È tornato il buon pastore

Silvio Berlusconi sta cercando di arruolare Giorgia Meloni come sesto agnello del suo zoo politico-familiare. L’ha portata ad Arcore e non so se anche a lei abbia dato il biberon che ha esibito con gli altri agnellini. Tantomeno sappiamo se lei si sia abbeverata o si sia dichiarata intollerante al lattosio berlusconiano. Al seguito di Giorgia verrebbero poi i suoi fratellini di latte.

Oltre loro Berlusconi, che pur sembrava ormai incartapecorito e stracotto, sta riportando nell’ovile altre pecorelle smarrite, già fuoruscite, e ne sta incaprettando altre, a cominciare da Agnellino Alfano e dal povero capro sacrificale Stefano Parisi.

Resta solo il Lupo Salvini a resistere al Pastore di Arcore. Berlusconi ha sempre sognato di avere con sé gli Agnelli, ma ora passando da ben altre pecorine al ruolo di protettore d’agnelline (da non confondere con le olgettine), lo fa in versione animalista e francescana.

Ispiratrici della sua svolta animalista, l’unico suo messaggio ideologico degli ultimi sei anni, sono la Brambilla e la Pascale.

In un paese psicolabile come il nostro anche una serie di foto con gli agnellini basta per rilanciare un leader considerato da tempo trapassato.

Ma sul piano politico la questione è evidente: davanti al pericolo Grillo e alla minacciosa incompetenza universale dei grillini, davanti allo sfascio del renzismo, stracciato in una miriade di partiti e correnti, perfino un ultraottantenne come B., interdetto ai pubblici uffici e maledetto a mezzo stampa, odiatissimo e avversatissimo in passato, divoratore di delfini e di partiti, potrebbe alla fine mettere insieme un’armata brancaleone elettorale vincente.

E potrebbe ottenere qualche apertura di credito internazionale proprio da coloro che fino a ieri lo avevano osteggiato. Può funzionare come colluttorio per i grillini e sedativo per i salvini.

Così un centrodestra rabberciato rischia di vincere in questa situazione: è vero che si presenta malconcio ma è oggi per molti italiani preferibile al peggio che si profila dalle altre parti.

Vanamente taluni si chiedono: sì ma vincere per far cosa, il centro-destra non ha un progetto comune, ha perso uomini ed energie, restano solo residui e frattaglie, regge su vaghi e velleitari annunci che furono già traditi quando erano al governo con bel altra forza politica e numerica…

Non riuscì allora il centro-destra, quando esisteva davvero, quando Berlusconi era un po’ più giovane e meno scoglionato, figuriamoci oggi che viene rimesso in piedi con le controfigure e le sagome cartonate solo per raccattare consensi al volo, approfittando dello sfascio altrui e del disagio generale.

Tutto vero ma il lato tragico della situazione è che non c’è soluzione alternativa, non c’è nulla di meglio se non la prospettiva di una gloriosa sconfitta all’opposizione, lasciando agli altri il compito di togliere le castagne dal fuoco.

Per questo non è da escludere che mentre tutti aspettano la sorpresa dall’uovo di Grillo, venga fuori invece dall’agnello pasquale e dal suo vecchio, fantasioso imprenditore. Che rinunciò a vivere un giorno da leone per vivere cento da pecora.

MV, Il Tempo 13 aprile 2017

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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