La sagra del tartufo

Con la caccia all’evasore si è aperta la sagra del Tartufo. Tanti cani da tartufo a cinque stelle, a doppia faccia, più vecchi segugi dell’odio sociale tardo-comunista sono stati sguinzagliati. Una gara d’ipocrisia ben riassunta dal personaggio di Molière, Tartufo o Tartuffe. Gran rancore e piccole furbizie.
Per cominciare, la sinistra, i grillini e i manettari sadici credono che la Madre di tutte le manovre, la priorità delle priorità di ogni governo sia scoprire, stanare e colpire gli evasori, etnia malefica che si nasconde in mezzo a noi. Ogni problema, trovare soldi per ripianare i debiti, trovare fondi per lo Stato sociale, oppure moralizzare la società, garantire la giustizia sociale, far trionfare la lotta di classe e infine colpire gli elettori del centro-destra, viene risolto con la lotta all’evasione. Mancano soldi per la manovra? Ma arriveranno dall’Evasione, come dire dal Gatto Mammone, figura malefica e metafisica che aleggia da sempre nel nostro paese. Mettiamo a bilancio le intenzioni, i desideri. Svariati governi di sinistra abbiamo avuto in Italia ma l’evasione non è mai stata non dico sconfitta ma nemmeno scalfita, nonostante le tante declamazioni minatorie di partenza; sono riusciti a deprimere la vitalità economica di un paese, scoraggiare investimenti e iniziative, ipertassare il tessuto già sfibrato di un paese ma senza mai colpire questa Bestia Nera e Occulta. E tuttavia la lotta all’evasione resta il mantra demagogico e minaccioso che accompagna la nascita di ogni governo sinistro.
Stavolta c’era però una novità: ci sono i grillini, che lanciavano fuoco e fiamme sugli evasori. E invece proprio da loro è arrivata in tema di contanti e d evasione l’ennesima capriola. Dice il furbetto napoletano che rappresenta l’Italia nel mondo, alias Giggino Di Maio: ma noi non ce l’abbiamo contro i commercianti, gli artigiani, gli idraulici, i tassisti e gli elettricisti, ce l’abbiamo contro i Grandi Evasori. Ehhi, avrebbe detto Eduardo accompagnando la sua esclamazione, intraducibile in scrittura, con un gesto enfatico delle mani e gli occhi sgranati. Alla faccia. Come dire: se ci sono in Italia migliaia di stupri, noi non cerchiamo i singoli stupratori, ma l’Orco favoloso che tutti li riassume.
Ora ragioniamo, un pochettino almeno. Se il buco dell’evasione è di oltre cento miliardi di euro all’anno è evidente che non sono i pochi, famigerati, Grandi Evasori a fare quei numeri. Perché se, poniamo, mille grandi evasori rubano al fisco milioni d’euro a testa, cifra enorme in sé, è pur sempre un laghetto nell’oceano dell’evasione. È evidente che quella cifra è così alta perché a evadere sono milioni di persone. Tante piccole evasioni fanno una grande evasione. Ma Giggino tiene famiia, come lui dice. Non si vuole inimicare i voti dei commercianti, degli artigiani e dei napoletani evasori; e allora usa la formula di tenerezza, quelli sono piccoli evasori, come dire so’ criature, sono bambini dal punto di vista fiscale. E allora si parte alla ricerca mitologica del Grande Evasore, Gambadilegno raffigurato con la faccia di Berlusconi. Così la caccia all’evasione entra nella fiction, si fa favola. Ma nel frattempo, colpendo il contante e creando un clima di odio e sospetto nel paese, si dà un altro colpo contro i consumi, la produzione, la ricchezza diffusa.
Ora, non basta dire che l’evasione è un male che nasconde un bene, una pratica disonesta che però aiuta la crescita di un paese. Resta un male, un danno, un’ingiustizia. E va colpita omeopaticamente, non col carcere ma con adeguate pene pecuniarie: chi di soldi ferisce, di soldi patisce.
L’evasione è una brutta piaga del nostro Paese, una piaga storica in cui primeggiamo. Perché succede? Per tre motivi intrecciati. Uno antropologico, perché, è vero, siamo un paese incline all’illegalità, alla furbizia con raggiro, alla spicciola disonestà. A sud in modo largo e vistoso, ma anche a nord, in forme magari più sobrie e meno debordanti. Il privato per noi viene prima del pubblico, il personale prevale sul sociale, il famigliare vince sul civico.
Il secondo motivo è storico. Da secoli siamo abituati a vedere nello Stato lo Straniero, la dominazione, la prevaricazione e la vessazione. Lo Stato non siamo noi cittadini, non ci è amico, sono lorsignori, i potenti. E questo per metà è vero, per metà è un alibi all’indole di cui sopra o uno scudo protettivo alla miseria atavica.
Il terzo motivo è socioeconomico, gli italiani sono forse i più tassati del mondo, pagano tanto e ricevono disservizi. La pressione fiscale è esagerata, e non starò qui a ripercorrere la solita menata dell’uovo e la gallina: L’evasione nasce dalla pressione fiscale o la pressione fiscale nasce dall’evasione? Vere ambedue.
I liberisti dicono: tassate meno e ci sarà meno evasione, e qui sono d’accordo con loro. Si devono alleggerire le tasse, favorire gli sgravi, incentivare chi investe, e sul serio; e subito dopo inasprire i controlli e le pene economiche per gli evasori. L’esempio americano o ungherese lo confermano. Insomma il bastone e la carota, anzi il contrario, o simultaneamente.
Il vero problema che emerge con l’evasione è che si è rotto il patto fiduciario tra stato e cittadini, tra società e individui, tra pubblico e privato. Con quel patto è crollato pure il senso di appartenenza a una comunità, una nazione, uno stato; d’altronde se le frontiere non contano, se le leggi si possono violare, se è lecito sconfinare e tradire, se siamo cittadini del mondo e dobbiamo amare i lontani più dei vicini, su che basi si fonda il patto di cittadinanza? È quello da ripristinare, alleggerendo il fisco, facendo rispettare leggi e confini, colpendo l’illegalità tra cui l’evasione. Ma ce li vedete quei quattro magliari…
MV, La Verità 20 ottobre 2019