Chi si ribellò al ’68 (II puntata)

Si sprecano le storie e le mitologie del ’68 ma chi racconta il mondo che si oppose all’onda sessantottarda? Davanti alla Contestazione, i moderati, molti democristiani e laici, preferirono ripararsi sotto coperta. Fecero come gli struzzi, misero la testa nella sabbia per non vedere, non rischiare e non pronunciarsi.

Ma una maggioranza silenziosa e dissidente crebbe nel Paese e cominciò a parlare, nella scuola e nell’università sull’onda di coraggiose figure, giornali e periodici non allineati, autori conservatori e movimenti che si opposero al ’68.

Dionisotti, Salinari, Colletti, Plebe, Alberoni: furono tanti i professori già marxisti o affini, contestati in cattedra perché ritenuti dei baroni, che si rivoltarono contro la prepotenza dei contestatori. Nel ’68 cominciò il loro pentimento che portò poi molti di loro a cambiare verso politico.

Ma prima di loro vi furono docenti come il grande Ettore Paratore che fece tradurre in latino ai sessantottini i pensieri di Mao; o il filosofo Michele Federico Sciacca che criticò “l’oscuramento dell’intelligenza” prodotto dal ’68. E Giuseppe Ugo Papi e Gianvittorio Pallottino, Marino Bon Valsassina e Marino Gentile, Pio Filippani Ronconi e Luigi Volpicelli, Mario Attilio Levi e Enzo Giudici, Rosario Assunto e Vittorio Enzo Alfieri, Giuliano Bonfante e Augusto del Noce che scrisse un bel saggio sulla filosofia dei giovani.

I giornali che si mobilitarono contro la demagogia sessantottina furono Il Tempo e Il Giornale d’Italia, il Roma di Napoli e tra i settimanali Il Borghese, Lo Specchio e Candido; e tra le riviste spiccarono Il Conciliatore e L’Italiano.

Fiorirono testi anti68 pubblicati dalle edizioni de Il Borghese, da Volpe e poi da Rusconi diretta da Alfredo Cattabiani. Tra gli autori Fausto Gianfranceschi e Claudio Quarantotto che scrisse l’Abz della contestazione, Rodolfo Quadrelli e Quirino Principe, Gianfranco Morra e Gigliola Asaro Mazzola, Lucio Lami e Giovanni Artieri, Vittoria Ronchey con Figlioli miei, marxisti immaginari.

Tra le firme più note insorsero contro il ’68 Panfilo Gentile e Giuseppe Prezzolini, Giovannino Guareschi e Indro Montanelli, Enzo Bettiza e Guido Piovene, Geno Pampaloni ed Egidio Sterpa, Augusto Guerriero, in arte Ricciardetto, Nino Badano ed Enrico Mattei, firme de Il Tempo.

Dino Buzzati criticò il giovanilismo e il ribellismo in Siamo spiacenti di e poi in Vecchi terribili in cui immaginava nei nostri anni un gruppo di contestatori vecchi che aggredivano i giovani. Anche Giuseppe Berto scrisse una Modesta proposta per prevenire dedicato proprio a polemizzare con il ’68. E poi Guido Morselli col suo Contropassato prossimo, Vittorio Mathieu e Piero Operti, per non dire di Mario Tedeschi e Gianna Preda. Nel “Borghese” fu arruolato Julius Evola per criticare l’onda sessantottina.

E non solo. Si opposero alla deriva sessantottarda anche autori come Elémire Zolla, Nicola Matteucci, Sergio Cotta, Cristina Campo, Tito Casini, Romano Amerio, Emanuele Samek Ludovici, Cornelio Fabro, Sergio Quinzio, ma anche Giovanni Sartori e Sergio Ricossa, Gianfranco Miglio e Rosario Romeo, Renzo De Felice e Massimo Scaligero.

Non è dunque vero che la cultura italiana accolse il ’68 a braccia aperta o preferì tacere e defilarsi.

Vi fu un gran pronunciamento di segno contrario, da parte di conservatori ma anche di intellettuali indipendenti, di cattolici non progressisti ma anche di liberali, oltre che di autori dichiaratamente tradizionalisti o nazionalisti.

La loro risposta non era il frutto di una scelta puramente elitaria, da torre d’avorio, perché corrispondeva a un diffuso sentire tra i docenti e molti studenti, nelle famiglie e tra la gente comune, non solo borghesi spaventati.

Non a caso sorsero allora alcuni movimenti di risposta al ’68 in vari campi: dalla nascita di Comunione e Liberazione di don Giussani al movimento transpartitico della Maggioranza Silenziosa, dalla crescita della destra missina che diventerà poi destra nazionale a quella della nuova destra francese, ai tanti movimenti giovanili e studenteschi.

Per non dire della nascita di una costellazione di riviste che si opponeva alla nuova egemonia culturale e che prese il nome di “cultura di destra”: dopo il ’68 nacquero La destra e Intervento, Cultura di destra e Civiltà, e tante altre. Quando il quotidiano leader d’Italia, il Corriere della sera, si schierò dalla parte dei contestatori crebbero non pochi malumori interni che poi avrebbero dato vita alla scissione del Giornale di Montanelli, Bettiza, Corradi, Cervi e molti altri.

Persino Pierpaolo Pasolini, ingaggiato dal vicedirettore del Corriere Gaspare Barbiellini Amidei in prima pagina, cominciò – lui comunista antimoderno – a criticare i sessantottini non solo perché figli di papà e simili nei loro atteggiamenti ai fascisti di sinistra di mezzo secolo prima, ma perché diventati a loro insaputa l’avanguardia del capitalismo e del consumismo nella lotta contro la società tradizionale, cristiana e patriottica.

Viceversa crebbe nella destra giovanile la tentazione di sposare la Contestazione nel nome della rivolta radicale antisenile, antiborghese e anticapitalistica. Rigurgiti del fascismo rivoluzionario, del  fiumanesimo, sintesi tra Niezsche e Marx, o tra Castro e Mussolini, L’Orologio e Lotta di Popolo, suggestioni nazimaoiste e letture rivoluzionarie dell’evoliano Cavalcare la tigre spingevano verso un’alleanza trasversale.

Ma c’era un’incompatibilità di fondo, radicale, tra i principi di qualunque destra, anche rivoluzionaria, e l’impronta trasgressiva, anarco-libertaria, antinazionale, permissiva e parricida del ’68. Nessun ’68 in nessuna parte d’occidente confluì verso destra; semmai alimentò per contrasto la nascita di una destra anti-68.

Lo spartiacque del ’68 non fece emergere solo il volto ribelle e il volto timoroso dei benpensanti, invigliacchiti davanti a tanta arroganza; ma anche l’altra faccia dell’Italia, quell’area nazionale, cattolica, popolare e moderata di cui Il Tempo di Angiolillo e poi di Letta fu per anni il principale portavoce tra i quotidiani. (2-continua)

MV, Il Tempo 14 gennaio 2018

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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