Ribaltone all’italiana

Ho trovato tristemente italiota, furbescamente, miseramente, italiota il rovesciamento delle parti per la manovra modificata a Bruxelles. Da una parte c’era il coro degli europeisti che per mesi ha gridato contro il governo gialloverde perché voleva sfidare l’Europa e fregarsene dei limiti posti dall’Unione. Per mesi quel coro ha spaventato gli italiani annunciando i guai che ci sarebbero capitati se avessimo insistito con la linea dura e con la rottura dell’Europa. Poi, il governo cede, arretra, si accorda, salva il rapporto con l’Europa, evita la procedura d’infrazione, e la musica cambia spartito. Si scoprono d’un tratto tutti sovranisti, populisti, euroschifisti. Vergogna, si sono piegati all’Europa, si sono fatti dettare la manovra, hanno ceduto su tutta la linea. E la terribile manovra che avrebbe causato sciagure all’Italia si capovolge e si fa terribile per la ragione opposta, perché è stata dettata dall’Europa. La solita furbetta Italia, del doppiogioco, del cambio di alleanze, tesi e posizioni. Penoso.

Ma a questa pena, diciamolo pure, corrisponde anche il testacoda del governo gialloverde. Prima tuonanti dichiarazioni sulla sovranità e gli interessi prioritari del popolo, con la linea del Piave sul 2,4 di sforamento, la manovra del popolo non si tocca, e via menando. D’un tratto poi si cambia musica, si accettano i diktat fino al giorno prima respinti con sprezzo del pericolo e sdegno patriottico, si manda l’avvocato Conte a patteggiare la pena con l’Europa, come ha scritto spiritosamente Storace. E il 2,4 diventa 2,04, le cose vengono rimandate, diluite, riequilibrate. E l’anno del cambiamento, annuncia Gigino il pazzariello, sarà quello che verrà, quest’anno è andata così. Anche loro, come i loro oppositori, fanno il loro ribaltone di Natale, mangiano il panettone col mostro a tre teste – Juncker, Moscovici e il terribile Dombrovskis. Anche loro, i governativi, così pateticamente italioti e voltabandiera…

Per carità, alla fine hanno fatto bene a trovare un accordo. Il governo in carica non è abbastanza solido e compatto per reggere l’urto di uno scontro e di una procedura d’infrazione, non ha una strategia lungimirante e non ha idee in comune né alleanze organiche su cui piantare la sua linea. Sono improvvisazione e comunicazione. E aggiungo che se l’avesse avuta, l’Unione europea stessa non avrebbe osato andare allo scontro, perché se è sciagurato che l’Italia abbandoni l’Unione europea, è sciagurato pure che l’Unione europea espella un paese fondatore, strategicamente importante, come l’Italia, di fatto azzoppandosi. Ma la situazione non è quella, il nostro Conte di Cavour è in realtà Conte di Volturara, il nostro Garibaldi è lo scugnizzo dalle manine di fata, Di Maio. E non vi dico il resto. Per un giorno, ci è apparso il governo di Mattarella. Si abbassa lo spread, risale la borsa (a proposito comprate per Natale una borsa nuova al tapino Tria).

Aggiungiamo pure che non abbiamo alcuna impazienza di vedere l’effetto che fa il reddito di cittadinanza e anche quota 100. Non ci dispiace che alcune cose siano rimaste nell’aria, anche se temo che l’aspetto punitivo, le mazzate, le accise, i tagli alle pensioni decorose, resterà in piedi anche per dare un contentino al Pubblico Rancore: se non puoi spargere ricchezza, almeno togli ai benestanti qualcosa, e dallo in pasto alla plebe, per tenerla buona. Sarà solo un rito sacrificale, perché se spartisci mille euro tra mille persone ti viene fuori solo un caffè a testa, ma almeno il risentimento, l’odio, l’invidia egualitaria, saranno appagati…

Comunque, vista la situazione, considerati i corvi che volteggiano all’orizzonte, leggendo lo sciacallismo quotidiano dell’establishment mediatico-mafioso-sinistrese, alla fine teniamoci ancora questo governo, perché non ci sono condizioni alternative o comunque migliori all’orizzonte e Mattarella certo non ci rimanderebbe così presto alle urne. Aspetterebbe almeno che si sgonfi Salvini; poi una volta sedata l’Italia ci manderebbe al voto. E Matteo? saggiamente si è defilato in queste ore di ribaltoni e si è fatto notare per la sua assenza dagli auguri al Quirinale. Segnali di fumo, anche se manca l’arrosto.

MV, Il Tempo 21 dicembre 2018

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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