La Cappa e il tramonto di ogni civiltà
di Davide D’Alessandro per Huffingtonpost
L’ultimo libro di Marcello Veneziani è amaro ma necessario per risvegliare intelligenza critica e passione ideale
Un libro di Cappa e spada, verrebbe da scrivere, come si scriveva un tempo di alcuni intrepidi calciatori, anche se l’autore appare disincantato, persino disilluso, a fronte di una realtà, politica e umana, destinata a non mutare. La Cappa è maiuscola, la spada è minuscola. La prima “occulta la bellezza, la grandezza, il simbolo, il mito, il sacro”, la seconda “è a portata di mano, ma è difficile estrarla dalla roccia del nostro presente”. Non a caso, “per una critica del presente” è il sottotitolo che Marcello Veneziani ha voluto dare al libro La Cappa, edito da Marsilio.
Non è nuovo l’autore a regalarci sguardi di profondità e di passione, analisi miste tra il dramma che viviamo e la speranza che non appare, eppure bisognerà trovarla da qualche parte. Veneziani la trova, splendidamente, nella denuncia, nella testimonianza, nel lasciare traccia del suo pensiero, della sua scrittura, pensiero e scrittura di un intellettuale che non può rassegnarsi a ciò che vede, pur sapendo che sconfiggerlo o, addirittura, eliminarlo, non è possibile.
Spiega da dove viene questa Cappa, come ci ha modificati e conformati, come ci abbia lentamente ridotto il respiro. Il saturimetro ne attesta l’ineluttabile discesa e non sembra esserci terapia intensiva in grado di farci risalire la corrente. L’umanità ha vissuto tante epoche buie, nere, nerissime, ma questa sembra non avere colore. È possibile destarsi, armarsi e combattere contro una cosa che non ha colore, che ti prosciuga le energie con il sorriso, dolcemente, che mentre ti accarezza ti imprigiona, che mentre ti avvolge ti strangola?
C’è una perdita colossale che, in fondo, ci riguarda. Abbiamo ceduto il passo, piegato il ginocchio, perso il tono, la voce, la qualità, la cultura. Stiamo appassendo, venendo meno. La Cappa ci erode, punta ad ammantarci, a consumarci, a sopprimerci del tutto. L’esperimento di offensiva mondiale subito dalla natura, la guerra civile dei sessi, il reset che cancella cultura e storia, il regime di sorveglianza globale, il bioliberismo fino alla morte sono, per Veneziani, i tratti che sentenziano la malattia del paziente uomo.
Scrive: “A volte si ha l’impressione di abitare il pianeta della malinconia, immerso, non solo dalla pandemia, in un’atmosfera di umor nero. Si è diffusa una sensazione di infelicità, come di una situazione a cui non c’è scampo (…). Siamo entrati in questo tunnel senza anticorpi spirituali e morali, non abbiamo contrappesi adeguati né vie d’uscita; non abbiamo preghiere né riti, liturgie, processioni né santi, sacerdoti e taumaturghi. Siamo sguarniti, non protetti sul piano spirituale, esposti alla cupezza, all’umor nero. Mancano un piano di salvezza, o almeno di fiducia, e una prospettiva di pienezza vitale”.
Senza piani, e senza prospettive, non restano che intelligenza critica e passione ideale, amor fati e visione spirituale. Non resta che vedere il mondo con altri occhi, anche se gli occhiali hanno lenti appannate. È un libro amaro, La Cappa, ma è un libro necessario per chiamare le cose con il proprio nome, per non nascondersi, per avere consapevolezza di essere finiti nel gorgo. Muti. In attesa di uscire e tornare a riveder le stelle.