giro al freddo con quella panzona e quella gerla sovraccarica, rischi un infarto.

MV, 24 dicembre 2019

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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