Un agosto lava l’altro (si spera)

Ci costringono a difendere un leader che personalmente non vorrei come premier e un governatore che non è stato all’altezza della situazione eccezionale che ha dovuto fronteggiare. Ma quando vedi che un ministro viene processato e il suo governo no, e quando vedi che un governatore viene processato per i camici e un altro governatore non viene processato per le mascherine (con un giro di milioni pubblici ben più cospicuo), allora ti scatta la molla, smetti di distinguere e sei costretto a dire che non è solo per l’emergenza, ma siamo sulla via del dispotismo. E se poi entrambe le cose avvengono col favore delle ferie, col paese smanioso di lasciarsi alle spalle l’incubo della primavera e vivere agosto in santa pace, allora il quadro si completa.

Resto dell’idea che solo la cialtroneria riesca a temperare il dispotismo politico-giudiziario vigente. Quando la giustizia si fa delinquenza antinazionale, quando la politica si fa mafiosa, assolvendo ministri e condannando ex ministri solo sulla base dell’utilità della cupola, allora capisci che il tempo della politica è finito. Diventa reato difendere i confini, come previsto dalla Costituzione che sui confini usa per l’unica volta la parola patria, e respingere clandestini; e la politica avalla. Finché si resta in ambito politico è lecito proporre due vie opposte per fronteggiare i flussi migratori: respingere o accogliere o i gradini intermedi. Ma quando una risposta è lecita e l’altra è giudicata criminale, e non conta né la storia né l’esperienza né il consenso popolare, allora capisci che la politica è finita, siamo entrati nel regime dell’imposizione.

Sul cartello che Conte esibiva insieme a Salvini ai tempi del governo insieme non c’era scritto “Aiuto, Salvini mi violenta e mi sequestra”, ma c’era un elogio del decreto Salvini sulla sicurezza e un no agli sbarchi. Riuscire ora a dire il contrario, a tacere e assentire sul processo a Salvini è una parabola che nessuna persona non dico d’onore, non dico rispettabile, ma che abbia una minima decenza di realtà, farebbe. E invece è successo.

A rendere più penosa la vicenda è stato il giochino furbino del girella fiorentino, che prima sostiene una tesi garantista e poi si siede sul banco degli accusatori per far processare Salvini. Mi auguro che lo stesso criterio sarà usato per lui, quando verrà il momento. É da tempo ormai che Renzi usa la sua arma prima che il voto lo punisca seriamente, che è quella di decretare vite e morti di governi, ministri e leader previo spettacolino teatrale con un repertorio che ha ormai nauseato pure quanti avevano simpatia per lui: uno spettacolino in cui sostiene una tesi e poi finisce col ditino a sorpresa, pollice in alto per taluni, come Bonafede, pollice in basso per talaltri come Salvini. Non può una repubblica restare appesa così a lungo ai giochini cinici di Renzi in cui le ragioni reali non sono mai quelle espresse: c’è in primis il terrore del voto, poi l’idea di fare blocco in vista delle nomine a cominciare da quella del Quirinale, dove Renzi si è già esercitato inviandoci sei anni fa un pacco dono dalla Sicilia e dentro la confezione c’era un reperto della vecchia Dc, Mattarella. E c’è infine la logica già notata di Jep Gambardella, il potere di far fallire o viceversa quello di far durare, restando però alla mercé dei suoi capriccetti. Non è solo un vezzo puerile ma è il desiderio di misurare ed esercitare la sua volontà di potenza sul governo e sul parlamento; siamo usciti da un pezzo dall’era renziana ma viviamo dentro la sua maledizione. Come Tutankhamon.

Resta da capire ora la posizione dei sovranisti, la loro mossa seguente, oltre la rendita di posizione che verrà naturalmente da questo atto iniquo subito: con questa operazione martirio Salvini ha ripreso fiato dopo aver perso punti per mesi. Ci è piaciuta poco l’assenza dei trenta parlamentari del centro-destra, nel voto su Salvini. Non è stato finora molto efficace il ruolo finora assunto dalle opposizioni; vero, però, che i margini di azione e di manovra sono piuttosto risicati, siamo in una fase dispotica sotto l’ombrello della paura che lui ritorni (il Covid). A proposito, sarà una coincidenza ma giorni fa mi divertivo a prevedere: vedrete che il primo agosto si annuncerà il suo ritorno. E se vedete i titoloni dei giornali di ieri è stato così. Sono emersi al momento giusto i dati a supporto, e voglio pensare alla buona fede, che lo si faccia per non farci rilassare; ma visto il clima, sorge spontaneo il sospetto che sia un assist all’emergenza come la mattarellata dell’altro giorno.

Due anni fa Salvini tentò un governo coi grillini. Chi scrive non fu d’accordo, poi attese qualche mese per vedere di nascosto l’effetto che fa, ma non tardò a denunciare l’impossibile convivenza coi grillini e il loro rovinoso, surreale dilettantismo. L’anno scorso di questi tempi Salvini ruppe coi 5S, ma ruppe male, in tempi, toni e modi sbagliati, subito dopo rimangiandosi l’uscita perché aveva capito il pacco che si preparava, offrendo a Di Maio Palazzo Chigi, e indebolendo così la sua posizione. L’altro Matteo lo aveva intortato, e Mattarella come Zingaretti, a quel punto poterono non tener fede alla mezza promessa del voto. Da allora Salvini ha sbagliato molti colpi; ma quel che lui ha perduto lo ha conquistato la Meloni. Un anno dopo stiamo al punto di allora: Berlusconi che rimbalza da un Matteo all’altro e per non essere né di destra né di sinistra si accorda a turno con ambedue. Il consenso sovranista cresce ma è virtuale e cresce pure la tintura di consensi sulla testa di Conte. Entriamo male in agosto, speriamo di uscirne meglio, capovolgendo l’esito dell’agosto scorso. Ma è dura…

MV, La Verità 2 agosto 2020

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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